Noi qui stiamo lottando con la “troppa acqua”: sta continuando a piovere e le strade sono diventate impraticabili, in più il fiume Baro è straripato, è uscito dagli argini in molte parti è ha inondato una piccola parte di Gambella e soprattutto alcuni pezzi di strada che portano ai villaggi.
del 05 ottobre 2010
Carissimi, un saluto da Gambella.
 
Spero che le varie attività siano iniziate benone, e soprattutto nel ricordo in questomese di ottobre di tutti i missionari, oggi poi festeggiamo santa Teresa patrona della missioni. Per cui un bel ricordo per tutti i missionari, non solo quelli lontani, ma anche quelli che sono in Italia, per tutti perciò.
 
Noi qui stiamo lottando con la “troppa acqua”: sta continuando a piovere e le strade sono diventate impraticabili, in più il fiume Baro è straripato, è uscito dagli argini in molte parti è ha inondato una piccola parte di Gambella e soprattutto alcuni pezzi di strada che portano ai villaggi.
Domenica scorsa avevamo in programma le cresime con la venuta del Vescovo, Abune Angelo, ma abbiamo trovato al 100° km nella strada praticamente un fiume, l’acqua era alta come noi e non siamo riusciti a passare, anche perché ne mancavano altri venti prima del villaggio. Nyinenyang, Matar, Jikawo, Pulldeng, per ora irraggiungibili. Abbiamo anche una barca, ma sia il motore che la barca sono troppo piccoli e i coccodrilli sono davvero troppo grandi per rischiare (vedi foto).
Anche Ibago, nella zona Anyuak, resta irraggiungibile, e quando domenica tornando da Nyinenyang ho provato ad entrare nella foresta e ad avvicinarmi al villaggio sono rimasto impiantato con la macchina nella “cicca”, specie di fango acquoso, tipo sabbie mobili.
Dopo aver scavato, portato sassi e fatto di tutto per liberare la macchina (a quattro ruote motrici per intenderci) per circa un’ora, abbiamo deciso di camminare fino alla strada principale, aspettare una macchina e tornare a Gambella, e da lì con un trattore siamo andati a tirar fuori la macchina e finalmente verso sera inoltrata siamo arrivati sani e salvi a casa.
 
9 gennaio 2011: qualcuno sa cosa succederà in questa data, oltre ad essere l’epifania? Sicuramente saprete, qui a Gambella non si parla d’altro che di questo. Beh, ora ve lo dico: ci sarà il referendum nel sud Sudan per decidere se dividere il Sudan in due grandi stati: a nord con Khartoum, arabi e islamici, al sud con Juba, africani e cristiani. Il sud Sudan voterà per ottenere l’indipendenza, per aggiungere un altro stato nel nostro mappamondo. Il problema, oltre alla divisione che pare scontata, sono i confini da stabilire: in mezzo al Sudan si trovano enormi giacimenti di petrolio e grandi progetti di agricoltura sulle rive del Nilo. Quello che tutti temono è il ritorno alla guerra civile che già per 23 anni (dal 1983 al 2005) ha insanguinato il paese e creato migliaia di profughi. Una parte di questi è arrivata nella regione di Gambella, dove fino a qualche anno fa c’erano ben 5 campi profughi con migliaia di sudanesi, ora ne è rimasto aperto solo uno e molti di questi non sono più ritornati in Sudan ma sono rimasti stanziali qui nella regione etiopica.
C’è già una sorta di reclutamento dei giovani che vengono invitati a tornare in Sudan sia per votare per il “si” dell’indipendenza, sia per entrare nelle forze armate della SPLA: il Fronte Popolare per la Liberazione del Sud Sudan, con lo slogan:vieni a dire il tuo si e a combattere per l’ultima volta, se necessario, il nord, il quale ha come capo il famoso Al Bashir, già condannato dalla corte internazionale per i crimini che ha commesso nel Darfur negli anni 2000.
Il Vescovi del sud Sudan hanno invitato tutti i cristiani a cento giorni di preghiera per la pace, perché le elezioni possano svolgersi senza spargimento di sangue e per il bene della gente.
Già Gambella, essendo al confine, era piena di militari: la polizia normale della città e della regione; la polizia federale in mimetica blu; i corpi speciali di pronto intervento, con la mimetica verde, praticamente hanno una cittadina di militari nella periferia di Gambella; e ora, dicono, si sono aggiunti quelli in borghese, sia da parte dell’Etiopia sia da parte del governo del sud Sudan, SPLA, per cui siamo proprio “al sicuro”, che ne dite…
 
Tante domande frullano nella testa in queste situazioni soprattutto una: perché ancora adesso esiste la guerra in Africa, perché la gente si combatte, per ottenere cosa? così in Sudan, in Somalia, in Eritrea, in Congo, in Nigeria, in … delle trenta guerre in corso nel 2010 ben venti sono in paesi africani.
Penso che, come per il bene sia un po’ tutti responsabili, anche per le guerre siamo un po’ tutti responsabili, quando accadono.
La prima ragione delle guerre in Africa è che sono il frutto del colonialismo europeo: dopo aver sfruttato le risorse e le persone (pensiamo alla tratta degli schiavi), qualcuno ha deciso i confini degli stati su una carta, senza distinzione di etnie, popoli e religioni, semplicemente tracciando una linea nella mappa. La prima guerra civile in Sudan è scoppiata all’indomani dell’indipendenza, nel 1955.
Poi viene la benedizione/maledizione di avere nel proprio territorio risorse naturali, come il petrolio, diamanti, coltan, oro, rame… in generale in Africa dove ci sono queste risorse ci sono guerre per avere i privilegi e i soldi delle multinazionali, le quali esportano quasi tutte le risorse lasciando il paese in condizioni peggiori di prima, in termini moderni lo possiamo chiamareneocolonialismo, poi viene l’incredibile mal governo di chi sta al potere, dove la corruzione regna sovrana e tre/quarti degli incentivi che arrivano vanno a finire nella famiglia di ogni ministro, poi viene il debito estero degli stati poveri, in cui ogni anno questi stati sono strozzati di debiti contratti molti anni fa e di cui non riescono assolutamente a liberarsi, solo il pagamento degli interessi dei debiti è una cifra per ogni paese molto alta, la formazione di eserciti potenti e l’acquisto di armi per futuri conflitti dai paesi occidentali, per cui molto denaro viene investito in armi, invece che essere investito in strutture e progetti per la gente, solo alla fine vengono ragioni come il possesso della terra, il raggiungimento del potere, scontri tra etnie diverse, l’accesso all’acqua e al cibo e altre ancora.
Tutte queste cose sembrano lontane, nei libri, ma qui le si può scoprire ogni giorno, se hai occhi per vedere.
 
Infine vi invito ad un ricordo per il Sudan e a quanti stanno lottando per trovare un posto dove vivere in pace, riconciliati con i propri fratelli e in particolare in ricordo e una preghiera per la nostra regione di Gambella, questa Terra di Mezzo tra Etiopia e Sudan, in questo mese missionario di ottobre.
A presto,
abba Filippo
 
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don Filippo Perin
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