Educazione alla fede per i FANCIULLI

Ci stiamo avvicinando all'inizio dell'Anno della fede indetto da Benedetto XVI.Itinerario di educazione alla fede per fanciulli. Aprirsi a tutto ciò che vive attorno a sé sperimentando la gioia di crescere nella relazione positiva con le persone che donano vita.

Educazione alla fede per i FANCIULLI

L'età della fanciullezza segna un nuovo modo di porsi del fanciullo di fronte alla realtà, di instaurare relazioni con gli adulti e i coetanei. Questa fase è caratterizzata dalla fiducia, dallo scambio di rapporti, dal legame vitale con coloro che più direttamente sono a contatto con il fanciullo: genitori, insegnanti, parenti... L'identificazione con figure adulte significative fa sperimentare la gioia di crescere, favorisce l'imitazione, l'accettazione acritica del ruolo che gli adulti gli assegnano. Il ruolo degli adulti è quanto mai impegnativo poiché il fanciullo percepisce lui stesso la realtà che lo circonda attraverso ciò che essi dicono di lui. Egli è quello che gli altri, soprattutto i genitori, gli insegnanti, dicono di lui, e accetta di «giocare» il ruolo che gli viene assegnato.

La relazione positiva con i genitori è fonte di sicurezza, stimolo ad allargare gradualmente il cerchio delle relazioni, soprattutto con l'inizio dell'esperienza scolastica ad altri adulti e coetanei.

L'immagine di sé che il fanciullo incomincia gradualmente a percepire osservando attentamente le reazioni dei genitori nei suoi confronti (accettazione, fiducia, rifiuto, disinteresse, iperprotezione, ansietà...) condiziona non solo il suo rapporto con la realtà ma anche con se stesso e con gli altri.

Il graduale sviluppo dell'intelligenza contribuisce a far allargare la cerchia degli interessi anche di fuori della famiglia. È vivo il desiderio e la curiosità di esplorare il mondo, di manipolare concretamente gli oggetti per conoscerli, per possederli, di accostarsi all'ambiente fisico e sociale nel quale il fanciullo vive.

A questa età incomincia a destarsi anche la curiosità storica su fatti e personaggi, avvenimenti di cui il fanciullo è venuto a sapere qualcosa. Le domande che egli pone: chi è, perché, cosa ha fatto, come è avvenuto, quando è avvenuto... sono indici di questo nuovo interesse. È importante sollecitare il fanciullo a esplorare la realtà, a sentirsi non solo spettatore ma coinvolto in quello che sta scoprendo, a guardare dentro i fatti per scoprire le cause.

Gradualmente il fanciullo sente il bisogno degli altri, dei suoi coetanei, per giocare, per affermarsi, per fare amicizia. Nasce pian piano il bisogno di collaborare con loro, la necessità di rispettare alcune regole che il gruppo si dà, l'individuazione del ruolo che è chiamato a svolgere per realizzare un'attività concreta.

È necessario accompagnare il fanciullo in questo cammino di scoperta della realtà, degli altri, di se stesso, con tanta serenità e affetto. Se egli sperimenta comprensione, sicurezza, fiducia, trasferisce più facilmente questi atteggiamenti sia nella relazione con gli adulti che con i coetanei e con Dio.

Sperimentare la gioia di crescere significa essere accolto nelle sue domande con attenzione, essere stimolato ad osservare, a fare, essere incoraggiato in tutte quelle forme espressive che manifestano l'originalità e i suoi tentativi di affermazione.

1. Dallo stupore e meraviglia di fronte alle cose alla scoperta di un mondo che è vivo

Il fanciullo è un grande esploratore. Ama scoprire le cose che lo circondano; rimane meravigliato di fronte a tante novità che, man mano, va sperimentando attraverso l'agire concreto e le prime conoscenze che apprende a scuola.

Verso i 6-7 anni la sua visione del mondo è ancora confusa e non vi sono confini ben distinti tra il reale e l'immaginario. I continui «perché» che egli pone agli adulti mirano a scoprire le cause dei fenomeni, la struttura interna delle cose, nel tentativo di superare alcuni modi di pensare tipici dell'infanzia, quali: l'animismo ossia il dar vita ed esistenza ad ogni realtà che trova dinanzi a sé; il magismo per cui, poste determinate azioni, pretende effetti sproporzionati; oppure l'egocentrismo come tendenza a non rendersi conto del punto di vista degli altri.

Il bisogno di sicurezza e di amore, tipico di questa età, incide anche nella scoperta della realtà. Essa è filtrata e percepita in termini di rapporti affettivi.

