È in corso fino al 12 marzo al Palazzo di Vetro a New York la 54esima Commissione sulla condizione delle donne.«È ora di passare all'azione e di indurre tutti i governi a riconoscere il diritto di ogni individuo alla salute riproduttiva».
del 09 marzo 2010
 
          L’ uguaglianza fra i sessi come chiave per lo sviluppo e per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. È il punto di partenza della 54esima Commissione sulla condizione delle donne, in corso al Palazzo di Vetro di New York fino al 12 marzo. La Conferenza si propone anche di misurare il raggiungimento degli obiettivi posti alla Conferenza di Pechino sulle donne 15 anni fa, soprattutto su un punto: la salute riproduttiva delle donne.
          Ma se l’obiettivo di ridurre la mortalità materna e infantile e di promuovere l’istruzione e la dignità delle donne è condiviso universalmente, i mezzi promossi dalla Conferenza dell’Onu e il linguaggio usato nei documenti ufficiali hanno suscitato l’allarme di molte associazioni per la vita.
          Prima ancora di aprire le porte ai delegati governativi e alle ong di tutto il mondo, infatti, la Conferenza ha steso un «programma d’azione» che introduce una nuova strategia. Come si legge in un documento introduttivo della Conferenza, l’accento dei vari gruppi di lavoro deve essere posto su come «enfatizzare il collegamento fra popolazione e sviluppo, e concentrarsi sull’accesso ai servizi riproduttivi come mezzo di pianificazione familiare e di controllo demografico». In quest’ottica, scopo della Commissione è di «rendere la pianificazione familiare universalmente disponibile entro il 2015».
          Il timore delle organizzazioni di difesa della vita è che questo linguaggio miri a spingere l’aborto come strumento di controllo delle nascite e di protezione della salute femminile, lasciando poca o nessuna scelta ai singoli governi. «Negli ultimi 15 anni abbiamo visto un progresso limitato nel cammino della salute riproduttiva – ha detto in apertura di lavori Asha-Rose Migiro, vice segretario generale delle Nazioni Unite –: la mortalità materna resta troppo alta.
          Questo non è accettabile. Quasi tutte queste morti potrebbero essere prevenute. È ora di passare all’azione e di indurre tutti i governi a riconoscere il diritto di ogni individuo alla salute riproduttiva».
          Thoraya Ahmed Obai, direttore esecutivo del Fondo per la popolazione delle Nazioni Unite, è stata più specifica: «Più di mezzo milione di donne muore per cause connesse alla gravidanza e al parto ogni anno – ha detto – e il 13 per cento di questi decessi è dovuto ad aborti non sicuri. In zone dell’Africa sub sahariana questa percentuale sale al 30, persino 40 per cento. L’accesso universale alla salute riproduttiva, compresa la pianificazione familiare, accelererebbe il processo verso gli Obiettivi del Millennio». Inoltre, ha aggiunto, le scelte riproduttive potrebbero influenzare le dinamiche della crescita della popolazione. A dire della Obai, infatti, le «sfide poste dalla pressione demografica non hanno precedenti ed esigono risposte forti».
          Fra queste, quella della pianificazione familiare a livelli governativo, che prevede di «rivitalizzare i programmi per la salute riproduttiva a aumentare il numero di donne e di coppie che scelgono il numero e la distanza di nascita fra i loro figli». Una novità introdotta dalla Conferenza è dunque una rinnovata enfasi sul collegamento fra l’obiettivo numero 5 stabilito alla svolta del Millennio: migliorare la salute materna, e i dati sulla crescita delle popolazione mondiale.
          Fra i primi atti del comitato organizzativo della Conferenza sulla condizione femminile c’è inoltre stato un appello agli Stati membri affinché «migliorino l’accesso ai servizi di pianificazione familiare, compreso un rafforzamento degli sforzi per aumentare la conoscenza e l’accesso a metodi contraccettivi di basso costo». Un obiettivo abbracciato, nei giorni scorsi, dalla sottosegretaria argentina per l’Uguaglianza dell’Istruzione, Mara Brawer, che ha fatto dell’accesso alla «salute riproduttiva» uno degli obiettivi del suo mandato.
          Fra i risultati che ha portato alla Conferenza di New York ha citato la diffusione dell’uso di preservativi all’85 per cento della popolazione argentina sessualmente attiva. Il Comitato ha anche richiamato «con urgenza» i governi nazionali a promuovere l’uso dei «metodi di contraccezione d’emergenza», come la pillola del giorno dopo, e a promuovere un’educazione sessuale che ponga particolare attenzione «alla prevenzione delle gravidanze premature e del controllo delle malattie trasmesse sessualmente, compreso l’Hiv-Aids».
«NOI ONG PER LA VITA TENUTE FUORI DALLA PORTA»
          Samantha Singson, direttore dei rapporti con i governi della Catholic Family and Human Rights Institute, un’organizzazione non governativa, non è alla prima Conferenza per la condizione delle donne. Ma è la prima volta che trova tanto difficile avere accesso ai lavori del Palazzo di Vetro, e questo l’ha resa sospettosa.
Cosa teme e perché?
          Quest’anno la Conferenza annuale sulla condizione delle donne segna il 15esimo anniversario della Conferenza di Pechino sulle donne. Durante quell’incontro del 1995 ci fu un forte tentativo di stabilire un diritto universale all’aborto a richiesta, ma i governi nazionali vi si opposero. Da allora i difensori dell’aborto come metodo di pianificazione familiare non hanno rinunciato a introdurre questo nuovo “diritto umano” durante le periodiche revisioni degli obiettivi di Pechino.
Crede che quest’anno ci sia un rinnovato sforzo in quella direzione?
          Sì. Basti notare che mentre i rappresentanti dei governi si sono ritrovati per discutere modi per aiutare le donne a progredire in istruzione, salute e accesso al mondo del lavoro, le organizzazioni non governative si sono concentrate esclusivamente sul tema della salute riproduttiva. Hanno organizzato eventi paralleli dedicati alla diffusione dei “diritti sessuali e riproduttivi” o all’accesso “ai servizi riproduttivi” che comprendono sempre l’aborto. Anche i responsabili di ong pro-life come la mia hanno provato a organizzare dibattiti e convegni, ma ci siamo visti negare quell’opportunità per “problemi di spazio”, mentre locali e saloni sono stati trovati per gruppi come la Ipas, Planned Parenthood e il Center for Reproductive Rights. Questo mi fa pensare che gli organizzatori della conferenza, all’interno dell’Onu, abbiano un’agenda chiara che spingono in modo “trasversale”, attraverso le ong.
C’è qualcosa nei documenti ufficiali dell’evento che conferma questo sospetto?
          C’è un’associazione, chiamata Cattolici per la scelta, che sta usando la Conferenza per raccogliere firme su un documento dal titolo “Gesù non ha mai condannato l’aborto terapeutico” che fa pressione sui governi di El Salvador e Nicaragua perché allentino le loro leggi anti­abortiste. Ebbene, il documento dei Cattolici per la scelta è stato distribuito tramite la lista di indirizzi email ufficiale della Conferenza Onu. Inoltre sul sito della Conferenza compare fra i documenti ufficiali una petizione di un gruppo di ong abortiste che invita i governi partecipanti a «incorporare nelle loro politiche per i diritti delle donne tutti i diritti riproduttivi, compreso l’accesso legale all’aborto».
Elena Molinari
Versione app: 3.25.3 (26fb019)