“ Ecco, faccio una cosa nuova...”

Smettetela di pensare al passato! Io sto per compiere un gesto assolutamente straordinario. Spalancate gli occhi e potrete ammirarlo! Aprirò una strada nel deserto perché possiate ritornare in patria e farò sgorgare fiumi nella steppa per dissetarvi lungo la via.

“ Ecco, faccio una cosa nuova...”

da Teologo Borèl

del 20 febbraio 2009

Commento alla liturgia di domenica 22 febbraio 2009

 

 

VII domenica del Tempo Ordinario

 

 

Letture:  Isaia 43, 18-25                      2 Corinzi 1, 18-22                              Marco 2, 1-12

 

 

1. Faccio una cosa nuova! (1° lettura)  La situazione religiosa e politica di Israele è disastrosa. Nel 587 a.C. è successo quello che nessuno avrebbe mai ritenuto possibile: Gerusalemme è conquistata, distrutta, i suoi abitanti deportati in esilio. Dov’è finita la promessa fatta a Davide di un regno eterno?

“Dio ci ha respinti per sempre, non sarà più benevolo con noi? Può Dio aver dimenticato la misericordia, aver chiuso nell’ira il suo cuore?” Al popolo che comincia a pensare che il Signore sia venuto meno alla sua fedeltà e alle sue promesse, egli risponde per bocca del profeta, inviando un messaggio di consolazione.

“Smettetela di pensare al passato! Io sto per compiere un gesto assolutamente straordinario. Spalancate gli occhi e potrete ammirarlo! Aprirò una strada nel deserto perché possiate ritornare in patria e farò sgorgare fiumi nella steppa per dissetarvi lungo la via. Nuovamente liberi e felici, coltiverete in pace i vostri campi e le vostre vigne e sarete una prova vivente di ciò che io realizzo per coloro che amo!”

Ma Dio non offre solo la libertà al suo popolo, facendolo ritornare in patria; la cosa straordinaria, la novità assoluta  è che realizza una liberazione impensata e impensabile, di fronte alla quale quella di tipo politico scompare. “Io cancello i tuoi misfatti, per riguardo a me non ricordo più i tuoi peccati!”

Perdona “per riguardo a se stesso”, non per il pentimento e le opere buone dell’uomo!

Regalati un po’ di tempo per interiorizzare queste espressioni che già conosci:

Ø         Il Signore è fedele per sempre  (salmo 146, 6)

Ø         Se noi manchiamo di fede, egli rimane fedele (2 Tessalonicesi 3,3)

Ø         I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili  (Romani 11, 29)

 

2. “Siamo testoni!”: quando ci viene da perdere la pazienza con chi per l’ennesima volta commette lo stesso errore (scuola, famiglia, sport, gruppo… comunità) e togliere la fiducia a questa persona, dovremmo “fare memoria” della pazienza che Dio ha usato e continua ad usare nei nostri confronti.

Quante volte ci siamo confessati e abbiamo chiesto perdono dello stesso peccato; abbiamo preso anche dei propositi che il più delle volte sono rimasti al livello di pio desiderio… Di fronte ad una tentazione ci ricaschiamo; di fronte ad un’esperienza negativa vogliamo riprovare, con la presunzione di essere forti e superiori al male… Difficilmente riusciamo a “imparare la lezione” dal male commesso e Dio è sempre lì con le braccia spalancate per rimetterci in piedi, spolverare i nostri vestiti dal fango della caduta e a consegnare al nostro cuore una parola di incoraggiamento: “Ti amo e ti amerò per sempre!”

 

3. “Rientrò a Cafarnao”: (Vangelo) Gesù ritorna a Cafarnao, probabilmente nella casa di Pietro, e di nuovo tanta folla si raduna dentro e fuori la casa: tutto è occupato ed esaurito dalla folla ammassata ogni dove. Per questo appare un po’ inverosimile l’azione dei 4 amici del paralitico che si fanno largo, salgono sul tetto, iniziano un’operazione di scoperchiamento del tetto, con rumore, polvere, terriccio, pezzi di legno che cadono sulla testa della gente… non si capisce poi come questi 4 siano riusciti a centrare il punto esatto sotto il quale si trovava Gesù. Tutto questo ci induce a pensare che non siamo di fronte ad una pagina di cronaca, ma di teologia: ciò che interessa a Marco è il messaggio catechistico che vuole trasmettere.

