Don Bosco visto da don Michele Rua 5

Don Bosco, però, aveva già capito che la «buona stampa» aveva un ruolo fondamentale nell'evangelizzare la gente. E aveva intuito la tecnica per comunicare in modo efficace.

Don Bosco visto da don Michele Rua 5

da Don Bosco

del 27 gennaio 2011

 

            Nell’800 non si parlava ancora di «comunicazione sociale», né esistevano corsi di tecniche comunicative o di scrittura creativa. Don Bosco, però, aveva già capito che la «buona stampa» aveva un ruolo fondamentale nell’evangelizzare la gente. E aveva intuito la tecnica per comunicare in modo efficace.   La «redazione» di Don Bosco           «Nella sua predicazione e nello scrivere i libri, Don Bosco usava grande semplicità, premendogli molto di far bene comprendere a tutti la verità della nostra santa religione e muovere i cuori a compunzione, anziché acquistarsi fama di valente e forbito oratore – testimoniò don Michele Rua al processo di beatificazione e canonizzazione di Don Bosco –. Per assicurarsi di essere ben compreso era solito leggere i suoi discorsi e anche i suoi libri a sua madre o a qualche persona del popolo poco istruita.            Un giorno leggendo a sua madre il panegirico di san Pietro, diede al santo apostolo il titolo di “gran Clavigero”. Sua madre lo interruppe e gli chiese: “Dov’è quel paese?”. Allora Don Bosco capì che era una parola troppo difficile e, togliendo ogni frangia, ridusse il suo discorso alla massima semplicità. (…) I suoi scritti li dava sempre ad esaminare attentamente a persone dotte in letteratura e scienza, come a Silvio Pellico, al professor Amedeo Peyron, al professor D. Picco, affinché fossero ridotti a proprietà di linguaggio, e così resi più facili all’intelligenza di ognuno.            Riceveva con grande riconoscenza le loro osservazioni, e anche molti anni dopo le ricordava ancora con viva gratitudine. Quando ebbe dei suoi “figli” laureati in Belle Lettere, dava anche loro l’incarico di correggere i suoi scritti e accettava con tutta umiltà le loro osservazioni, perfino quando non fossero troppo opportune. E se talvolta non si facevano correzioni, se ne lagnava, riputando che per il rispetto verso di lui si fossero omesse».   Lo stile della scrittura            Don Bosco, spinto dal desiderio di favorire la salvezza delle anime, di difendere la religione, la Chiesa Cattolica e il Papa, e istruire e far maturare i fedeli, specialmente i giovani, scrisse molti libri. «Il suo studio nello scrivere fu quello di spiegare e portare all’intelligenza anche dei più rozzi le verità della nostra santa religione – continua don Rua –. E però evitando lo stile ampolloso o troppo elegante adottò un modo di scrivere con cui, congiungendo la purità e la proprietà della lingua con la unzione e la chiarezza, poté rendere le sue opere molto gradite e molto fruttuose.            (…) Cominciò con lo scrivere la vita dell’angelico suo compagno Luigi Comollo, poi scrisse qualche opuscoletto sulla misericordia di Dio, sulla devozione all’Angelo Custode, “Il giovane provveduto. Ossia istruzioni e preghiere per la gioventù”, “La chiave del paradiso”, “Il cattolico provveduto ad uso degli adulti”, un compendio di Storia sacra e un altro di Storia ecclesiastica, lo spirito di San Vincenzo de Paoli, la Storia dei sommi Pontefici dei primi tre secoli, cominciando dalla vita di san Pietro e san Paolo, che scrisse più diffusamente; la “Storia d’Italia ad uso della gioventù”, la quale servì di esempio a molti altri autori per scrivere altre opere sullo stesso argomento, per togliere dalle mani della gioventù autori molto in voga sebbene molto pericolosi. Scrisse poi varie biografie di santi e di giovani suoi allievi, come pure fatti particolari ad uso specialmente ed edificazione della gioventù».   «Letture Cattoliche» e classici            Per molto tempo Don Bosco si dedicò alla redazione e alla pubblicazione delle «Letture Cattoliche», una collana di libretti utili a premunire i fedeli dagli errori degli eretici; e continuò per tutta la vita a promuovere e sostenere questa pubblicazione mensile. «Nello scopo di preservare la gioventù dall’irreligione e dai pericoli del mal costume, intraprese e sostenne la pubblicazione dei classici italiani purgati, come anche dei classici latini.           Per aderire poi ai desideri dei sommi Pontefici e provvedere all’insegnamento della nostra religione, anche nei corsi classici, iniziò la pubblicazione degli autori ecclesiastici latini e greci ad uso della gioventù. Scrisse pure parecchi altri libri di amena, istruttiva ed edificante lettura, come per esempio conversazioni tra un avvocato e un ministro protestante sulla confessione, disputa a forma di dramma sulle verità fondamentali della nostra religione, ecc.; altri piccoli drammi, come “La casa della fortuna”, “Lo spazzacamino” e molti altri.            Questi libri in generale furono molto diffusi e produssero un gran bene nelle popolazioni e nella gioventù. De “Il giovane provveduto” se ne fecero oltre centoventi edizioni, e con circa cinquantamila copie per ciascuna edizione. Tutte queste opere tendenti al bene delle anime servirono a far conoscere sempre più la copiosa dottrina sacra ed ecclesiastica, le rette e sante intenzioni dell’autore, e confermarono nelle popolazioni la grande opinione di santità di Don Bosco.            A mio giudizio – prosegue don Rua – egli ebbe anche il gran merito in Italia di essere stato iniziatore delle pubblicazioni periodiche nel senso strettamente cattolico, ad uso del popolo. Tra queste opere una sola venne accusata di inesattezza dalle autorità ecclesiastiche, e fu la vita di san Pietro apostolo. Ma in seguito a spiegazioni date e a qualche leggera modificazione su qualche espressione, non solo non venne disapprovata, ma in un concorso tenutosi anni dopo, per una vita di san Pietro apostolo semplice, esatta, istruttiva, alla portata di ogni genere di persone, concorso che fu indetto da Monsignor Pietro Ceccarelli, e giudicato da personaggi insigni (…), venne giudicata come la migliore e guadagnò il premio.            Di questo fatto noto, perché fu pubblicato sui giornali il concorso e la riuscita, fui anch’io testimonio ». Prendendo esempio dal suo fondatore, la Congregazione Salesiana continua a investire persone e risorse nella comunicazione sociale per promuovere con linguaggi moderni l’evangelizzazione.

 

Claudio Russo

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