È primavera!

Mi fermo. Mi ero addormentata, presa nel turbinio dei giorni, delle sollecitazioni, delle risposte da dare, dei doveri. Paradosso dell'attività che ci immerge invece in una specie di torpore. Di fretta, nell'agitazione, nell'ansia, si agisce nell'urgenza. “Ma che diritto ha di trattarmi così?”, “non ce la farò mai”, “ma che stupido!”, “certi nascono con la camicia!”, “avrei dovuto”, “non prendertela con me, ma...”

È primavera!

da Quaderni Cannibali

del 28 aprile 2009

Mi fermo. Mi ero addormentata, presa nel turbinio dei giorni, delle sollecitazioni, delle risposte da dare, dei doveri. Paradosso dell'attività che ci immerge invece in una specie di torpore. Di fretta, nell'agitazione, nell'ansia, si agisce nell'urgenza. “Ma che diritto ha di trattarmi così?”, “non ce la farò mai”, “ma che stupido!”, “certi nascono con la camicia!”, “avrei dovuto”, “non prendertela con me, ma...” Scoraggiamento, emozione, invidia, senso di colpa, rabbia si insediano dentro di noi ponendo il loro dispotismo in un posto abbandonato. Dove siamo? In quale luogo siamo andati a nasconderci disertando il nostro spazio interiore? Reagiamo alla casualità dell'esistenza, dissipati, trascinati in quei fenomeni pulsionali che non sono il nostro reale modo di essere. “Dove sei?” chiede Dio all'uomo dopo il suo incontro con il serpente. Torna in te stesso, lascia perdere i cavalli imbizzarriti dei tuoi pensieri che destabilizzano il tuo spirito. Torna nella tua casa, in questo benessere, in questo Eden con i suoi “alberi seducenti da vedere e buoni da mangiare”.

Nella via, di fronte a me, c'è l'albero del paradiso, tutto adorno del suo alone di fiori simili a cristalli luminosi, delicati. In mezzo a quella profusione, delle foglioline appena schiuse, sfumature di bruno e di rosso mescolati, appaiono come avanguardie del fogliame futuro. Io sono l'ape, il bombo e il piccione che vedo svolazzare nella nuvola di fiori, attirati dall'odore dolce di mandorla e zucchero.

Mi fermo. Il metrò può andarsene senza di me, le persone che hanno fretta possono continuare a correre, io respiro, in questo istante di eternità in cui l'Eden è sceso sulla terra.

Qualche giorno fa, il freddo e le ore senza luce dell'inverno pesavano sui nostri corpi. Ero divisa tra le necessità della routine quotidiana e le mie visite all'ospedale Curie dove andavo ogni giorno a trovare mia sorella operata per una grave malattia. Quell'avvenimento imprevisto si era imposto alle nostre vite in maniera fulminante, spazzando via la futilità delle cose a cui tuttavia si dedica tempo.

Messa a confronto con la fragilità della vita e con la sofferenza per mantenerla, avevo messo da parte le mie esigenze per aiutare meglio lei. La vita quotidiana scivolava sopra di me come l'acqua su un vetro, tanto ero concentrata su colei che, nella sua lotta contro la Malattia, aveva bisogno di me. La prima sera dopo l'operazione, mentre lei era presa tra il dolore e il torpore provocato dalla morfina, avevo messo la mia sedia vicino al letto come per esserle vicino al cuore. Nella preghiera, l'immagine dell'albero mi era apparsa nella sua forza e nella sua promessa di nuova vita. Gliel'avevo offerta nel pensiero senza che lei ne sapesse niente. Chi può dire che cosa capta lo spirito in quei momenti? Quella sera si era addormentata tranquilla e col passare dei giorni si era rialzata, passando dal letto alle sue gambe, ritrovando la facoltà di camminare come una resurrezione. Vivevo accanto a mia sorella una primavera precoce che mi aveva risvegliata all'essenziale: il rapporto umano, la bellezza della vita. In una camera d'ospedale, un fiore era sbocciato. Mi ero fermata. “Y'a nos chagrins qui ont des couleurs, y'a même du printemps chez le malheur” [Anche le nostre pene hanno colori, anche nelle avversità c'è primavera] (Leo Ferré).

Le offro quell'albero in fiore. È primavera!

 

 

 

Tratto da: “Témoignage Chrétien” n° 3344 del 16 aprile 2009

(traduzione www.finesettimana.org)

 

Paule Amblard

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