Educare con il cuore di Don Bosco: il ruolo del docente nella scuola salesiana.

Quale la identità ed il ruolo del docente nella scuola salesiana? Per rispondere a tale domanda, mi sembra che sia più proficuo offrire alcuni elementi per definire l'identità e la missione della scuola salesiana.

Educare con il cuore di Don Bosco: il ruolo del docente nella scuola salesiana.

da Quaderni Cannibali

del 05 settembre 2007

Introduzione

 

            La sera del primo settembre scorso, quattro giorni fa, il Papa Benedetto XVI ha intessuto in interessante dialogo con quattrocentomila giovani convenuti all’Agorà di Loreto. Il “filo rosso” di tale dialogo è stata la parola “periferia”, alla quale sono state attribuite, oltre al consueto significato geografico, accezioni più ampie, quali: irrilevanza, marginalità, povertà.

            A noi Salesiani l’argomento  interessa molto. Don Bosco ha intrapreso la sua missione di sacerdote nelle periferie umane e geografiche di Torino. Si è occupato di ragazzi ed adolescenti – molti dei quali immigrati – che egli più volte definì “poveri, abbandonati, pericolanti”. Dall’oratorio itinerante, alla prima sede stabile in una tettoia e su un prato, il progetto andò via via arricchendosi di un ospizio, di laboratori, di una scuola.

            Don Bosco che, nella sua infanzia, aveva patito la privazione culturale, riconobbe il valore dell’ educazione formale e della promozione del giovane povero attraverso la cultura. Ma presto egli affidò alla scuola salesiana un secondo compito affascinante ed impegnativo: quello di promuovere una nuova cultura, entro una visione di antropologia cristiana. Egli si accorse che il recupero, la assistenza socio-caritativa, non bastava; occorreva passare alla “prevenzione”, e cioè alla realizzazione di un nuovo modello educativo, impregnato di valori cristiani. Solo in tal modo si sarebbe potuta operare una profonda e duratura trasformazione sociale.

            Forte di tali convinzioni, dunque, pur conservando e potenziando la sua prima istituzione educativa, l’oratorio, Don Bosco spese gran parte delle sue energie per aprire e mantenere scuole, preparare docenti salesiani, avviare una editoria cristianamente ispirata, diffondere idee sulla educazione. Intuì chiaramente la portata della sua opera che doveva essere un vasto progetto educativo-pastorale-culturale, di raggio non solo italiano, ma mondiale.

            In un testo scritto dal responsabile generale delle scuole, Don Francesco Berruti, nel 1886 troviamo espressa in modo inequivocabile la visione che Don Bosco aveva della scuola.

 

            “Quale l’origine funesta di questo malore tanto più grave, quanto meno conosciuto e poco generalmente avvertito? E poiché l’illustre Michel accennava a ragioni più o meno secondarie, no, riprese Don Bosco, no, mio buon avvocato, non son desse le cause di tutto questo male che deploriamo. La causa è una sola, essa sta tutta nell’educazione pagana che si dà generalmente nelle scuole. Quest’educazione formata tutta su classici pagani, imbevuta di massime e sentenze esclusivamente pagane, impartita con metodo pagano, non formerà mai e poi mai, ai giorni nostri, segnatamente in cui la scuola è tutto, dei veri cristiani.

            Ho combattuto tutta la mia vita, seguitò Don Bosco con accento di energia e di dolore, contro questa perversa educazione, che guasta la mente ed il cuore della gioventù ne’ suoi più begli anni; fu sempre il mio ideale riformarla su basi sinceramente cristiane. A questo fine intrapresi la stampa riveduta e corretta dei classici latini profani che più corrono per le scuole; a questo fine incomincia la pubblicazione dei classici latini cristiani, che dovessero con la santità delle loro dottrine e dei loro esempi, resa più vaga da una forma elegante e robusta ad un tempo, completare quel che manca nei primi, che sono il prodotto della sola ragione, render vani possibilmente gli effetti distruttori del naturalismo pagano e riporre nell’antico dovuto onore quanto anche nelle lettere produsse di grande il Cristianesimo.

