Se c'è crisi di vocazioni è anzitutto crisi di coloro che dovrebbero chiamare, della loro sonnolenza vocazionale, come nel caso di Eli. Con una punta paradossale: nella vocazione di Samuele anche Eli viene ri-chiamato dal Signore e messo davanti alle sue responsabilità. Anche questo è chiamata: chiamata all'animatore vocazionale tramite il chiamato.
del 12 luglio 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 
 
          Raccontiamo uno degli episodi più sfruttati dalla pastorale vocazionale: la vocazione di Samuele (cf 1Sam 3). Anzi, la vocazione di Samuele e di Eli. Quasi una chiamata dentro l’altra.
“La parola del Signore era rara e le visioni non frequenti” 
          L’autore sacro ci descrive con queste parole essenziali la situazione, evidentemente non florida dal punto di vista della fedeltà del popolo al suo Signore; per di più il sacerdote, Eli appunto, era anziano e mal ridotto, quasi cieco e impotente, con due figli balordi e scandalosi, e come non bastasse – nell’evento in questione – egli sta dormendo, così come il suo aiutante (che impara da lui). Peggio di così… Per certi aspetti potrebbe essere una situazione simile alla nostra oggi, anche se la parola del Signore almeno in teoria circola tra di noi, e quanto alle visioni ogni tanto se ne sente parlare qua e là. Semmai oggi ciò che è sempre più raro sono proprio le vocazioni, mentre nei Templi-Chiese dei giorni nostri sono sempre più vecchi e senza discendenza i sacerdoti. Proprio come Eli.
          Ecco perché non ha tanto senso dire che oggi siamo arrivati al punto più basso dell’evoluzione spirituale dell’umanità, o a una situazione quale mai si era prima verificata. Sragiona con questo pessimismo e fatalismo solo chi non ha quel senso storico che viene proprio dalla Storia sacra, che già parla di noi e della nostra attualità. Svelandoci che Dio proprio nelle circostanze più drammatiche agisce col suo braccio potente, anche se in modi e tempi solo a lui noti. La rarità o rarefazione vocazionale è sempre anche un grande esercizio di fede, perché non diventi rara anch’essa. Infatti…
“La lampada di Dio non era ancora spenta” 
          Tale lampada veniva accesa la sera, all’ora del sacrificio dell’incenso, affinché ardesse tutta la notte davanti al Signore. È la lampada della speranza, della preghiera continua (persino notturna), della fedeltà, di chi nonostante tutto resta davanti al Signore, di chi si consuma in un servizio generoso, umile e nascosto, magari reso ancor più faticoso proprio dalla povertà di forze legata alla crisi vocazionale, e dunque ancor più gradito a Dio.
          Noi non sapremo mai quante ve ne sono ancora nella Chiesa di queste “lampade di Dio” che continuano ad ardere in questi nostri tempi incerti e turbolenti, in luoghi nascosti e in modo discreto, ma irradiando poi una luce che illumina tutti! Sappiamo per certo che è attraverso queste “lampade viventi” che continua lo scambio tra Dio e l’uomo, grazie ad esse risuona chiara la voce del Chiamante e il chiamato ha la forza di rispondergli. Anche se nessuno lo saprà e nessuno le ringrazierà mai.
          Un animatore vocazionale è questa lampada, ma lo è anche chi vive fedelmente la propria chiamata, o chi prega o offre la sua sofferenza o anche un piccolo sacrificio per le vocazioni. Dietro ad un assenso vocazionale c’è sempre un gioco di squadra; ogni vocazione è sempre un fatto di Chiesa. E, al contrario, senza Chiesa non c’è vocazione, senza vocazione/i non c’è Chiesa!  
“Non ti ho chiamato…, torna a dormire!”  
          Di notte, mentre tutti dormono, il Signore chiama Samuele. Che si tratti della voce divina all’inizio non è subito chiaro, né al chiamato, né a chi dovrebbe fare da tramite in questo dialogo. Per questo Samuele va da Eli, pensando che sia stato lui a chiamarlo. Ne ha una risposta all’apparenza innocua, ma che in realtà è sconcertante sulla bocca del sacerdote: “Non ti ho chiamato…, torna a dormire!”. Purtroppo è vero: Eli non l’aveva chiamato, e proprio questo è il problema: Eli non l’aveva chiamato, e non solo in quel momento, ma non l’aveva mai “chiamato”, il rapporto stabilito con lui non era di tipo vocazionale, Samuele era per lui appena un aiutante, una presenza utile e nulla più. E non solo, ma Eli nemmeno capisce che si tratti della voce del Signore, e non trova niente di meglio che continuare a dormire e invitare Samuele a… fare altrettanto.
          Non possiamo non pensare, di fronte a questa figura di sacerdote, ai tanti sacerdoti che sembrano non avere – ahimé – alcuna passione vocazionale, che non hanno mai chiamato nessuno o che non hanno mai di fatto prestato la loro voce all’Eterno chiamante, e che – di conseguenza – non sanno neppure riconoscere la chiamata del Signore, e indicarla al giovane chiamato. Se c’è crisi di vocazioni è anzitutto crisi di coloro che dovrebbero chiamare, della loro assordante afasia e sconcertante apatia e sonnolenza vocazionale.
“Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” 
          Al terzo appello Eli in qualche modo si riscatta; come anni prima aveva alla fine creduto alle lacrime di Anna, la madre, così ora capisce che è il Signore a chiamare Samuele, il figlio, e gli dà il consiglio giusto, da vero animatore vocazionale: ascoltare il Signore, senz’alcuna invadenza da parte sua. In fondo Eli è persona umile e libera. E svela a Samuele, e a tutti noi, un segreto prezioso: il Signore ci rivolge continuamente la sua parola, non c’è un istante della nostra vita in cui non risuoni una sua parola, che non è mai rara, neanche lo era ai tempi di Eli, semmai è raro trovare un credente in costante ascolto. Com’è vero che la vita parla se c’è un cuore che ascolta, così è per Dio e la sua parola. Se impariamo ad ascoltare, Dio non cessa di chiamarci.
          È così che Samuele conosce il Signore e la sua vocazione. Ed è così che anche Eli viene risvegliato dal suo torpore, duramente rimproverato e ri-chiamato dal Signore e messo davanti alle sue responsabilità. Anche questo è chiamata. Ed è singolare che giunga a Eli, il sacerdote, attraverso Samuele, il giovane scelto e chiamato da Dio; all’anziano tramite il giovane; all’animatore vocazionale tramite il chiamato. La vocazione è sempre un fatto relazionale-comunitario-ecclesiale.
Amedeo Cencini
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