Giovani... siate oggi persone che hanno fatto propria la mente, il cuore, le mani e i piedi di Don Bosco. Tocca a voi far vivere ancora Don Bosco! Tocca a voi fare in modo che Don Bosco possa girare ancora tra i cortili e nella nostra terra. Tocca a voi donare Gesù ai vostri compagni, nei vostri paesi, in questo territorio così come farebbe Don Bosco.
del 31 gennaio 2012
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La Festa di Don Bosco è la festa della nostra storia salesiana, è l’occasione per rinnovare il nostro desiderio di seguire Cristo sull’esempio di Don Bosco. Quest’anno la festa si colloca in un periodo tutto particolare: siamo nel primo anno del triennio di preparazione al bicentenario della nascita di Don Bosco.
 
L’invito della Strenna del Rettor Maggiore è di conoscere e imitare Don Bosco per fare dei giovani la missione della nostra vita. È un impegno che vale non solo per gli adulti ma anche per i giovani, chiamati a vivere la carità nella Chiesa mettendosi al servizio di altri giovani, vivendo davvero lo slogan “giovani per i giovani”. Non è forse vero che Don Bosco ha fondato la Congregazione salesiana insieme ai giovani? Il 18 dicembre del 1859 c’erano in quella stanza non i preti della zona o i collaboratori adulti ma i giovani. Prendiamo allora sul serio l’invito di don Pascual Chavez e cerchiamo di conoscere Don Bosco per imitarlo nella nostra vita. Se vogliamo che il carisma salesiano viva anche oggi e sia fecondo non dobbiamo attendere la venuta di “chissà chi”. Don Bosco oggi puoi essere tu, anzi sei tu! I suoi occhi oggi incrociano i tuoi non quelli dell’amico che ti sta accanto: i suoi occhi incrociano proprio i tuoi! Non cercare lontano da te quello che invece oggi viene chiesto proprio a te. Se oggi festeggi Don Bosco non è un caso. Oggi il Signore ti invita a rinnovare il tuo amore per Lui e per la Chiesa seguendo l’esempio di Don Bosco, un santo non solo da ammirare ma da imitare.
 
Le letture di questa festa, in particolare il Vangelo del Buon Pastore, testo di riferimento per quest’anno, ci dicono che Don Bosco va visto e interpretato soprattutto alla luce della figura del pastore. Il pastore non è un mercenario. Questi fa il suo lavoro per soldi, il buon pastore per passione, per dedizione ad una causa più grande tanto che se vede venire i lupi non scappa ma combatte. Il mercenario, invece, fugge perché in fondo non cerca altri che se stesso. Il Buon Pastore paga di persona, si compromette, patisce per le pecore che gli sono affidate. Così ha fatto Don Bosco. Così dovremmo fare noi… ma… ci stiamo? …ci stai? Ci sta sì o no?! Troppe volte la spiritualità salesiana viene vista solo nei suoi aspetti più gioiosi e troppe volte ritrovarsi tra noi significa solo far festa. È certamente un aspetto molto importante perché la gioia è il frutto di una vita risorta, ma non dobbiamo dimenticare che il buon pastore del Vangelo, Gesù, non ha vissuto solo le nozze di Cana ma anche la fatica del Getsemani, è un buon pastore che non è stato solo sul monte Tabor ma anche sul Calvario. Imitare Don Bosco buon pastore significa allora ripercorrere i suoi passi nella totalità, essere disposti ad amare fino al punto da soffrire per le persone amate, significa desiderare di spendere la propria vita non per sé ma per gli altri. Insomma… seguire Don Bosco significa dire, come Giovanni Cagliero, “Io, frate o non frate, sto con Don Bosco”!
La spiritualità salesiana è dono ma anche impegno, è gioia ma anche croce, è amore ma anche capacità di soffrire per chi si ama. Pensate solo alle lacrime di Don Bosco … Come quando sul prato Filippi, disperato perché non trova un posto per i suoi ragazzi, piange per l'incertezza e l'abbandono in cui si trova circa il suo futuro. Piangere per amore. Non è poesia… è dolore, è amore crocifisso! «Ama finché che non ti fa male», diceva Madre Teresa di Calcutta.
 