            Questo, in una parola, è lo scopo a cui ho costantemente mirato in tutti quei molti avvertimenti educativi e didattici, che diedi a voce e per iscritto a’ Direttori, maestri e assistenti della Pia Società Salesiana.

            Ed ora vecchio e cadente, me ne muoio col dolore, rassegnato sì, ma pur sempre dolore, di non essere stato abbastanza compreso, di non vedere pienamente avviata quell’opera di riforma nell’educazione e nell’insegnamento, a cui ho consacrato tutte le mie forze e senza cui non potremo giammai, lo ripeto, avere una gioventù studiosa schiettamente ed interamente cattolica” (F.CERRUTI, Le idee di Don Bosco sull’educazione e sull’insegnamento, San Benigno Canadese 1886, pp.10-11).

 

            Il contesto culturale attuale rende non meno urgente tale impegno creativo e progettuale, più che esecutivo. Quale, dunque, la identità ed il ruolo del docente nella scuola salesiana? Per rispondere a tale domanda, mi sembra che sia più proficuo offrire alcuni elementi per definire l’identità e la missione della scuola salesiana. Per tale missione, ognuno di voi, in forma originale e creativa potrà offrire il proprio personale contributo.

 

 

1. Una Scuola Vera

 

            L’ efficacia dei processi di insegnamento ed apprendimento è e rimarrà la carta vincente di qualsiasi scuola, statale o non statale. Lo è stato per il passato della nostra storia salesiana e lo sarà per il futuro. Sempre meno ci si affiderà alle promesse (depliant, open day, pur necessari) e sempre più si vorranno verificare i fatti: un ambiente educativo constatabile, una scuola fatta bene, allievi ben seguiti e ben preparati.

            Se quest’ affermazione è vera, e difficilmente può essere contraddetta, da essa discende una chiara priorità:

 

L’ attenzione ai processi di insegnamento ed apprendimento

            La convinzione su cui era basata la scuola tradizionale (“spiego, dunque apprendono”), se poteva essere sostenibile in un contesto fortemente omogeneo e selettivo, oggi è ampiamente fallace. Le competenze di base, gli stili cognitivi, le metodologie di studio acquisite, le condizioni personali ed ambientali degli allievi sono molto poco omogenee, tali comunque da rendere problematico un percorso con tempi, programmi, modalità didattiche e di valutazione degli apprendimenti unitari.

            La lezione frontale, ancora quasi dappertutto l’unica forma di insegnamento, mostra tutta la sua debolezza di fronte a classi fortemente eterogenee. Essa, inoltre, presuppone, una sensibile motivazione ad apprendere da parte degli allievi, che è sempre meno un dato scontato ed acquisito.

            La gestione del gruppo classe e delle relazioni tra studenti e tra studenti ed insegnanti è un altro elemento problematico su cui operare.

            La significatività delle discipline e la rilevanza per la vita futura dell’acquisizione dei contenuti di esse, è sempre  più un obiettivo da raggiungere e da dimostrare, che una convinzione di partenza su cui contare.

            Le sfide non sono poche e di poco conto. Mi sembra che questo sia il terreno su cui la scuola salesiana debba dimostrare di saper vincere, con forte capacità progettuale ed innovativa. Tutti siamo convinti che la storia passata, il “buon nome”, conti molto poco se non si ha niente da dire di nuovo e di efficace in risposta a queste sfide. Le scuole che resteranno immobili a ripetere se stesse e metodologie obsolete non avranno futuro..

            Gli strumenti per rispondere a tali sfide mi sembrano due: il Regolamento attuativo della autonomia delle istituzioni scolastiche e la formazione dei docenti.

 

a) La valorizzazione del Regolamento dell’autonomia

            Analizzando l’abbondante produzione ministeriale degli ultimi anni, difficilmente si potrà trovare qualcosa di più innovativo, moderno, flessibile, efficace del Regolamento attuativo della autonomia delle istituzioni scolastiche (DPR 8 marzo 1999, n.275).

            L’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo sono non solo “concesse”, ma raccomandate e promosse, con amplissimi margini di libertà. Rimando ad una attenta lettura di esso per comprenderne la portata rivoluzionaria nel sistema pachidermico della scuola italiana.

