E non è solo la gioia di un Bambino che nasce, ma di un Bambino che nasce in mezzo al buio, al freddo, a poca distanza dai coltelli di Erode. Così è la trama del nostro viaggio, essere testimoni di un lieto fine...
del 28 dicembre 2018
E non è solo la gioia di un Bambino che nasce, ma di un Bambino che nasce in mezzo al buio, al freddo, a poca distanza dai coltelli di Erode. Così è la trama del nostro viaggio, essere testimoni di un lieto fine...
“O è Natale tutti i giorni, o non è Natale mai” cantava la coppia Carboni-Jovanotti qualche anno fa. E può voler dire tutto o niente. Può voler dire, in fondo, che il cristiano dovrebbe essere realista e guardare ogni evento di ogni giorno dell’anno alla luce dell’Incarnazione (e poi della Passione e Resurrezione).
Nei giorni di Natale viene più facile abbozzare questo sguardo, non fosse altro perché capita di ascoltare le notizie mentre si prepara il presepe, o si chiudono i pacchi, o si cucinano i tortellini (la sottoscritta è romagnola, NdR). Ne deriva che i fatti positivi diventano miracoli di Natale e dai fatti tragici promana un stridore ancora più forte. Anche chi non si ricorda più che cos’è che si festeggia davvero il 25 dicembre, se ne esce dicendo che certe brutte cose “non dovrebbero succedere a Natale”.
Ebbene, sono successe. Saranno successe nel piccolo mondo che è ogni famiglia e in pochi ci badano, sono successe su scala così grande da fare oltre 400 vittime: la giornata della Vigilia è stata funestata dalla notizia dello tsunami in Indonesia. Le immagini di devastazione, morte, di una forza malvagia che smuove letteralmente mari e monti schiacciando l’umano come fosse una presenza infinitesimale, male si accordavano a noi impegnati a rispondere con emoticon carine ai messaggi di auguri su Whatsapp.
I giornalisti, oltre a documentare la tragedia, ci hanno provato a tirar fuori un’unghia di luce dall’ immensa caterva di macerie e cadaveri. Si trova qualcosa:
Un bimbo di 5 anni, Ali, è stato salvato dopo essere rimasto per 12 ore nell’auto intrappolata sotto gli alberi caduti. (da Repubblica)
Ecco il retropensiero del Natale, che a Natale diventa presenza più evidente. C’è un riparo per l’uomo dentro le miserie del mondo?In fondo, la grotta di Betlemme conteneva già la risposta 2000 anni fa: anche il Dio Bambino ha trovato solo un riparo di fortuna, ma non è stato schiacciato dal buio e dall’indifferenza generale. Si è fatto compagno di miseria fin da neonato.
Forse le redazioni dei quotidiani e dei telegiornali avevano già preparato i classici pezzi natalizi, quelli su come si riciclano i regali e sui piatti della tradizione da Nord a Sud, e invece hanno dovuto mettere l’irruenza della realtà al posto dei luoghi comuni. Fin dalla Vigilia l’Etna si è messo a eruttare e nella notte di Natale un potente terremoto di magnitudo 4.8 ha colpito Catania e le zone limitrofe. Per fortuna non ci sarebbero vittime, ma il panorama che ci restituiscono le immagini dei vigili del fuoco è terribile. Crollata anche la statua di Sant’Emidio, protettore della città dai terremoti: un’immagine potente, come se la Natura volesse sbriciolare anche la fede dell’uomo e non solo le sue case.
Anche qui si scava tra le macerie, si piange per i feriti, ci si adopera per i320 sfollati e si trovano altre piccole unghie di bene:
E un commerciante sgomento per avere perso tutto con moglie e due figli: «Siamo vivi per miracolo. Eravamo a letto, svegliati di soprassalto mentre le pareti ci crollavano addosso». E la moglie: «Protetti da un armadio che siamo riusciti a trattenere con le mani scappando prima che s’abbattesse sul materasso» (da Corriere)
Rimuginavo sui piccoli ripari in mezzo alle grandi tragedie. I sospiri dei lettori si fanno un po’ meno grevi trovando qualche segno di speranza in mezzo al male. Anche chi non crede nella verità cristiana è in qualche modo attratto dai segni che parlano del modo in cui il bene sempre agisce nel mondo, partendo dal piccolo. Costruisce o si mette a ricostruire con piccoli frammenti o da luoghi quasi dimenticati.
Le forze naturali hanno una potenza devastante, producono sconvolgimenti su scala enorme. In confronto l’uomo è un organismo pressoché invisibile, e si potrebbe aggiungere ininfluente. Invece la nostra stirpe può essere il braccio operoso del miracolo di Dio, siamo una presenza che cambia il volto altero della Natura portando semi di affetto che, piantati sono appena invisibili, ma poi fecondano la terra nel tempo.
Un bambino che nasce in una zona sperduta di Galilea potrebbe essere quasi risibile come notizia, risibile quanto la ginestra di Leopardi che – testardamente – fiorisce sulle pendici del vulcano sterminatore. L’Incarnazione è anche un’indicazione concreta e quotidiana di come seminare nel deserto.
Con lo straordinario tempismo che solo la realtà ha, mi è caduto l’occhio su un evento accaduto all’indomani del Natale, mentre pensavo ai piccoli segni di vita dentro l’inferno di tsunami e terremoti. Proprio il 25 dicembre è nato un bambino; ne saranno nati tantissimi a onor del vero. Ma il neonato a cui mi riferisco è venuto alla luce in circostanze meno normali del solito:
Era giunta alla 37.ma settimana di gravidanza nonostante un tumore di 15 chili. La paziente, di 37 anni, è stata operata dall’équipe del reparto di gravidanza a rischio dell’azienda ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno: i medici hanno prima fatto nascere il bambino e poi asportato la massa. (da Ansa)
La gravidanza è arrivata quasi a termine, il bimbo è di peso perfetto, poco più di 3 chili … ma fa impressione pensare accanto a lui quella massa tumorale di cinque volte più grande. Dentro il grembo quel pargoletto era schiacciato da un grosso macigno invadente. Quante volte l’ombra della morte pare surclassare di molto la luce della vita.
A quest’immagine di nascita a stretto contatto con la malattia c’è poco da aggiungere, se non che è la stessa buona notizia vista prima dai pastori e via via giunta fino a noi. E non è solo la gioia di un Bambino che nasce, ma di un Bambino che nasce in mezzo al buio, al freddo, a poca distanza dai coltelli di Erode.
Così è la trama del nostro viaggio, essere testimoni di un lieto fine sussurrato sotto il boato dei terremoti.
Annalisa Teggi
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