Don Pascual Chavez ha detto che «questo periodo [triennio di preparazione al bicentenario della nascita di don Bosco] non vuole essere un nostalgico viaggio nel passato, ma un impegnativo cammino verso il futuro, sì da arrivare al 2015 avendo fatto nostra la mente, il cuore, le mani e i piedi di Don Bosco» (Colle don Bosco, 16 agosto 2011).
 
Giovani… siate oggi persone che hanno fatto propria la mente, il cuore, le mani e i piedi di Don Bosco. Tocca a voi far vivere ancora Don Bosco! Tocca a voi fare in modo che Don Bosco possa girare ancora tra i cortili e nella nostra terra. Tocca a voi donare Gesù ai vostri compagni, nei vostri paesi, in questo territorio così come farebbe Don Bosco. Vediamo ora cosa significa avere la mente, il cuore, le mani e i piedi di Don Bosco .
 
 
La mente di Don Bosco
 
Avere la mente di Don Bosco significa avere i suoi pensieri, condividere le sue preoccupazioni, le sue idee… Tu cosa hai per la testa? Cosa gira nella tua mente? Di cosa sei preoccupato? Sai… quali pensieri aveva Don Bosco buon pastore? L’unico suo pensiero era di trovare tutti i modi possibili per salvare le anime. Era il suo pallino, il suo chiodo fisso, non pensava ad altro che a questo. Quello cha ha fatto lo ha fatto per portare le anime a Gesù Cristo. E tu cosa pensi? Qual è il tuo pensiero fisso? I giovani che gravitano attorno a Don Bosco sentono loro il pensiero che fu di Don Bosco: portare i giovani a Gesù. Il papa ha scritto qualche anno fa ai giovani: «Ognuno di voi abbia il coraggio di promettere allo Spirito Santo di portare un giovane a Gesù Cristo, nel modo che ritiene migliore, sapendo 'rendere conto della speranza che è in lui, con dolcezza' (cfr 1 Pt 3,15). Ma per raggiungere questo scopo, cari amici, siate santi, siate missionari, poiché non si può mai separare la santità dalla missione. Non abbiate paura di diventare santi missionari» (Benedetto XVI, Messaggio per la GMG 2008).
 
Il cuore di Don Bosco
 
Avere il cuore di Don Bosco significa fare dell’amore l’arma segreta di ogni intervento educativo, significa amare come Gesù. Siete fatti per amare: è questa la realtà! Se è così solo nell’amore troveremo il senso della nostra vita. Come Don Bosco ha vissuto questo?
Vediamo due fatti…
1. “Un eminente Rettore di un grande istituto portoghese era venuto a Torino per chiedere consiglio a Don Bosco” ricorda Don Ricaldone. “Giunto alla sua presenza, espose al santo educatore i suoi quesiti circa il modo di educare gli alunni del suo Istituto. Don Bosco lo ascoltò con grande attenzione, senza interromperlo mai. Al termine del suo dire, il Padre Gesuita sintetizzò in una sola domanda ciò che desiderava sapere: «In che modo riuscirò a educar bene i giovani del mio collegio?» E tacque. Don Bosco, al Padre che si aspettava forse un lungo discorso, rispose quest’unica parola: «Amandoli!»”. Ecco il segreto: essere persone che amano.
2. E anche in punto di morte questa fu la preoccupazione di Don Bosco. Ecco un secondo fatto. Un mese prima della morte, all'imbrunire di una giornata passata in un penoso dormiveglia, Don Bosco fece chiamare Don Rua e Monsignor Cagliero, due dei figli più cari, e raccogliendo le poche forze che aveva disse per loro e per tutti i Salesiani: 'Vogliatevi tutti bene come fratelli; amatevi, aiutatevi e sopportatevi a vicenda come fratelli...'. Più tardi, con un filo di voce, aggiunse ancora: 'Promettetemi di amarvi con fratelli'. Questo è il cuore di Don Bosco, un cuore che desidera che ci vogliamo bene davvero, non cn le parole ma con i fatti!
 
