SON FORSE IO IL CUSTODE DI MIO FRATELLO? Mi trovavo in Spagna quando appresi la notizia del respingimento, deciso dal Governo italiano, di alcune imbarcazioni di immigrati che tentavano di approdare sulle coste Italiane. Nell'impossibilità di fare qualcosa di concreto, ho deciso di scrivere queste righe... almeno per sottrarmi al silenzio inquietante in cui questo tragico evento è stato accolto dalla società civile.
del 07 giugno 2009
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
La mattina del 6 maggio, tre imbarcazioni con 227 persone a bordo hanno lanciato un allarme di soccorso mentre si trovavano a circa 35 miglia a sud dell’isola di Lampedusa.
Una disputa tra il governo maltese e quello italiano su chi avesse la responsabilità d’intervenire ha ritardato le operazioni di soccorso, alla fine intraprese da due navi della guardia costiera italiana, che hanno poi ricondotto i migranti a Tripoli in Libia senza fermarsi in un porto italiano. Le notizie da tutte le agenzie del mondo si sono subito rincorse come viene qua riportato, ma nulla è stato fatto per contrastare un evento funesto, foriero di scenari non certo rassicuranti.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
Dopo aver capito di essere diretti non in Italia ma in Libia, i rifugiati urlavano ai presunti soccorritori: “Fratelli aiutateci”. Un marinaio della nave che aveva raccolto i profughi confessa: … non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli di accompagnarli in Libia e l’abbiamo fatto. Ma non racconterò ai miei figli quello che ho fatto, me ne vergogno”.
Ce ne vergogniamo tutti, impotenti e impressionati di fronte a questa straziante immagine.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
Una delle tre barche salvate dal naufragio si trovava in mare da 6 giorni, a bordo anche 41 donne, di cui 3 in stato di gravidanza. Vi erano anche bambini sui barconi… “ E’ legittimo presumere secondo - Save the Children - la presenza di bambini tra i migranti rimandati in Libia, ai quali pertanto non sarebbe garantita protezione, così come previsto dalla Convenzione dei Diritti dell’infanzia e dell’Adolescenza, ratificata dall’Italia”.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
Tutto il mondo è rimasto sconvolto da questa mossa inaudita.
Dal Pontificio Consiglio per i Migranti al Sir, dalla Caritas all’Osservatore Romano: la preoccupazione è unanime. «La normativa internazionale prevede che i possibili richiedenti asilo non siano respinti, e che, fino a che non ci sia modo di accertarlo, tutti i migranti siano considerati rifugiati presunti». A ricordarlo è monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti. Sulla stessa linea il Servizio informazione della chiesa italiana che, citando Quyen Ngo Dinh, presidente della Commissione migrazioni di Caritas Europa e responsabile dell’area immigrati della Caritas di Roma, scrive che «qualsiasi respingimento in mare lede il diritto d’asilo» e definisce “una vergogna” il fatto che siano state respinte persone che «hanno già subito delle persecuzioni nei rispettivi Paesi». Dal canto suo anche l’Osservatore Romano ricorda che «anzitutto la priorità del dovere di soccorso nei confronti di chi si trova in gravi condizioni di bisogno» e che «i migranti devono poi essere ricoverati presso strutture che possano fornire adeguate garanzie di assistenza e di rispetto dei diritti umani».
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
“Si tratta di una violazione gravissima del diritto internazionale: i naufraghi, intercettati a largo delle acque maltesi, sono stati ricondotti in Libia senza nemmeno procedere alla loro identificazione.
