Adesso che c'è la stagione secca moltissimi nuer vanno a vivere sulle rive del fiume Baro per avere l'acqua, ed eccoci arrivare in un bellissimo villaggio nuer, riconosco le case, le moltissime mucche, comincio a salutare: “Male”, che vuole dire: “sia pace a te”, e mi rispondono “Mal mi guaaa”, “la pace qui è molta”.
del 02 maggio 2010
 
Carissimi amici, un saluto da Gambella.
 
La prima bella notizia che voglio darvi nel salutarvi è che qui ha iniziato a piovere, dopo tante e insistite preghiere da parte di tutti; così in questi giorni abbiamo avuto la benedizione della pioggia, del fresco e del poter dormire di notte e speriamo che continui.
 
 
In questa lettera vorrei darvi tante buone notizie da Gambella e dintorni, i fatti belli succedono anche qui, forse piccoli e insignificanti, ma capitano.
 
Partiamo da sabato primo maggio, invitati da David, un nuer, credo alto più di due metri, siamo andati a far visita al suo villaggio in riva al fiume Baro: Jikawo. Adesso che c’è la stagione secca moltissimi nuer vanno a vivere sulle rive del fiume Baro per avere l’acqua, ed eccoci arrivare in un bellissimo villaggio nuer, riconosco le case, le moltissime mucche, comincio a salutare: “Male”, che vuole dire: “sia pace a te”, e mi rispondono “Mal mi guaaa”, “la pace qui è molta”. Andiamo a salutare il posto dei militari, sempre molti in queste zone, ci presentiamo, tutti conoscono David. Poi inaspettatamente, saltiamo su una canoa, un metà di un tronco d’albero svuotato e dopo vari equilibrismi per non cadere in acqua, dove dicono ci siano i coccodrilli, ma solo nella stagione delle piogge, però è meglio non controllare, arriviamo dall’altra parte del fiume.
 
Anche qui salutiamo in nuer, “Male”, “Mal mi guaaa”. Salutare uno straniero è sempre un fatto straordinario per loro, qui non passa mai nessuno. Presentazioni prima al posto dei militari e poi al capo del villaggio. Qui per la prima volta noto che la bandiera al centro del campo non è più quella etiope, ma sudanese e che i soldati hanno scritto sopra le spalle la scritta SPLA, Sudan People’s Liberation Army, vedo intorno almeno 4 o 5 carcasse di macchine, camion, un’auto corazzata.
 
Resto un po’ perplesso e chiedo a David: “Ma qui siamo in Sudan?”, “Certo Padre, dove credevi che fossimo?”. Con mia grande sorpresa oggi sono stato in Sudan e penso che ogni sabato mattina cercherò di tornarci per iniziare anche qui con i ragazzi, alcune donne e uomini, a pregare insieme, a cantare, a fare catechismo, a portare a Gambella qualche ammalato, che a loro sembra grave, a vedere cosa fare della terra e di come poter ottenere anche nella stagione secca granoturco e poi… tante richieste che mi sono state fatte dalla gente di Jikawo, ma anche tanta volontà di tener Dio vicino, di poter pregare almeno una volta alla settimana, di non perdere quello che sentono far parte della loro vita, cioè Dio.
 
Parliamo con David e con il campo del villaggio, programmiamo il prossimo incontro, sabato mattina, e la costruzione di una piccola cappella in legno, beviamo un the, zuccherato all’inverosimile, con uno strano pane oleoso, ma nessuno ci fa caso, siamo tutti contenti di condividere insieme questo pezzo di giornata.
 
Alla fine faccio una preghiera in nuer, affidando al Signore il futuro di Jikawo, e rientriamo in Etiopia, rischiando sempre di cadere in acqua, questa volta siamo in quattro nella canoa e ripartiamo per Nyinenynag.
 
Ci sono sempre dei confini da superare, delle barriere da oltrepassare, delle difficoltà da vincere, per poi scoprire che di là ci sono gli stessi nuer, la stessa gente, la stessa vita.
 
Così è sempre nella vita, sia con chi è distante da noi, sia con chi ci abita sotto casa o vive addirittura nella nostra famiglia: dobbiamo superare dei confini, delle difficoltà per incontrarci, per condividere, per mettere pace tra noi e volerci bene, per pregare insieme. In fondo è così facile.
 
Infine qualche altra notizia dagli altri villaggi…
A Matar, dove un incendio ha distrutto gran parte del villaggio, hanno deciso di rifare il piano di collocazione delle capanne, costruendo numerose e larghe strade in mezzo ad esse, così con una ruspa hanno spianato tutto il centro, adesso ci sono solo macerie, per poi dividere il terreno tra chi c’era prima e iniziare in modo più intelligente la costruzione delle capanne.
 
La nostra missione sta compiendo i primi passi: costruzione di una cappella in legno, rete da pallavolo e campo da calcio per far giocare i ragazzi, programma per il catechismo il sabato, campo da coltivare, già arato con il trattore, dove pianteremo granoturco, appena le piogge si fanno più intense. Dimenticavo: a Pasqua abbiamo proiettato per tutte la gente il primo film della loro vita: La vita di Gesù, in lingua nuer, provate ad immaginare com’è andata.
 
Nel villaggio di Nyinenyang, la comunità è un po’ più avanti nella formazione dei catechisti, nella partecipazione alla S. Messa, ma anche qui oratorio, campo di granoturco da coltivare, programma per i sacramenti. Qui stiamo realizzando un centro più grosso, una bella chiesa in muratura e anche una casa di appoggio dove dormire, per poter visitare meglio i villaggi.
 
Anche Fulldan e Ilea, due villaggi più piccoli, ma molto vivi, hanno fatti passi avanti, stiamo provando oltre a fare il catechismo generale, ad iniziarne uno specifico per chi vuole diventare cattolico, radunando i giovani, le mamme e gli uomini in differenti gruppi con i catechisti, parlando dei sacramenti e in particolare del battesimo. Anche qui stiamo cercando di far partire l’oratorio e un mini progetto agricolo.
 
Un saluto e un ricordo a tutti, soprattutto in questo mese di maggio dedicato a Maria, che oltre alla pioggia ci porti anche la pace. “Male” a tutti.
 
A presto Abba Filippo
don Filippo Perin
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