Osserviamo i personaggi:

Ø         La folla, ammassata attorno a Gesù e lo sta ascoltando

Ø         Gli scribi “seduti”, immobili, impassibili: gente che conosce la Legge, sicura di sé e delle proprie convinzioni teologiche. La loro staticità è l’immagine della loro condizione spirituale: essi hanno tracciato un’invalicabile linea di demarcazione tra il popolo dei santi e i peccatori. È proprio questo che impedisce loro di avvicinarsi per capire e ricevere la salvezza che Gesù offre.

Ø         I 4 che portano il paralitico, pieni di fede sentono un grande bisogno di incontrare Gesù e sarà proprio la loro fede (non quella del paralitico!) che farà scattare l’intervento del Maestro.

Il numero 4 indica nella Bibbia il mondo intero (i punti cardinali!). Essi e il loro amico paralitico sono l’umanità che può portare a Gesù solo la propria debolezza e impotenza.

Ø         Il paralitico, immobile e passivo: non è in grado di bastare a se stesso, di provvedere alla propria vita e neppure di avvicinarsi a Colui che gli può donare la salute. È il simbolo dell’umanità che non può entrare nella casa dove sono installati gli scribi; rappresenta i pagani che solo incontrando Cristo possono rimettersi in piedi e camminare.

 

4. “Figliolo!”: con questo nome, carico di tenerezza e di affetto, Gesù saluta il paralitico. Anche se bloccato in un letto, peccatore, lontano… quest’uomo resta per Dio un “figlio amato”, verso il quale Egli prova i sentimenti di un padre e di una madre… è questo il primo messaggio del testo: TU SEI FIGLIO!  Non servo, non schiavo… La tua relazione con Dio è segnata da questo vincolo indelebile per cui puoi rivolgerti in verità a Dio chiamandolo  “Padre! Papà!”

Poi Gesù continua annunciando il perdono di Dio incondizionato e completamente gratuito.  Non chiede al paralitico se è fermamente deciso a cambiare vita, se promette di non commettere più peccati; gli dice semplicemente: “Dio perdona i tuoi peccati!” E’ questa gratuità che scandalizza gli scribi. Anch’essi credono che Dio perdoni, ma sono convinti che l’uomo debba meritarsi questa grazia mediante buoni sentimenti, buoni propositi, le buone opere… Gesù invece proclama, con grande scandalo, che l’iniziativa del perdono parte da Dio: è Lui che costruisce “la strada nel deserto, che fa scorrere fiumi d’acqua nella steppa!”  L’uomo manco ci pensava o se ci pensava come avrebbe potuto fare?

Dio perdona tutti, senza esigere né pentimento né proposito di riparare al male commesso.

Il perdono non può essere meritato dal pentimento. Il pentimento non è la disposizione che causa il perdono, ma è il segno che l’amore di Dio è stato capito e che la parola di vita è stata accolta.

S. Francesco di Sales diceva: “Tutto per amore; nulla per costrizione!” Si tratta di un’indicazione estremamente impegnativa: l’amore viene per primo e fa muovere tutto il resto (pentimento, proposito, buone opere comprese…), ma all’interno di sé, non come aggiunta o tanto meno come motivo per pretendere qualcosa da Dio!

In altre parole, poiché si tratta di cose importanti e delicate, non si abolisce né il pentimento, né il proposito, né le buone opere, né l’esame di coscienza…. Ma si sottolinea con forza che il quadro di riferimento è l’amore di Dio, che previene, sostiene e accompagna la nostra povera fatica di uomini e di donne in cammino verso la luce!

Riconoscere che Dio è Dio, le cui vie non sono le nostre vie… questo è ciò che spalanca il nostro cuore alla pace e alla gioia!

 

Conclusione: in questo contesto di perdono dei peccati, vorrei invitarti a pregare spesso per i sacerdoti che nella Chiesa e nelle varie Comunità cristiane offrono il perdono di Dio nel sacramento della Riconciliazione. Siano essi il segno visibile, tangibile (dobbiamo accorgercene!!!) della bontà, della tenerezza, dell’accoglienza gioiosa e carica di speranza di Dio!

 

don Gianni Ghiglione

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