Gian Piero Steccato, “Capitan Uncino” ha scritto una lettera aperta sul “Caso Eluana” all'On. Eugenia Maria Roccella, sottosegretario di Stato al lavoro, alla salute e alle politiche sociali. Ecco il testo. Infine, commenta Steccato, ci sono riusciti: la Cassazione ha dato ragione al papà di Eluana che adesso può farla morire.
del 21 novembre 2008
Ho 59 anni e sono affetto da Locked-in Syndrome. Sono rimasto molto colpito dalla decisione di sospendere la nutrizione a Eluana Englaro. Mi sono venuti i brividi quando ho ascoltato la motivazione di questa presa di posizione. Eluana, in salute, aveva ripetutamente detto che avrebbe voluto vivere la sua vita a pieno, altrimenti avrebbe preferito morire. Ma è facile esprimersi così, a vent’anni si è nel pieno delle proprie forze e si crede di essere invincibili. Anch’io quando ero in salute ho ripetuto più volte questa frase, ma quando mi sono trovato “in trappola” e non riuscivo a comunicare, avrei voluto gridare “Fatemi vivere!”.
Questo per dire come possono cambiare le cose; quante volte ho sentito genitori dire: “Se mio figlio beve o si droga lo butto fuori casa!”. Per fortuna le cose non vanno così, ci sono milioni di genitori che fanno di tutto per aiutare i figli in queste situazioni e vivono ancora nelle loro famiglie.Quante madri, mogli, famiglie vivono quotidianamente con le disabilità dei loro cari con sacrificio e tanto rispetto e amore?Direi che queste prese di posizione che tendono all’eutanasia non portano rispetto alle “carcasse umane” prodotte dalle gravi disabilità che non possono dire la loro, e a coloro che si prodigano con progetti ed attività (vedi “Casa dei Risvegli”) ad aiutare i pazienti e le loro famiglie.
Mi sento anche di affermare che la società odierna, pronta a scoprire la luna o l’impossibile, è la società del “bello”, del “superfluo” e non dell’utile e del rispetto. Dico questo anche in merito alla trasmissione “Porta a Porta” del 13 novembre dove ho sentito le sue parole, onorevole Roccella, ed ho apprezzato e condiviso i suoi messaggi, ma di nuovo rabbrividendo alle affermazioni in trasmissione. Mi sono reso conto che per Eluana non c’è via di scampo. Lei ha avuto la colpa di dire venti anni fa “a gamba sana” (e senza testimoni o scritti), “se non vivo a pieno lasciatemi morire …”.Non credo neanche che il “Testamento biologico” possa essere una soluzione ottimale: che valore avrebbe decidere “ora per allora”? Quando si apre un testamento, prima che venga beneficiato il patrimonio, si guardano mille cavilli e poi si fanno le divisioni, trattandosi di soldi o beni tramutabili in euro.
La vita dell’uomo vale meno: nessuna divisione, si sospende la nutrizione e il padre (che rispetto per il suo dolore), i gruppi fanatici, i giudici, non hanno dubbi. Questo mi spaventa e mi fa pensare: io che nella grande sfortuna chiedo di vivere, fino a quando riuscirò a farlo?Fino a che è viva mia moglie che mi vuole ancora bene e mi accudisce senza mai lamentarsi? Se si prova disprezzo nel vedere il filmato di un paziente in coma (in trasmissione hanno chiesto chiarimenti sul consenso della persona non in grado alla decisione) fin quando potrò uscire con la mia carrozzina e godermi il sole, i rumori e l’affetto degli amici e i buffetti dei passanti?Sono una persona cresciuta nell’onestà e nel rispetto delle persone e voglio poter uscire come tutti, non devo scontare nessuna pena e non mi vergogno della mia disabilità.
Carissima onorevole, mi rivolgo alla sua autorevole persona affinché possa aiutarmi a vivere, in questa società che predilige il “bello” e il “comodo” e che non rispetta i valori della vita.Vorrei che i casi come il mio venissero alla luce, che il popolo italiano accogliesse i disabili nella vita di tutti i giorni, in strada, a teatro, nelle feste, nella televisione, perché anche noi abbiamo bisogno di emozioni, della gente, della normalità.
 
Fonte: Libertà
 
Gian Piero Steccato
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