“E noi, cosa abbiamo di più caro?”

Quando ti pare che la situazione sia tranquilla, entri. Guardi in giro, ma non puoi prendere tutto, devi scegliere. Penso che si può morire per portare in salvo una statua della Madonna, solo se alla Madonna si è data la vita. Se non si è persa la capacità di riconoscere i segni.

“E noi, cosa abbiamo di più caro?”

da Attualità

del 31 maggio 2012(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));

 

“Gli iconoclasti e quelli che hanno in disprezzo le processioni, le immagini e le statue e tutto l’apparato esterno del culto sono assurdi rigoristi che ignorano l’effetto prodotto nel popolo dalle cerimonie. Non hanno mai visto l’adorazione della croce il Venerdì santo, né l’entusiasmo della folla il giorno del Corpus Domini, un entusiasmo che coinvolge anche me… Vi è in tutto ciò un non so che di grande, di misterioso, di solenne”.(Denis Diderot, illuminista, direttore dell’Encyclopédie)

“E noi, cosa abbiamo di più caro?”.           Proprio come l’onda sismica che dall’epicentro, in Emilia, è arrivata anche a Portogruaro: sotto i miei piedi, sotto l’aula al piano terra in cui ieri alle nove stavo facendo lezione, l’eco di questa domanda investe tutti.           E’ un’eco più lunga del terremoto, più potente. Risuona, rimbalza, ritorna. Cesserà, credo, solo quando tutti, ma proprio tutti avremo risposto. L’epicentro, questa volta, la chiesa di Santa Caterina a Rovereto sulla Secchia, provincia di Modena. E’ lì che don Ivan Martini, 65 anni, era entrato con due vigili del fuoco per portare in salvo ciò che aveva di più caro: la statua della Madonna.            Si fa così, quando c’è il terremoto e gli edifici sono pericolanti. Quando ti pare che la situazione sia tranquilla, entri. Guardi in giro, ma non puoi prendere tutto, devi scegliere. Nel pieno della scossa delle nove, don Ivan è stato travolto e ucciso da una trave.Penso alla statua della Vergine tratta in salvo, poi, da uno dei vigili del fuoco che erano entrati con lui e penso alla piccola statua della Madonna di Lourdes della chiesa dei santi Marcellino e Pietro che ad ottobre, durante la manifestazione degli “indignati” a Roma, scagliata rabbiosamente a terra, in strada, era stata ridotta in frantumi. Osservo il volto del pompiere tra le macerie. Saldo, le mani grandi, regge il simulacro della Vergine. La tiene con la cura che si riserva alle cose preziose. L’abbraccia con la tenerezza che si regala ai piccoli. E Lei… sembra una bambina…            Rivedo, a Roma, buttata sull’asfalto, la statua della Madonna in pezzi. Mi feriscono, nelle immagini che hanno fatto il giro del mondo, gli sguardi distratti della gente che, incurante, cammina. Ora come allora, l’eco di quella domanda, come lo sciame sismico degli ultimi dieci giorni, non dà tregua al cuore. “E noi, cosa abbiamo di più caro?”            Penso che si può morire per portare in salvo una statua della Madonna, solo se alla Madonna si è data la vita. Se non si è persa la capacità di riconoscere i segni. Solo così una statua non è solo legno intagliato, o gesso, ma rimanda a Colei che rappresenta. Proprio come Maria, che “umile e alta più che creatura”, non ferma mai lo sguardo su di Sé, ma indica instancabilmente Cristo, Suo Figlio. Penso che si può morire per portare in salvo una statua della Madonna, solo se si riconosce, in Lei, la presenza viva di una Madre amorevole e dolcissima.           Penso che don Ivan, della diocesi di Cremona, era giunto a Rovereto dieci anni fa, “fidei donum”: in prestito, diremmo noi. Penso alla sua storia, penso al terremoto, penso all’agire silenzioso di questo prete semplice e mi dico che, in fondo, siamo “in prestito” tutti: nella nostra famiglia, nel posto di lavoro, nella zolla in cui il Signore ci ha posti, nella… vita. E che sarebbe bello ci sentissimo tutti “fidei donum”. Vivremmo meno distratti, con una consapevolezza diversa. Ce lo chiedessero, sono certa che anche noi, come don Ivan, sapremmo che cosa abbiamo di più caro!Penso che si può morire per portare in salvo un’immagine della Madonna solo se si riconosce che Colei che quella statua rappresenta è Ianua coeli, Stella matutina, Consolatrix afflictorum, Auxilium Christianorum, Causa nostrae laetitiae…           Solo allora si può entrare in una chiesa pericolante per andare, tra le macerie, in cerca di ciò che abbiamo di più caro, e cioè di Lei.Non per salvarLa. Per essere salvati.

Sara Luisella

http://www.culturacattolica.it

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