E se le scuole avessero a disposizione un budget educativo?

Un piccolo gruzzolo strutturale, da inserire nel PEI, per superare le disparità di opportunità fra i ragazzi, contrastare la povertà educativa, creare coesione sociale...

E se le scuole avessero a disposizione un budget educativo?

del 20 marzo 2019

Un piccolo gruzzolo strutturale, da inserire nel PEI, per superare le disparità di opportunità fra i ragazzi, contrastare la povertà educativa, creare coesione sociale...

 

PFP. Sta per progetti formativi personalizzati. Una nuova sigla nella giungla di sigle che popolano la scuola? Di quello non si sentiva la mancanza, di ciò che invece c’è dietro quella sigla sì. E molto. Perché i Progetti Formativi Personalizzati con Budget Educativi sono davvero una novità per la scuola italiana, potenzialmente in grado di innovare radicalmente l’approccio al tema della povertà educativa. Il cuore dell’innovazione sono i Budget Educativi, dei budget assegnati alle scuole che li utilizzeranno sulle classi che stenderanno - coinvolgendo i ragazzi, le famiglie, il territorio - e realizzerano un piano di attività educative per contrastare la povertà educativa, la dispersione scolastica e offrire una più ampia cornice di opportunità agli adolescenti in crescita (Piani Educativi per l’Adolescenza - PEA).

“PFP, Progetti Formativi Personalizzati con Budget Educativi” è un progetto selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini e finanziato con il fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ("Bando adolescenza"): promosso da Caritas Benevento, conta su 48 partner in 9 regioni italiane e coinvolgerà circa 100 classi, per un totale di 2.000 ragazzi, da Trieste a Torino, dalla Calabria alla Puglia.

«Abbiamo mutuato il budget educativo dall’esperienza del budget di salute per le malattie croniche degenerative», esordisce Angelo Moretti, coordinatore della Caritas Diocesana di Benevento. «Il principio, in quel settore, è che se non si interviene sui determinanti sociali delle salute, nessuna riabilitazione funziona. Il nostro welfare invece spesso è ancora impostato in maniera dicotomica, con una spesa enorme per la riabilitazione ma pochi risultati in uscita. Nel budget di salute invertiamo l’approccio, partendo dal migliorare i determinanti sociali della salute di una persona, tutto il contesto in cui quella persona vive: dove abita, l’affettività, la socialità, il lavoro… non è un progetto di cura ma di presa in carico olistica». Il budget di salute raccoglie in un unico luogo tutte le risorse necessarie per realizzare questo progetto individuale, comprese quelle economiche. Un punto di regia, unico, anziché tanti pezzetti e rivoli frammentati, nella migliore delle ipotesi dispersivi, nella peggiore contrastanti. La Caritas di Benevento per esempio, ha convolto con successo alcuni pazienti adulti con disagio psichico, anche in uscita da OPG, in Progetti Terapeutico Riabilitativi Individualizzati con Budget di salute. E partendo da qui diversi comuni firmatari del patto manifesto “Comuni del Welcome” hanno preso già l’impegno di applicare i Budget di Salute in tutte le situazioni di disabilità, di malattie cronico degenerative, problemi di dipendenza patologica, sofferenti psichici, minori con disagio.

Ecco quindi il passaggio alla povertà educativa. Diverso ambito, medesimo approccio (qui lo spiega l'esperto Angelo Righetti). «Nei territori sappiamo che la differenza tra ricchi e poveri è molto forte, e che le attività pomeridiane degli adolescenti risentono fortemente della situazione economica delle famiglie: gli indici dicono inoltre con chiarezza che con la povertà correlano obesità e sovrappeso, mancanza di impianti sportivi, tempo di utilizzo del cellulare... Stiamo assistendo a un impoverimento delle chances offerte alle persone vulnerabili, per cui gli adolescenti che non possono permettersi una vita culturale attiva la accantonano per il cellulare. I voti a scuola sono solo un sintomo del disagio, mentre il rapporto fra scuola e disagio è ancora oggi essenzialmente sanzionatorio, rispetto alla vita sociale non impatta».

 

Obiettivo generale del PFP è quello di ampliare e migliorare le opportunità educative per gli adolescenti di specifici territori visti come attori dello sviluppo umano sostenibile, attivando i coordinatori didattici dei plessi scolastici e i co-gestori locali del PFP, come indicato dall’Agenda 2030. Obiettivo territoriale è ridurre i malfunzionamenti locali della società che mettono in difficoltà gli adolescenti, impediscono ad alcuni di frequentare regolarmente la scuola o li emarginano in circuiti speciali programmando ricerche intervento specifiche e collegando le attività scolastiche con le opportunità educative sul territorio per gli adolescenti e rendendole più interessanti e attraenti.

L’idea centrale del progetto è quindi quella di costruire nei territori una rete di offerte educative, con la scuola che si fa promotore di una co-costruzione di processi personalizzati per gli adolescenti in povertà educativa. Insomma, nel tradizionale PEI delle scuole entrerà anche il budget educativo, che ammonta a 600 euro l’anno e che sarà gestito dalla scuola in accordo con i ragazzi e le famiglie, per servizi offerti da 35 partner sui 48 della rete. Complessivamente, il progetto sperimentale prevede di utilizzare un milione di euro in budget educativi, su tre anni e cento classi. «Il passo veramente innovativo sta nel formare le scuole affinché il budget educativo possa essere un budget di classe e non per il singolo ragazzo vulnerabile, un “capitale sociale” per creare coesione sociale», precisa Moretti. «I Budget Educativi consentono a tanti ragazzi di scegliere per se stessi chances che oggi non hanno. Ma, al tempo stesso, i PFP devono cambiare il territorio in cui quei ragazzi vivono».

Terminata la sperimentazione, dal quarto anno l’idea è che il budget educativo possa diventare parte “ordinaria” dell’offerta formativa scolastica, con le risorse non più del bando per la povertà educativa o con altri bandi spot, ma con i fondi dei laboratori territoriali digitali innovativi della Buona Scuola. La rete strutturata di cogestori così sarebbe attivata strutturalmente. «Con i Budget di salute, il modello funziona. Dobbiamo risucire a far capire che il budget educativo è un investimento sul capitale sociale del territorio, non una prestazione economica per un singolo ragazzo. Questo la scuola può farlo solo se sa leggere il territorio e sa diventare agente di rete».

 

Sara De Carli

http://www.vita.it

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