Per questo è importante orientare il fanciullo alla scoperta gioiosa delle cose, degli avvenimenti, delle persone, delle situazioni di vita, esprimendo attenzione per le sue scoperte, assecondando il suo desiderio di conoscere, la sua spinta a diventare grande, il suo bisogno di sentirsi immerso in un clima di sicurezza e di fiducia.

Occorre sollecitare la sua creatività, non abituarlo a trovare tutto pronto, tutto preordinato, ma stimolarlo ad agire, a scoprire, a inventare, a provarsi nell'affrontare la fatica, le contrarietà.

Dare il gusto della scoperta significa anche aiutare il fanciullo a passare gradualmente dalla concretezza delle cose ai sensi e ai simboli con cui vengono rappresentate, ad allargare la conoscenza ad altri mondi, ad altri Paesi, ad esercitare le sue forze, a sognare quello che vorrà fare da grande, nello sforzo di scoprire chi è lui in questo momento dentro l'immensa realtà che lo circonda e che è piena di vita.

2. Dalla scoperta di un mondo vivo all'esperienza di sentirsi «qualcuno» in relazione con gli adulti.

L'esperienza quotidiana del fanciullo è quella di essere parte di un ambiente particolare, quello della famiglia. È qui che egli sperimenta di essere importante per i suoi genitori, che gusta la gioia dell'essere insieme, del fare insieme le piccole cose quotidiane.

Protezione, sicurezza, affetto è tutto ciò che il fanciullo chiede alle persone con le quali si trova a contatto durante la giornata. Gradualmente, proprio attraverso le relazioni positive che vive con le persone della sua famiglia, prende coscienza della sua esistenza.

Attraverso l'esperienza di essere chiamato con il suo nome, scelto da coloro che hanno voluto la sua vita, egli inizia ad acquisire una «nuova» consapevolezza di esistere con una propria originalità. Egli è qualcuno con un nome particolare, con una famiglia, una casa, con alcune caratteristiche che lo distinguono dagli altri, con alcuni interessi e abilità.

La percezione che il fanciullo ha di se stesso come persona, come essere umano con un suo «io», è sempre in funzione dei rapporti che stabilisce con gli adulti. Egli osserva se le sue azioni producono gioia, preoccupazione, divertimento, collera o indifferenza e matura, conseguentemente, un concetto di sé positivo o negativo.

La serenità della famiglia, l'equilibrio nei rapporti interpersonali sono elementi decisivi. In questo movimento, come negli altri, è molto importante la sintonia di atteggiamenti tra tutti coloro che sono a contatto con il fanciullo: genitori, insegnanti, parenti, catechisti... per aiutarlo a percepirsi come «qualcuno» molto importante per le persone con cui vive.

3. Dal sentirsi «qualcuno» alla percezione che gli altri sono importanti per la scoperta e valorizzazione delle proprie capacità.

Dopo l'esperienza socializzante dei primi anni, caratterizzata per la maggior parte dei bambini dall'ingresso nella scuola materna, il fanciullo si apre ulteriormente agli altri, ai coetanei, alle esigenze del vivere insieme. Gli altri sono importanti perché aiutano a stabilire rapporti positivi con la realtà e con se stessi. L'apertura agli altri è condizionata dal rapporto che il fanciullo vive con gli adulti. Se egli si sente accettato, amato, approvato, sviluppa un atteggiamento simile verso se stesso e gli altri ed allarga gradualmente il cerchio delle sue relazioni.

È importante aiutare il fanciullo a estendere le sue relazioni anche al di fuori della famiglia, a stabilire un contatto con gli adulti educatori, rapporti più intensi con i coetanei, a realizzare gradualmente una certa autonomia affettiva nei confronti dei genitori.

Gli altri restano il campo cruciale per l'affermazione di sé e della stima in se stesso. La valorizzazione di sé è molto legata alla stima che i coetanei accordano per quello che il fanciullo sa fare in termini di abilità concrete, per il ruolo che riesce ad avere nel gruppo.

L'educatore è attento a sollecitare il fanciullo a prendere iniziative, a rassicurarlo, ad affrontare l'insuccesso, a sganciarsi pian piano dalla dipendenza nei confronti dei genitori per arrivare a «provare» le sue abilità, senza troppa paura.

4. Dalla percezione dell'importanza degli altri alla graduale accoglienza delle regole dello star bene insieme.

A contatto con gli adulti il fanciullo soddisfa il suo bisogno fondamentale di sicurezza e di affetto. Man mano che si apre agli altri, soprattutto ai coetanei, soddisfa maggiormente il desiderio di affermarsi, di avere un certo prestigio nel gruppo, di essere riconosciuto degno di rispetto per quello che sa fare. È con i coetanei che il fanciullo deve conquistarsi la stima, e l'ottiene se si dimostra abile nel gioco, nello studio, se ha coraggio, se è leale verso il gruppo.

