Essere cristiani nella politica

'Essere cristiano' consiste prima di tutto, prima ancora del culto, della pratica religiosa, nell'uniformare il nostro modo di pensare con quello di Cristo. Prima che nell'affetto si deve avere un'identificazione nella mente. Solo quando il cristiano fa propria l'impostazione della vita che Cristo ha presentato nelle sue varie sfaccettature: individuale, sociale, familiare, politica, solo allora quell'individuo può dirsi 'cristiano', seguace di Cristo.

Essere cristiani nella politica

da Quaderni Cannibali

del 25 aprile 2008

Sono andato a votare consapevole dell'importanza del voto, ma senza aspettare dalla politica quello che la politica non può dare.

 

Gli ideali che guidano la vita delle persone nascono dalle fede e dalla riflessione culturale; la politica, soprattutto con l'attuale sistema elettorale, serve a portare al governo chi, appunto, garantisce maggiore libertà alla Chiesa e all'apostolato culturale che nasce dalla fede. In pratica chi probabilmente farà meno danni. Senza tante illusioni.

 

Dopo le tante chiacchiere della campagna elettorale è opportuno fare qualche riflessione riguardante in particolare il nostro mondo cattolico. Alcuni politici e anche partiti hanno fatto a gara a fregiarsi del titolo di cristiano. Anzi per qualificarsi meglio qualcuno si è definito 'cattolico adulto'. Ma che cosa significa essere cristiani, sul sito internet Segni dei Tempi , del 9 aprile si faceva riferimento a Hans Kung , noto teologo, certamente non accusabile di completa ortodossia, il quale qualche anno fa esponeva 20 tesi per definire che cosa significa essere cristiani.

 

'Cristiano è solo chi cerca di vivere la propria umanità, socialità e religiosità a partire da Cristo. Chiaro e tondo: cristiano non è quindi semplicemente chi cerca di vivere in modo umano o anche sociale e magari religioso'. Inoltre il teologo svizzero affermava che 'Essere cristiano significa vivere, agire, soffrire e morire in modo veramente umano nel mondo di oggi alla sequela di Gesù Cristo'. Dunque 'L'elemento distintivo dell'agire cristiano è la sequela di Cristo'.

 

Cristo è il punto di riferimento assoluto. Ma: non Cristo come 'ornamento' , come 'distintivo' del quale ci si fa belli, ma come 'sequela' , 'imitazione' . In questo caso la riflessione del teologo coincide con il pensiero di S. Paolo: 'Hoc enim sentite in vobis quod et in Cristo Iesu - Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù' (Fil., II, 5).

 

'Essere cristiano' consiste prima di tutto, prima ancora del culto, della pratica religiosa, nell'uniformare il nostro modo di pensare con quello di Cristo. Prima che nell'affetto si deve avere un'identificazione nella mente. Solo quando il cristiano fa propria l'impostazione della vita che Cristo ha presentato nelle sue varie sfaccettature: individuale, sociale, familiare, politica, solo allora quell'individuo può dirsi 'cristiano', seguace di Cristo.

 

Per cui tutti quei politici che per trasferire voti nel proprio schieramento hanno fatto professione di 'essere cristiani' ma poi in concreto impostano la loro vita al di fuori dei canoni proposti da Cristo; oppure tutti quei presunti cristiani che praticano un pericolosa dicotomia: credente nel privato, agnostico nel politico, dando il proprio voto a schieramenti che propongono un programma agli antipodi di quello presentato da Cristo, costoro NON SONO CRISTIANI e, per onestà, non hanno il diritto di dichiararsi cristiani. Questa è una grande bugia, sintomo di una radicata disonestà.

 

Inoltre altra prerogativa indispensabile per essere cristiani è quello di ascoltare la Chiesa. Questo è ovvio. Formando Cristo e la Chiesa un'unica realtà, non si può stare con Cristo e dissentire dalla Chiesa. Quando la Chiesa magisteriale parla, non propone una sua visione privata o soggettiva su come impostare l'umana esistenza ma non fa altro che ricordare ai fedeli la dottrina di Cristo che lei non può mutare o 'aggiustare' secondo i tempi, o gli umori della gente, o in rapporto all'indice di gradimento. Sua missione è quella di custodire il messaggio del Fondatore e trasmetterlo integralmente, senza adulterazioni. Se lo facesse sarebbe un tradire Cristo, se stessa e l'umanità.

 

Oggi la Chiesa propone i principi non negoziabili : tutela della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del concepimento fino alla morte naturale; riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, quale unione fra un uomo e una donna basata sul matrimonio, e sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione; tutela del diritto dei genitori di educare i figli.

 

'Questi principi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l'umanità. L'azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale , ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dallo loro affiliazione religiosa' (Benedetto XVI, Discorso ai Partecipanti al Convegno promosso dal Partito Popolare Europeo, 30 marzo 2006).

 

Queste ultime parole evidenziano un fatto molto importante. Quei presunti cristiani che credendosi 'cristiani adulti' si discostano da questi principi irrinunciabili e non negoziabili, non solo non sono cristiani ma neppure degni di essere chiamati 'uomini' in quanto fanno scelte culturali che non contraddicono tanto ai principi di una determinata visione religiosa della vita, ma si oppongono ai costitutivi dell'uomo in quanto tale.

 

A questo riguardo Benedetto XVI si è espresso con la sua solita chiarezza: 'Fra Cristo e la Chiesa non c'è alcuna contrapposizione: sono inseparabili, nonostante i peccati degli uomini che compongono la Chiesa. E' pertanto del tutto inconciliabile con l'intenzione di Cristo uno slogan di moda: 'Cristo sì, Chiesa no'. Questo Gesù individualistico scelto è un Gesù di fantasia. Non possiamo avere Gesù senza la realtà che Egli ha creato e nella quale si comunica. Tra il Figlio di Dio fatto carne e la sua Chiesa v'è una profonda, inscindibile e misteriosa continuità' (Udienza Generale, mercoledì 15 marzo 2006).

Domenico Bonvegna

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