Dieci giorni fa, forze militari governative avevano fatto irruzione in un centro d'istruzione e avevano prelevato religiosi e laici, caricandoli su furgoncini e conducendoli in luoghi sconosciuti.
Dieci giorni dopo essere stati caricati su furgoncini delle forze di sicurezza e condotti in luoghi non identificati, sono stati liberati i salesiani arrestati lo scorso 5 novembre in Etiopia. Si tratta di 17 tra religiosi e impiegati - tutti di origine tigrina - di un centro per l’istruzione nella zona di Gottera, ad Addis Abeba, prelevati da forze militari governative nello stesso centro. Sono tornati a casa, insieme con un operatore umanitario italiano, anch'egli arrestato nella stessa data, dopo essere stati a lungo interrogati, come riferiscono fonti in Etiopia che parlano anche di momenti di tensione. La situazione resta infatti delicata.
Al centro degli interrogatori sembra esserci stata la questione degli aspetti finanziari della scuola, come se il motivo principale del fermo da parte dei militari fosse legato ad un interesse economico. La notizia dell'arresto di sacerdoti, diaconi e laici etiopi ed eritrei che vivevano nella casa provinciale dei Salesiani (attivi nel Paese dal 1976) aveva lasciato "sgomento" don Mussie Zerai, presidente dell'agenzia Habeshia, che affermava: “Non riusciamo ancora a comprendere quali siano i motivi alla base di un atto così grave: perché arrestare sacerdoti che svolgono la loro missione di educazione, peraltro in un centro impegnato da sempre a fare del bene, molto frequentato da anni da tantissimi bambini, dove si fa recupero dei bambini di strada? Hanno arrestato il provinciale, sacerdoti, diaconi personale di cucina, sappiamo di incursioni e perquisizioni in altre case religiose. Ma è chiaro a tutti che le chiese, le case di religiosi, non sono centri di politica".
Il quadro in cui è avvenuto l’arresto è quello di un Paese segnato da una guerra civile che in un anno ha provocato migliaia di morti e più di 2 e mezzo milioni di sfollati. Guerra ingaggiata con alterne fortune dai miliziani di etnia tigrina, perciò le forze di sicurezza, attraverso fermi e arresti, controllano chiunque possa sostenere finanziariamente le forze tigré. Per l’Etiopia aveva lanciato un appello il Papa che nell’Angelus del 7 novembre invocava per il Paese “la concordia fraterna e la via pacifica del dialogo”.
di Salvatore Cernuzio
tratto da vaticannews.va
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