In questo movimento l'adulto educatore ha una funzione molto importante per aiutare il fanciullo a vincere l'egocentrismo, ad acquisire abilità pratiche, a tener conto del punto di vista degli altri, ad osservare regole e norme che il gruppo si dà in vista di qualcosa di concreto da realizzare insieme.

È importante inoltre, che l'educatore riconosca gli sforzi che il fanciullo fa, poiché se egli non sperimenta la gioia di produrre e si sente privato dalla stima degli adulti, si porrà dubbi circa il proprio valore personale.

Gradualmente il fanciullo scopre anche un mondo di valori e di norme di comportamento che non dipendono solo da quello che i genitori o gli educatori dicono, ma sono al di là dei loro comandi. Soprattutto nell'ambiente scolastico il fanciullo incomincia a scoprire le regole del vivere sociale che valgono per tutti, che sono necessarie in un rapporto di reciproco rispetto. Il confronto con gli adulti ha, anche in questo caso, una forte incidenza: il loro modo di pensare, di giudicare, di punire, di apprezzare, diventa un criterio di giudizio anche per il fanciullo. È quanto mai importante che gli educatori siano in sintonia tra di loro nel presentare i valori per non creare conflitti o indifferenza.

In uno stile di educazione autoritaria il fanciullo arriva spesso ad assumere in modo passivo, per amore di sicurezza, quello che «si deve fare». Spesso è combattuto tra la vivacità dei suoi desideri e la molteplicità di divieti che gli vengono imposti dagli adulti. Può allora reagire, spesso, in modo difensivo raccontando bugie, facendo piccoli furti... e, soprattutto, può instaurarsi pian piano un senso di inferiorità.

È importante che gli educatori aiutino il fanciullo, attraverso la loro testimonianza, a riconoscere certe norme come valori in sé, a formarsi un suo iniziale criterio di giudizio sugli avvenimenti.

Il fanciullo si fida dei suoi educatori; per questo è necessario aiutarlo a passare dall'accettazione acritica di quanto viene definito bene o male dagli adulti, alla graduale capacità di mettersi dal punto di vista degli altri, a confrontarsi con modelli che hanno contribuito a rendere più umani i rapporti tra gli uomini.

 

AREA DELL'INCONTRO CON GESÙ CRISTO

Via privilegiata all'incontro con Gesù Cristo è - in questa fase di sviluppo - il rapporto positivo e stimolante con gli adulti. Per il fanciullo, infatti, hanno una importanza particolare le persone che gli stanno accanto: genitori, insegnanti, catechisti... Ogni parola, ogni gesto assume una carica di significato che incide notevolmente sulla sua vita.

La testimonianza della comunità cristiana diventa il linguaggio più eloquente perché il fanciullo possa accogliere la storia di Gesù, confessata e vissuta dalle persone da cui viene «narrata».

Gesù Cristo non può essere visto come un personaggio del passato, né il Vangelo solo come un libro che offre delle conoscenze religiose interessanti.

Gli apostoli, i primi che sono stati chiamati amici da Gesù, hanno iniziato la catena ininterrotta dei testimoni che trasmettono e prolungano la medesima esperienza di vita. Mediante la conoscenza della storia di alcune di queste persone che hanno accettato di seguire Gesù e di impegnarsi con lui e come lui a servire gli altri, il fanciullo può accogliere più facilmente e più vitalmente l'invito di Gesù ad essere suo amico.

La meta globale propone, perciò, di aiutare il fanciullo a:

- riconoscere il posto centrale che il Cristo ha nella vita della comunità cristiana e, più concretamente, delle persone che si prendono cura di lui;

- intuire il senso della presenza e della vicinanza di Gesù Cristo, vivente nel mondo di oggi;

- scoprire Gesù sempre in relazione con Dio, suo Padre, che ama tutti gli uomini e vuole la loro vita e felicità;

- accogliere Gesù come un amico che percorre insieme la strada verso il Padre, riunendo gli uomini in un unico amore.

È essenziale, dunque, che il fanciullo scopra Gesù sempre in relazione con il Padre. Egli è venuto a manifestare il grande amore del Padre verso ogni uomo, a insegnare a vivere come a lui piace, a liberare dal male e dal peccato.

