Erba: Olindo e Rosa la banalità del male

Sono sembrati a modo loro gesti d'amore, di altruismo, un modo per salvare l'altro e per dire ancora una volta che il confine tra il bene e il male è una linea sottile, ancora una volta siamo costretti ad ammettere che il bene e il male convivono, e fare ciò che è bene, che è buono è una scelta.

Erba: Olindo e Rosa la banalità del male

da Attualità

del 09 febbraio 2008

Olindo dal carcere scrive a Rosa, la chiama “vita mia”, “la mia Rosa, agnello fra i lupi” scrive parole dolci, amorevoli, che sembrano non conciliarsi con la brutalità dei gesti compiuti

 

La strage di Erba come oramai è consuetudine, attira un pubblico di curiosi e morbosi nullafacenti, disposto a fare la fila dalle 5 del mattino per occupare in aula uno dei 30 posti a disposizione del pubblico.

 

Le tv si “fiondano” sulla storia, avviano il solito show.

Matrix e Porta a Porta potrebbero fare un programma a reti unificate, tanto l’argomento è lo stesso.

 

Su internet si fanno sondaggi: “Rosa Bazzi e inferma di mente si o no?” Come se certe cose si potessero decidere a maggioranza.

 

Lo diciamo ogni volta, le vite degli altri, le brutture piacciono, intrigano, forse perché somigliano alle nostre.

E’ lo stesso motivo per cui ci sono persone che dallo spioncino della porta di casa loro, osservano l’andirivieni di gente sul pianerottolo e ne registrano ogni movimento.

 

A Erba una lite di condominio esasperata, che si trascinava da tempo è finita in tragedia.

Raffaella Castagna, una delle vittime, querelò i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi per averla insultata, strattonata e minacciata, per questo, aveva chiesto 5mila euro di risarcimento.

 

Loro detestavano quella giovane famiglia, la loro intimità, i loro movimenti, i loro schiamazzi e forse anche la loro diversità, quella coppia mista, chissà, forse sembrava un motivo di “disordine”.

 

Le televisioni trasmettono Olindo e Rosa, chiusi nella gabbia del tribunale, si stringono le mani, lei prima ha gli occhi bassi poi lo guarda, non smette di prendersene cura.

 

Lui ha lo sguardo spento, vuoto, sembra guardare altrove, come se ci fosse vita solo negli occhi di Rosa e da nessun'altra parte.

Uno sguardo che sembra non essersi mai posato su qualcosa di sorprendentemente bello, come se mai avesse guardato fuori dalla loro relazione, dalla loro vita, fuori dalla loro casa.

 

I suoi occhi sembrano vedere solo lei, le cinge le braccia, confabulano, sorridono, sembrano due adolescenti incuranti del mondo.

 

Si ha l’impressione che in quella gabbia si sentano protetti, come tra le pareti della loro casa, con le le loro abitudini maniacali, diventate più importanti di tutto, da difendere, sino ad uccidere chi le minacciava.

 

Rosa e Olindo inizialmente hanno confessato, hanno ucciso 4 persone.

Le loro confessioni trasmesse dalla TV sono banalmente agghiaccianti. Non c’era disperazione nelle loro voci, né la consapevolezza di avere fatto qualcosa di disumano. Non c’è pietà, nemmeno nel descrivere la morte del bimbo, raccontano che era scappato dalle braccia della nonna e si era rifugiato sul divano.

La loro voce è tranquilla, come quella di chi racconta l’inevitabile, come se, una situazione come quella che stavano vivendo non potesse che finire così.

 

Rosa parla dei suoi mal di testa insopportabili, li scatenavano i rumori che facevano i vicini, il bambino, la madre, per lei si trattava di dispetti, lo facevano apposta, proprio per farla stare male, per destarla dal sonno e lasciarla sveglia mentre loro, i vicini rumorosi se ne tornavano a dormire.

 

Olindo ammette che la situazione, si, gli è sfuggita di mano, i coniugi Frigerio, i vicini accorsi in soccorso, non erano nel conto, non dovevano trovarsi in quel posto. Per il resto tutto come previsto, loro si capiscono senza parlarsi, non c’è stato bisogno di dividersi i compiti.

 

Ora si dichiarano innocenti, vittime di un complotto.

Non sono un avvocato, ma mi chiedo se farli viaggiare verso il tribunale insieme, se farli incontrare nella stessa gabbia sia una cosa giusta per chi deve concordare una nuova versione.

 

Olindo dal carcere scrive a Rosa, la chiama “vita mia”, “la mia Rosa, agnello fra i lupi” scrive parole dolci, amorevoli, che sembrano non conciliarsi con la brutalità dei gesti compiuti, o forse spiegano come un rapporto così esclusivo, morboso, possa diventare tanto insano e malato da giustificare qualsiasi cosa, come l’amore si possa trasformare in una fabbrica di odio, dove nessuno è capace di indicare all’altro la strada giusta.

 

Prima di ritrattare, Rosa ha detto al magistrato che la interrogava, che Olindo ha bisogno di lei, non può vivere senza di lei.

Anche Olindo ha tentato di addossarsi tutta la colpa della strage, dicendo che Rosa non sapeva, se ne stava in cucina forse a lavare i piatti.

 

Sono sembrati a modo loro gesti d’amore, di altruismo, un modo per salvare l’altro e per dire ancora una volta che il confine tra il bene e il male è una linea sottile, ancora una volta siamo costretti ad ammettere che il bene e il male convivono, e fare ciò che è bene, che è buono è una scelta.

 

Abbiamo bisogno tutti, di chi ci tiene alto lo sguardo, di chi ci aiuta a capire cosa davvero è importante, dove sia il confine, l'uomo è capace in piena libertà di gesti di amore smisurato o con la stessa libertà di gesti di brutalità altrettanto senza limite.

 

Direbbe Hannah Arendt che anche questa volta, Olindo e Rosa, sono la dimostrazione di come sia terribilmente facile cogliere 'La banalità del male'.

Nerella Buggio

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