E mentre la Commissione europea fa sapere di attendere maggiori dettagli prima di pronunciarsi sui respingimenti, la portavoce italiana dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, Laura Boldrini, ribadisce che l’Italia, rimandando in Libia gli immigrati in navigazione verso Lampedusa, ha violato il diritto internazionale”,
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
“È un episodio senza precedenti” - afferma Padre La Manna, presidente del Centro Astalli dei Gesuiti in Roma - “Su quelle imbarcazioni c’erano donne, minori e, con tutta probabilità, richiedenti asilo che avevano il diritto di essere accolti e soccorsi nel paese più vicino. Il principio di non respingimento e il diritto alla protezione internazionale sanciti dalla Convenzione di Ginevra sul riconoscimento dello status di rifugiato sono stati palesemente violati dal governo italiano. Esprimiamo grave e seria preoccupazione per la sorte delle persone rimandate in Libia a cui si aggiunge profondo sconcerto e dolore per le pubbliche manifestazioni di esultanza di alcuni organi di governo.
Il respingimento coatto in Libia di uomini, donne e bambini operato dalle autorità italiane è assolutamente inaccettabile. Senza aver avuto la possibilità di presentare domanda d’asilo, questi migranti ora rischiano di subire maltrattamenti oppure di essere riconsegnati ai loro persecutori”.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
“In Libia, persone che hanno conclamato diritto alla protezione internazionale continuano ad essere detenute e rimpatriate. Migranti e rifugiati che arrivano a Malta descrivono ripetutamente di essere stati detenuti per mesi in Libia, in condizioni spaventose, e di essere stati gravemente malmenati per aver violato la legge sull’immigrazione.
Tali testimonianze sono avvalorate da rapporti del UNHCR e di Amnesty International”.
“L’iniziativa dell’Italia viola apertamente la Convenzione Europea dei Diritti Umani, il diritto d’asilo così come è formulato nell’Articolo 18 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e la Direttiva Europea sulle Procedure d’Asilo. Tutti gli Stati europei sono vincolati all’osservanza di questa legislazione internazionale e del principio di non-refoulement (respingimento); che afferma che nessuno può essere respinto in Paesi in cui possa essere esposto al rischio di subire tortura e punizioni o trattamenti crudeli, inumani e degradanti”.
  Anche noi, scioccate e allibite da quanto è successo facciamo nostra la voce di molte associazioni, una voce che trova la sua espressione nella dichiarazione del JRS che chiede Stati Membri dell’Unione Europea di garantire che:
- tutti i richiedenti asilo nella loro giurisdizione effettiva abbiano accesso a un territorio dove possano presentare domanda d’asilo, in modo che tutti coloro che necessitano protezione possano essere identificati e a vedere riconosciuto il loro diritto;  
- nessuno sia respinto in un Paese dove potrebbe subire gravi violazione dei diritti umani.
“Non c’era posto per loro” (Lc 2, 7).
Di fronte a questa parola di Luca istintivamente ci domandiamo, quasi meravigliandoci: perché, in quella notte, non c’era posto per loro? Perché il mondo non l’ha riconosciuto? Perché i suoi non l’hanno accolto?
Eppure ci rendiamo conto che anche oggi si ripete questo dramma: la politica del negare l’accoglienza, del respingimento, del muro impenetrabile, delle barriere che invocando la giustizia, arrivano a considerare legale respingere, spingere oltre, affidare all’ignoto, al pericolo, alla possibilità di un ritorno senza ritorno, la vita di tanti nostri fratelli e sorelle senza che ciascuna di noi personalmente, le nostre comunità, la società intera ne parli, si interroghi e giunga a unirsi in una concreta presa di posizione.
“Non c’era posto per loro” Sì, in questa Parola ci dobbiamo tutti sentire coinvolti e colpevoli. L’umanità dell’attesa porta il nostro grido e il silenzio anche il nostro nome. Dio ha gridato nella notte anche a ciascuno di noi. Ma da che parte sta il mio cuore?
Nel silenzio della notte, mentre lo strazio dei profughi illusi e beffati ancora una volta diventa grido di dolore, c’è una domanda che ripercorre il tempo dei secoli:
“Dov’è tuo fratello?”
“… Sono forse io il custode di mio fratello?” (Genesi 4,9)
Dopo millenni di storia, di civiltà, di evangelizzazione, è ancora questa la nostra risposta?  
 
Sr. Adele Brambilla
Superiora Generale
Suore Missionarie Comboniane
14 Maggio 2009
sr Adele Brambilla
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