Cito solo, a mò di esempio, alcuni passi.

 

“L'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.” (art.1§2)

 

“Le istituzioni scolastiche, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, a norma dell'articolo 8, concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo. (art. 4§1)

 

“Nell'esercizio dell'autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell'insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni. A tal fine le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune e tra l'altro: …” (art. 4§2)

 

            Alla luce di tale importantissimo decreto legislastivo, tuttora in vigore e non molto citato e valorizzato, risulta evidente che il nemico principale della scuola, e della scuola salesiana, è la pigrizia mentale, la routine consolidata e ripetitiva, la assenza di innovazione e di sperimentazione, la disattenzione nell’individuare ed affrontare in maniera efficace i problemi legati alla didattica ed all’apprendimento.

            Le notevoli possibilità offerte dal Regolamento dell’autonomia, sommate a quelle della legge sulla parità circa la legittimità di un proprio Progetto educativo, sono strumenti impensabili alcuni anni fa e decisivi per fare una scuola che garantisca elevata efficacia dei processi di insegnamento ed apprendimento. E se non è tale, la scuola salesiana non avrà futuro.

 

b) La formazione dei docenti

            La seconda leva strategica è data dalla formazione dei docenti. La coscienza professionale e la urgenza delle sfide educative e didattiche rendono eticamente obbligante, oltre che contrattualmente, la formazione continua. Il problema, dunque non è il “se”, ma il “come”.

            Se la scuola è “luogo di umanizzazione attraverso l'assimilazione sistematica e critica della cultura” questo non è un dato di partenza ovvio e scontato, ma un obiettivo da perseguire continuamente ed intenzionalmente.

            Mi sembra interessante passare da una visione della scuola come ambiente di “trasmissione” del sapere, ad una nuova visione nella quale la scuola è un “laboratorio permanente” di ricerca educativa e didattica nel quale fede, vita e saperi interagiscono tra loro. In tal senso la autonomia “di ricerca, di sperimentazione e sviluppo” va fortemente potenziata.

            La formazione universitaria e post-universitaria non è sufficiente, sia perché spesso carente negli aspetti metodologici, sia per la mutabilità della condizione giovanile, e sia perché la situazione del gruppo-classe e del singolo allievo richiedono studio, progettazione, interventi mirati.

            La formazione continua dei docenti è, dunque, un elemento fondamentale affinché la scuola possa perseguire con successo i suoi obiettivi. Nella scuola salesiana gli ambiti della formazione sono quattro: la formazione cristiana, quella pedagogico-salesiana, quella metodologico-didattica, quella disciplinare.

            Fuori di tale impegno che prevede sia l’autoformazione, che un piano esplicito locale ed ispettoriale di formazione dei docenti, “educare con il cuore di Don Bosco” resta uno slogan, ma non un obiettivo coerentemente perseguito.

 

 

 

2. Una Scuola Salesiana

 

            Il secondo tratto che caratterizza le nostre scuole è che essa è “salesiana”. L’aggettivo fa riferimento all’umanesimo di San Francesco di Sales ed alla impostazione educativa e preventiva vissuta e teorizzata da Don Bosco.

            Una scuola salesiana è tale, se è visibile in essa una forte attenzione alla dimensione educativa ed evangelizzatrice della scuola.

            Dall’intenso dibattito degli ultimi anni e dagli orientamento della Congregazione emerge chiaramente la insufficienza, al fine di raggiungere tali obiettivi, di predisporre alcuni momenti ed interventi di carattere religioso, accanto ad un continuum scolastico (didattica, discipline, valutazioni) ritenuto neutrale.

            Sempre più si avverte la insufficienza della espressione fare pastorale nella scuola, laddove si dovrebbe più correttamente dire fare scuola in modo pastorale. Questo obiettivo che è coerente con l’intenzione originaria di Don Bosco e della tradizione salesiana, fino al magistero recente, fa riferimento a tre ambiti su cui operare contemporaneamente, che qualificano la scuola salesiana e ne salvaguardano la identità. Essi sono: l’ambiente, le discipline scolastiche, le proposte esplicitamente educative ed evangelizzatrici.