In questo senso hanno pure una importanza particolare i genitori e gli educatori; con i loro atteggiamenti essi aiuteranno il fanciullo a scoprire il Padre come colui che accoglie, ascolta, vede nel profondo del cuore, provvede a tutti, è sempre pronto al perdono, rispetta la libertà dei suoi figli ed è presente nel loro impegno di rendere migliore la convivenza umana, ma non si sostituisce mai ad essi. È al loro fianco per partecipare al loro sforzo e per indicarne la vera direzione.

Il fanciullo, inoltre, sarà orientato a interpretare e a esprimere i comportamenti di Gesù nell'amicizia verso gli altri. Diventare amico di Gesù, vuol dire, infatti, vivere con lui, condividere il suo impegno di servire la vita, di comunicare la gioia, di costruire un mondo dove regni la fraternità e la pace.

 

AREA DELL'APPARTENENZA ECCLESIALE

Sperimentare nello stare insieme (nella famiglia, nella scuola, nel gruppo degli amici) l'appartenenza alla grande famiglia degli amici di Gesù.

Il graduale inserimento nella vita ecclesiale si inscrive per il fanciullo in un'esperienza complessa in rapporto a fattori psicosociali, quali il senso di appartenenza, la responsabilizzazione, la socializzazione, l'istruzione.

Per i fanciulli il senso della Chiesa si richiama ad un insieme di esperienze, di incontri, di relazioni, che ne definiscono la fisionomia nel profondo della vita.

Sembra che a quest'età l'immagine di Chiesa sia la risultante di alcuni fattori:

- la partecipazione dei genitori alla vita della comunità cristiana, per cui l'appartenenza religiosa familiare si trasferisce al fanciullo;

- la frequenza alle celebrazioni liturgiche;

- l'incontro con alcune persone significative della comunità cristiana, dai cui comportamenti traspare un'immagine di Chiesa: ad esempio, il senso di accoglienza, la disponibilità, il servizio verso gli altri;

- i luoghi di culto dove la comunità cristiana celebra e vive momenti particolari.

È importante evidenziare che, per il nostro itinerario di appartenenza alla Chiesa, non si tratta tanto di parlare della Chiesa al fanciullo, quanto di far percepire e sperimentare la Chiesa. Una Chiesa come luogo umano, in cui si vivono alcune esperienze di fede, che egli condivide progressivamente con gli adulti che gli sono significativi: i genitori, i parenti, gli educatori; una Chiesa come realtà viva, presente e concreta, come grande famiglia interessata alla vita del fanciullo e dove anch'egli può esprimere, in modo creativo, la sua presenza.

La socializzazione a quest'età è il fenomeno che più di ogni altro introduce ad un'esperienza religiosa organizzata, poiché apre al mondo degli adulti. E l'espansione dell'io, dinamismo psichico presente nel fanciullo, è come presupposto potenziale per l'acquisizione del senso di appartenenza e per l'inserimento nella comunità cristiana.

L'esperienza ecclesiale, poi, che di per sé è una realtà relazionale, attraversa tutti gli ambienti di vita e i gruppi di persone con cui il fanciullo ordinariamente entra in relazione: la comunità familiare, il gruppo dei coetanei, i gruppi misti: fanciulli-adulti, la comunità adulta...

Queste agenzie educative assurgono a luoghi di mediazione relazionale del momento ecclesiale, e rappresentano il linguaggio esistenziale attraverso cui si può assicurare ai fanciulli l'autenticità dell'esperienza ecclesiale. 

È indispensabile, allora:

- favorire quelle esperienze significative che permettono gradualmente al fanciullo di appropriarsi dell'esperienza ecclesiale in modo comunitario e personale, senza abbandonare il vissuto umano;

- rendere il fanciullo capace di coinvolgersi in concreti progetti operativi al di là dei propri interessi immediati.

L'educazione dei fanciulli all'appartenenza ecclesiale:

- mira a comunicare ai fanciulli la certezza che non sono mai soli, ma che fanno parte di una grande famiglia interessata al loro cammino e consapevole della loro presenza. In questa famiglia le persone sanno stare insieme e si vogliono bene;

- intende accompagnare i fanciulli ad incontrare in modo vivo la Chiesa attraverso un progressivo allargamento delle loro scoperte: essa è viva nel contesto del gruppo familiare, scolare, amicale e nella comunità più ampia che celebra gesti di perdono, di festa, di gratuità nel nome di Gesù;

- vuole aiutare i fanciulli a vivere la dimensione celebrativa dell'esistenza, a scoprire cioè la preghiera dentro la vita: nella gioia dello stare insieme e dell'amicizia, nelle varie esperienze quotidiane...;

- può aprire i fanciulli ai primi gesti di amore, allo stare insieme, al saper convivere, all'assaporare l'amicizia con un sempre maggior numero di persone. Perché l'amicizia è la prima esperienza di Chiesa costruita e consolidata attorno a Gesù che è l'amico di tutti.

