Vi voglio parlare di Fulldan, villaggio Nuer, fatto di capanne... Sono venuti di notte, hanno ucciso due giovani del villaggio e ferito altri due, e hanno rubato circa 100 mucche, facendole letteralmente correre verso il confine con il Sudan.
del 02 dicembre 2009
Un saluto a tutti dalla bellissima Gambella e dai villaggi che l’attorniano.
 
Vorrei iniziare questa lettera con una frase del Vangelo di oggi, che la liturgia qui in Ethiopia ci presenta; Natale sarà il 7 gennaio qui da noi, siamo in “ritardo” di due settimane.
 
“E salito su un sicomoro cercava di vedere Gesù”: è la più bella preparazione al Natale, avere il desiderio di cercare e vedere Gesù, se no che Natale è? Il Signore viene, ma a noi sta il compito di preparare lo spazio dentro il nostro cuore, suscitare il desiderio di Lui, di cercarlo, di vederlo. Proprio nel giorno di Natale scopriremo che è Lui il primo a cercare noi.
 
E’ questo che sto sperimentando: mentre nel villaggio centrale di Nyinenyang abbiamo preso un terreno e iniziato la costruzione di una bella Chiesa e di una casetta per rimanere più giorni nel villaggio, data la distanza da Gambella (120 km), ci sono altri villaggi, più o meno grandi, che stanno chiedendo il nostro aiuto, anche perché nessuno si interessa a loro.
Vi voglio parlare di Fulldan, villaggio Nuer, fatto di capanne e di allevatori di mucche. Situato a 70 km da Gambella, è da ottobre che siamo stati invitati ad andare per il catechismo, 8 famiglie vorrebbero diventare cattoliche.
All’inizio, con il traduttore e una suora, siamo andati il venerdì pomeriggio. Poi c’è stato l’attacco dei predatori di mucche, i Murle, persone di origine sudanese che approfittano di questa terra di nessuno, che è il confine tra l’Ethiopia e il Sudan, per fare quello che vogliono.
Sono venuti di notte, hanno ucciso due giovani del villaggio e ferito altri due, e hanno rubato circa 100 mucche, facendole letteralmente correre verso il confine con il Sudan.
Nei giorni successivi, abbiamo assistito il villaggio, portato all’ospedale, qui a Gambella, i due giovani feriti e pregato, insieme alle famiglie, sulle tombe dei giovani uccisi. I Murle poi sono tornati di giorno, dopo una settimana, e hanno portato via altre mucche, infine due settimane fa, hanno rapito anche un bambino del villaggio, forse per venderlo nel mercato arabo sudanese, non si sa.
Ora gli abitanti del villaggio sono migrati, al di là del Baro, grande fiume che passa per Gambella e va verso il Nilo in Sudan, cercando di sopravvivere come possono, piantando granoturco, visto che gli sono rimaste ben poche mucche.
Ci siamo fatti forza anche noi, per incoraggiare gli abitanti di Fulldan, e adesso lasciamo la macchina vicino al loro villaggio, oramai disabitato, e scortati da due di loro, andiamo sulle rive del Baro, dopo una bella camminata tra erba altissima, savana e acquitrini vari.
Il punto del nostro ritrovo è posto sotto un bel albero di mango. Non hanno ancora costruito delle case, in legno o fango, ma vivono per famiglie sotto vari alberi, la stagione è ormai calda e secca e si può stare fuori anche di notte.
Parliamo della loro situazione, sentiamo come stanno, soprattutto i bambini e i ragazzi, insegniamo e preghiamo insieme, rispondiamo alle loro richieste e domande, di cibo, di assistenza, di avere una scuola per i loro ragazzi, di aiutarli a pregare Dio e non dimenticarlo, soprattutto in questo periodo di forte difficoltà.
 
Non siamo saliti sull’albero come ha fatto Zaccheo, ma siamo rimasti sotto questo grande mango, ma forte è il desiderio in tutta questa gente di cercare Gesù, di Vedere Gesù, anche se ancora non lo conoscono, anche se non sanno il segno della croce, come era forte il desiderio in Zaccheo di vedere Gesù..
 
Valentino è il più forte, un uomo nuer del villaggio, ci viene sempre a prendere e ad accompagnare. Valentino è il suo nome cristiano, lo chiamo sempre così perché il nome nuer è impronunciabile. Ha una bella famiglia, vari figli, è lui che incoraggia le altre famiglie.
Poi camminando, la scorsa settimana, tenendo sulla spalla il fucile, anche se è perennemente senza pallottole, costano troppo, (tra l’altro mi avrebbero chiesto anche di compragli le pallottole, ma naturalmente non ho accettato), proprio mentre camminavamo, mi ha chiesto, attraverso il traduttore: “Ma Padre (Guadin), perché ci è capitato questo, siamo già poveri”.
Dopo di chè un momento di silenzio prolungato è intercorso tra di noi, camminando e basta. Ho provato a dire, dopo qualche minuto: “Dio ci è vicino anche in questo momento, non ci lascia mai, anzi condivide con noi il nostro dolore, la nostra sofferenza, condivide con noi anche la morte dei due nostri amici, anche lui è morto, ma poi è risorto, questo vuol dire che la nostra vita non finisce tutta qua”.
Ci siamo guardati e poi abbiamo continuato a camminare.
C’è una speciale forza nell’animo di questi nuer nel portare dentro le difficoltà, e nel contempo nell’alzare lo sguardo a Dio, senza essere schiacciati dalla sofferenza.
 
Il Natale qui è ritrovare un po’ di serenità, aver la forza di trovare il cibo per ogni giorno, pregare Dio come si riesce, è la preghiera della povera gente, condividere quello che abbiamo, spendere del tempo insieme, provare a migliorare la situazione …
Un saluto affettuoso, un augurio di una buona preparazione al Natale e una richiesta di una bella preghiera per la gente qui, in particolare di Fulldan.
 
A presto,
abba Filippo
don Filippo Perin
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