Don Tiziano, missionario tra i ragazzi di Chisinau

Qui mi sento missionario tanto quanto, immagino, lo sia un prete in una periferia italiana, o una maestra nella propria aula o una mamma nella sua famiglia...

Don Tiziano, missionario tra i ragazzi di Chisinau

del 19 gennaio 2018

Qui mi sento missionario tanto quanto, immagino, lo sia un prete in una periferia italiana, o una maestra nella propria aula o una mamma nella sua famiglia...

 

“È un’opera proprio bella, perché secondo me riprende tutti e quattro gli elementi propri della casa di Don Bosco: casa che accoglie, attraverso la casa famiglia; il cortile, dove ci si ritrova e si viene educati; la scuola, con i corsi di formazione professionale; e una chiesa, grazie alla nostra piccola parrocchia, che conta appena una quarantina di cattolici”. È la presenza salesiana di ChisinƒÉu, in Moldavia, e a descriverla così è il missionario salesiano don Tiziano Baracco.

Di sé e della sua missione don Baracco dice: “Vivo quotidianamente con i giovani e sostengo i ragazzi più poveri e abbandonati, proprio come faceva Don Bosco. Li allontano dalla strada e dai suoi pericoli. Il linguaggio dell’amore e della tenerezza fa guarire ferite profonde, ridà speranza, fa rifiorire il sorriso”

Originario del Nord-Est dell’Italia, don Baracco è salesiano da 40 anni e sacerdote da oltre 32. È partito per la Romania nel 2000, quando l’allora Ispettoria “Italia Veneta Est” decise di aprire, nell’ambito del grande Giubileo, una nuova presenza missionaria a Bacau. E dopo 14 anni in Romania, tra BacƒÉu e Costanza, è stato destinato all’avamposto ancora più pionieristico di ChisinƒÉu.

“La cosa più bella di questa terra sono proprio i ragazzi che frequentano gli oratori, i gruppi formativi, i corsi professionali, le case famiglia. In questi anni è stato bello crescere insieme, lanciati con passione nell’amicizia di tanti ragazzi che hanno bisogno di Don Bosco, della sua proposta, della sua allegria” racconta con entusiasmo.

Le difficoltà non sono mancate, anche perché il contesto in cui operare – un paese ex comunista e a maggioranza ortodossa – è ben diverso da quello in cui don Baracco è nato e cresciuto: “Non è stato facile, qualche volta mi sono scoraggiato – prosegue –. Ma ho imparato a vedere quel crocefisso che proprio Don Bosco aveva mostrato alla sua mamma una sera che era avvilita! E poi è riesplosa la voglia di ricominciare, come una sfida! Perciò continuo a vivere con loro e per loro, sentendo ogni giorno più miaquesta terra”.

Oggi don Baracco è convinto e determinato nel suo operato di missionario e di Figlio di Don Bosco: “Qui mi sento missionario tanto quanto, immagino, lo sia un prete in una periferia italiana, o una maestra nella propria aula o una mamma nella sua famiglia… Non ho mai pensato di partire come missionario. Ho sempre creduto che essere missionario fosse semplicemente irradiare, ovunque uno si trovi, quello che sente e sa che è importante per sé, perché a suo tempo lo ha affascinato e lo ha riempito di senso! Parlo ovviamente di Cristo! Evidentemente amando e servendo completamente”.

 

Info ANS

http://www.infoans.org

 

 

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