Troppo spesso, di fronte a situazioni complesse, siamo convinti di avere soluzioni facili (quanto crudeli per gli altri). Ecco un consiglio da mettere in pratica...
del 31 luglio 2017
Troppo spesso, di fronte a situazioni complesse, siamo convinti di avere soluzioni facili (quanto crudeli per gli altri). Ecco un consiglio da mettere in pratica...
Nella classifica dei vizi dell’estate 2017, si fa strada verso il vertice una abitudine diffusa, la cosiddetta “soluzione nel taschino”. Io ne registro esempi con frequenza sempre maggiore. In ogni fila in banca o al gelataio, in qualsiasi locale deputato ad aspettare, si palesa presto un capopopolo pronto a spiegare ai presenti la banalità del nodo che li trattiene.
Sala d’attesa del medico. Un cinquantenne coperto di sudore agita in aria la sua cartellina delle analisi, e sbotta: «Basterebbe togliere il numero chiuso a medicina, e avremmo più dottori. Risolveremmo la questione delle file».
Metropolitana. Un africano, sorpreso senza il biglietto, deve abbandonare il vagone. Una signora osserva la scena e commenta: «Se glieli facessimo scavare a loro i tunnel della linea 5, con le mani, poi vedi che non arrivano più barconi. Finito il problema dell’immigrazione».
La diffusa convinzione di avere sempre una soluzione (teorica, inapplicabile, crudele) a portata di mano, è una tentazione diffusa quanto pericolosa, perché produce rancore e immobilismo in parti uguali, il peggior veleno con cui nutrire il futuro. Siamo sicuri che basti sempre il buon senso della massaia per risolvere una crisi monetaria internazionale? Abbiamo l’umiltà di ricordare che la realtà è più complessa dei nostri sguardi risentiti e parziali?
Esercizio per lo spirito da fare sotto all’ombrellone: comprare un giornale. Aprirlo senza rancore. Scegliere una notizia, leggere e non commentare, ricordare che probabilmente quella storia ha più retroscena di quanto possiamo percepire in dieci righe. Darsi tempo per approfondire, mordersi la lingua se viene la tentazione di spiegare come ci si doveva comportare; semmai, pregare per i protagonisti.
Chiudere il quotidiano. Salutare il vicino di sdraio che non trovava parcheggio e sostiene che il problema sta tutto nella solita idiozia di noi italiani. Ricordargli che fa media con l’intelligenza dei connazionali. Sorridere, se non sembra capire. Se si alza, scappare.
Emanuele Fant
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