 

2.1 L’ambiente

            La scuola è una rete di relazioni che creano un microclima, un ambiente appunto: relazioni degli studenti tra loro, studenti e docenti, docenti tra loro, docenti laici e salesiani, docenti e famiglie, personale non docente. 

            Tali relazioni possono essere improntate a senso profondo di umanità, giustizia, equità od essere di fatto la smentita clamorosa dei valori proclamati. Tutti ci siamo resi conto come fenomeni di prevaricazione e di bullismo nelle relazioni fra studenti danneggino gravemente l’immagine di una scuola. Le numerose affermazioni di Don Bosco sulla assistenza, sullo stile di famiglia, sulla amorevolezza, sulla modalità degli interventi disciplinari, fanno proprio riferimento alla importanza di quella “pedagogia di ambiente” che crea un clima complessivamente positivo e costruttivo.

            Il ruolo delle famiglie al riguardo è tutto da riscoprire e valorizzare: da utenti di un servizio o controparte a compartecipi della missione educativa della scuola salesiana, perchè questa, come ogni scuola cattolica, sia sempre meno scuola di questa o quella congregazione e sempre più scuola di una comunità civile che si ritrova attorno ad essa a costruire il futuro dei propri figli.

             All’interno della classe, poi, la metodologia didattica prevalentemente adoperata non è indifferente ai fini educativi. Modalità competitive od individualistiche o cooperative conducono ad esiti assai diversi sia per quanto riguarda la efficacia dell’insegnamento e dell’apprendimento, che per la intensità educativa dell’ambiente.

            Esiste, dunque un curricolo implicito accanto a quello esplicito e dichiarato nei documenti della scuola, costituito dalla persona e dalla presenza degli educatori tra i ragazzi gli allievi,, dallo stile delle relazioni, dalle proposte complementari, dalla proprietà e tenuta degli ambienti, dalla evidenza dei simboli religiosi.

 

2.2 La valorizzazione delle discipline scolastiche

            La massima parte dei processi in atto in una scuola sono processi d’ insegnamento ed apprendimento di discipline scolastiche. E’, dunque, questo un ambito decisivo per l’ educazione e l’ evangelizzazione.

            Nella scuola educhiamo con le discipline scolastiche ed a partire dalle discipline scolastiche. Le affermazioni di Don Bosco al riguardo sono note.

            La valorizzazione in chiave educativa e di evangelizzazione delle discipline scolastiche non è – di solito -  garantita dalla formazione universitaria o delle scuole di specializzazione. Insegnare è sempre meno trasmettere un sapere e sempre più incontrare una persona farla crescere attraverso il confronto critico con i saperi.

            E’ in atto oggi, non lo nascondiamo, un formidabile confronto tra modelli culturali ed educativi che discendono da diverse visioni della vita. Domenica scorsa il Papa lo ha segnalato senza mezzi termini ai giovani nell’omelia pronunciata a Loreto.

            “Cari giovani, mi sembra di scorgere in questa parola di Dio sull’umiltà un messaggio importante e quanto mai attuale per voi, che volete seguire Cristo e far parte della sua Chiesa. Il messaggio è questo: non seguite la via dell’orgoglio, bensì quella dell’umiltà. Andate controcorrente: non ascoltate le voci interessate e suadenti che oggi da molte parti propagandano modelli di vita improntati all’arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo, all’apparire e all’avere, a scapito dell’essere. Di quanti messaggi, che vi giungono soprattutto attraverso i mass media, voi siete destinatari! Siate vigilanti! Siate critici! Non andate dietro all’onda prodotta da questa potente azione di persuasione. Non abbiate paura, cari amici, di preferire le vie 'alternative' indicate dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale; relazioni affettive sincere e pure; un impegno onesto nello studio e nel lavoro; l’interesse profondo per il bene comune. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda: i vostri coetanei, ma anche gli adulti, e specialmente coloro che sembrano più lontani dalla mentalità e dai valori del Vangelo, hanno un profondo bisogno di vedere qualcuno che osi vivere secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù Cristo”.