 

AREA DELLA VITA COME VOCAZIONE

Percepire nelle persone e nelle cose la chiamata di Gesù ad imparare a ricevere e a donare.

La meta di quest'area sottolinea l'istanza etica del cammino dietro a Gesù e l'esigenza di far percorrere al fanciullo un itinerario nella dinamica della «chiamata-risposta», che si integra con l'evolversi delle sue esperienze fondamentali di vita.

Sappiamo che l'estensione dell'io corrisponde a un dinamismo psico-sociologico di crescita, che può far maturare gradualmente nel fanciullo la capacità di scoprire di stare «con» e «per» gli altri, la capacità cioè di realizzare lo «scambio» di ricevere e di dare vita.

Il fanciullo, a 6-7 anni, è particolarmente rivolto alla scoperta di ciò che lo circonda: realtà, persone, avvenimenti, situazioni di vita sotto lo stimolo del bisogno di crescere e di emulare gli adulti. Egli è aperto al futuro, è disponibile, è desideroso di conoscere. La scoperta della presenza di Gesù nella sua vita gli infonde senso di sicurezza, di apertura verso gli altri, di coraggio, di fiducia. Per il fanciullo ha un significato stimolante il sapere che anche Gesù ha progredito nello sviluppo delle sue esperienze umane: ha imparato a parlare, ad osservare le cose, ad amare...

Verso gli 8-9 anni, il fanciullo desidera maggiormente stare con gli altri, giocare insieme, condividere, partecipare. È il periodo in cui egli è attento ai valori della reciprocità, alle regole del gioco, al senso di lealtà, allo «scambio» e alla fedeltà vicendevole. La scoperta di Gesù si fa appello, invito alla sua intimità, in una comunione di vita che si apre agli altri, alla comunità.

A 10-11 anni, il fanciullo è particolarmente attivo, disposto ad assumere tra i compagni ruoli sempre più impegnativi a livello di decisioni e di iniziative. È il periodo del bisogno di sentirsi «qualcuno» tramite un'attività concreta, e di assumere le proprie responsabilità che, molte volte, sono animate da spirito di avventura. Gesù appare come l'Amico che fa appello al fanciullo perché cresca nel mondo come persona attiva, e che lo invita ad accorgersi degli altri, a lottare per il bene, ad essere un testimone di bontà, a collaborare con lui per rendere il mondo più abitabile e più bello.

È da tener presente, però, che nel fanciullo l'acquisizione del senso della compartecipazione è ancora embrionale: si esprime in forma di desideri, di aspirazioni, e si manifesta nel gioco, nella vita di gruppo e in alcune espressioni fantastiche, controllabili mediante il disegno, il mimo.

Inoltre, la sua capacità di relazione sociale e cosmica si concretizza nella disponibilità all'impegno, quale risposta al bisogno di «valorizzazione dell'io» come una specie di valutazione positiva di sé che contribuisce a far assumere o non assumere piccole responsabilità. Si tratta della coscienza del proprio valore, che è in stretta dipendenza della stima e dall'apprezzamento che il fanciullo riceve dagli altri, soprattutto dagli adulti per lui significativi.

Queste considerazioni pongono la necessità di interventi fatti in un clima di fiducia, di accoglienza, di rispetto, che permette al fanciullo di scoprire i propri «tesori», da sviluppare e da esercitare nell'impegno di convivenza. Interventi che gli offrano la possibilità di un cammino progressivo che lo guidi a percepire nelle persone, nelle cose, nella globalità della sua esperienza «quotidiana» la chiamata di Gesù e saper ricevere e donare.

Un cammino, perciò, che aiuti il fanciullo a:

- vivere le esperienze quotidiane nella dinamica «chiamata-risposta» ai doni del Padre; come dimostrazione di amicizia a Gesù che lo invita personalmente a condividere l'impegno di dare la vita e la gioia agli uomini; come prova di amore a tutti coloro che gli vogliono bene: genitori, amici, maestri...;

- fare attenzione alle chiamate anche implicite (di solidarietà, di amicizia, di comprensione) che gli provengono dal mondo che lo circonda: le chiamate delle persone della propria famiglia, quelle degli amici, dei compagni di scuola... ma anche quelle che gli giungono attraverso i fatti, le informazioni, la pubblicità, la televisione;

- accogliere la vita come un dono, ma anche come un compito da svolgere con creatività e slancio, per offrire agli altri il meglio di se stesso, nella fedeltà alle piccole cose di ogni giorno.

 

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