Le mani di Don Bosco
 
Guardiamo ora alle mani di Don Bosco. Sono le mani di una persona che ha lavorato, che ha faticato, che non è stata “con le mani in mano”. Una caratteristica della spiritualità salesiana è il lavoro. Don Bosco è un santo estremamente concreto, un santo che non crede ad una preghiera che non si esprima nella vita, che non diventi azione, carità fattiva, che non si traduca in un lavoro incessante per amore di Dio e dei fratelli.
Don Bosco non disgiunse il lavoro dalla preghiera: «Se vi è stato un santo che nei tempi moderni abbia così meravigliosamente congiunti e impersonati in sé i due elementi della tradizione benedettina 'pregare e lavorare' fu precisamente Don Bosco» (Card. C. Salotti)». Ma la preghiera non è ciò che più appare in lui, non è la sua divisa. Ciò che al mondo appare è il lavoro intenso disinteressato. Pio IX stesso disse: «La chiave di questo magnifico mistero [ndr.: dell’opera salesiana] sta in quell'incessante aspirazione a Dio, in quella continua preghiera, perché egli identificò a pieno il lavoro e la preghiera».
Ai giovani Don Bosco non permetteva le penitenze; solo a Domenico Savio, a Michele Magone e a Francesco Besucco permise alcune volte di stare senza pietanza o senza merenda o di limitarsi nella colazione e solo in certe circostanze. Ai suoi figli non comanda penitenze disciplinari, ma lavoro, lavoro, lavoro: ecco la mortificazione salesiana! Avere le mani di Don Bosco significa avere la sua stessa passione per il lavoro! Un grande salesiano, don Caviglia disse che «chi non vuol lavorare, non è salesiano!». Dovremmo avere i calli nelle mani a forza di salvare le anime! E sempre don Caviglia insegnò il segno di croce salesiano. Scrisse: «Vi voglio far un regalo: un nuovo segno di croce. Fate così: lavoro (porta la mano alla fronte), temperanza (al petto), povertà, bontà, sacramenti e Maria. È un segreto che nessuno conosce e che nessuno vi darà mai e che io non vi potrò più dare perché un altro anno non ci sarò più».
 
I piedi di Don Bosco
 
Infine guardiamo ai piedi di Don Bosco. Quando un fiume smette di correre diventa una palude. Così è dell’uomo. Don Bosco non ha smesso di camminare. Se avesse smesso il mondo salesiano sarebbe diventato una palude, uno stagno… Oggi Don Bosco cammina con i nostri piedi. Oggi Don Bosco continua a camminare, ad andare lontano, a partire. Riconoscersi nel carisma salesiano significa essere disposti a partire, significa uscire dalle mura di casa, guardarsi attorno e andare dove c’è bisogno. Avere i piedi di Don Bosco significa camminare sempre e instancabilmente cercando coloro che chiedono aiuto. Ascolta il grido del mondo che chiama te, ascoltalo e parti. Don Bosco è questo che ha fatto: è partito! E quando non poteva partire lui, mandava i suoi figli. Tra voi avrà questo coraggio solo chi sogna. I sogni sono le vere gambe che ci portano lontano. I tuoi sogni, quelli veri, sono uno dei tesori più preziosi che hai. Avere un sogno significa percepire la vita come missione, come magnifico compito da portare a termine. Ma i sogni muoiono se li tieni chiusi in un cassetto e non cominci a realizzarli. Per realizzarli serve partire però, partire innanzitutto dalle proprie sicurezze e dai propri calcoli. E la cosa più bella sarà scoprire che il tuo sogno e quello di Dio coincidono. 
 
Quello che ti auguro in questa festa è
 
·       di avere sempre più la mente di Don Bosco per pensare alla salvezza delle anime
·       di avere sempre più il cuore di Don Bosco per amare sempre e a tutti i costi come Gesù
·       di avere sempre più le mani di Don Bosco per fare in modo che il paradiso cominci già ora
·       di avere sempre più i piedi di Don Bosco per partire e andare lontano ad annunciare Gesù
 
Per tutto questo… non aspettare domani.
A Dio bisogna darsi per tempo… oggi.
Domani potrebbe essere troppo tardi…
 
Buona Festa dell’imitazione di Don Bosco!
I.B.
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