            In tale contesto il compito primario dei docenti di una scuola salesiana è quello di elaborare, assieme agli allievi, una cultura ispirata dalla fede e dai valori evangelici che sia un’alternativa alla cultura ambientale caratterizzata dal secolarismo, relativismo, soggettivismo, consumismo.

            I contenuti culturali che si trasmettono attraverso le diverse discipline e le metodologie adoperate non sono indifferenti. Possono aprire o chiudere il cuore e la mente alla trascendenza, far nascere il dubbio sano che spinge alla ricerca della verità, od insinuare il sospetto e proiettare precomprensioni di tipo ideologico.

            Il rischio è reale. Nonostante le proposte religiose, senza una attenzione intenzionale alla valorizzazione delle discipline in chiave educativa, nelle nostre scuole rischiamo di perpetuare la frattura tra fede – vita – cultura, e dunque rendere improbabile il conseguimento della “sapienza”. Il fatto di frequentare una scuola salesiana può stimolare fortemente il senso critico dei giovani nei confronti della visione della persona, della società, della vita offerte dalla cultura dominante e dalle sub-culture giovanili, ovvero restare un fatto esteriore alla propria vita ed ai propri interessi.

            Il compito dei docenti è decisivo, pena la insignificanza e la irrilevanza per la propria vita delle discipline, delle ore e dei giorni trascorsi nella scuola: suscitare l’interesse dei giovani, toccare le corde della loro sensibilità, stimolare la loro curiosità ed il loro desiderio di ricerca, favorire il loro senso critico, evidenziare la incidenza della fede come energia per la trasformazione della storia.

            Questo  richiede dunque, riflessione da parte dei docenti ed uno lavoro specifico ed intenzionale di ricerca per selezionare contenuti, articolare percorsi e metodologie, sulla misura del ragazzo e del giovane da far crescere e non della disciplina da trasmettere. Una struttura per dipartimenti disciplinari locali, o tra scuole cattoliche vicine, od ispettoriale può favorire il confronto, la elaborazione e lo scambio di materiali comuni.

 

2.3 Le proposte esplicitamente educative e di evangelizzazione

            Il terzo pilastro che regge la identità di una scuola salesiana è la esplicita ed organica articolazione di interventi educativi e di evangelizzazione, a partire dalla dignità dell’insegnamento della Religione, a cui nelle scuole cattoliche e salesiane vengono riservate di solito due ore e regolare valutazione.

            A ciò si aggiungano il buon giorno, le celebrazioni liturgiche, la proposta di giornate di riflessione, l’educazione alla preghiera, la pedagogia sacramentale.

            La educazione alla fede passa poi, anche attraverso la proposta di esperienze esplicite di servizio: contatto con realtà di povertà, sofferenza, esperienze di volontariato internazionale, educazione alla mondialità.

            La scuola salesiana è l’ambiente più adatto per promuovere il protagonismo dei giovani e per la creazione di un ambiente giovanile alternativo. E’ lo spazio di quelle “minoranze creative” che possono  elaborare idee e proposte fortemente provocatrici per i giovani di un territorio.

            Da una visione della scuola cattolica chiusa in se stessa, come un ambiente protetto e sicuro, si passa così ad visione di una scuola particolarmente sensibile ai problemi ed alle attese dei giovani, che diventa laboratorio permanente di proposte culturali, modello di una forte collaborazione tra educatori ed allievi, aperta al dialogo ed al confronto con altre scuole, che arricchisce il territorio con la propria originalità ed identità culturale.

 

Conclusione

            Mi sembrava doveroso, carissimi docenti ricondurre ad unità i vari contributi ed interventi programmatici che in questi anni, certamente avete avuto sull’identità del docente di scuola salesiana.

            Vi invito a vivere questa esperienza come una eccellente opportunità di crescita umana e professionale. La responsabilità di intervenire negli anni plastici della crescita di un giovane è alta. A voi il mio sincero augurio e per voi la mia preghiera.

don Pier Fausto Frisoli

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