Famiglia

Diverse le dimensioni di queste famiglie, diversi i confini, diversi i ritmi di vita ed il potere decisionale tra marito e moglie e il rapporto con le famiglie d'origine, tendenzialmente più paritetico nella seconda

Famiglia

da Quaderni Cannibali

del 06 novembre 2009

 

 

Sabini: «La cura particolare delle giovani coppie»

di Antonella Mariani

tratto da Avvenire

 

 

 

Parola d’ordine: prendersi cura. Di che cosa, è presto detto: dei legami familiari. È forse troppo azzardare una tale sintesi – due parole appena – però la chiave per uscire dalla crisi della famiglia, che investe anche la sua responsabilità educativa, in fondo sta tutta qui: dare valore alle relazioni, appassionarsi agli affetti familiari, costruire attorno a essi progetti forti, resistenti, che diano il senso di un patrimonio morale e di valori che passa di generazione in generazione.

 

La crisi della famiglia deve trovare nella famiglia stessa la sua “cura”, sembra dire il capitolo dedicato a questo tema dal Rapporto-proposta elaborato dal Comitato per il Progetto culturale della Cei. Certo, «per ri–esprimere il desiderio di famiglia che è ancora così vivo nella nostra cultura», come specifica il Rapporto, sono necessarie alcune condizioni. Servono «politiche familiari serie che sostengano sussidiariamente la famiglia», misure di sostegno al legame coniugale, «in modo che (la coppia) non si arrenda facilmente alle difficoltà che incontra sul suo cammino»; occorre ripristinare una solidarietà tra adulti che renda tutti – i vicini di casa, gli amici, i conoscenti – partecipi dei compiti educativi dei genitori; è necessario cogliere le opportunità offerte dall’associazionismo familiare e da tutte le forme, anche non istituzionalizzate, di legami di fiducia, solidarietà e cooperazione tra famiglie.

 

La posta in gioco, del resto, è epocale. Perché l’emergenza educativa sulla quale la Cei si sta interrogando interpella per prima la famiglia, le chiede di «far emergere il nocciolo duro del suo compito: generare, dar vita, non solo biologica, ma compiutamente umana a un nuovo essere, a una nuova generazione». Il Rapporto-proposta non nasconde le difficoltà: la giovane coppia è impegnata in una difficile conciliazione tra famiglia e lavoro, tra figli e genitori anziani da accudire, bombardata da una cultura dell’effimero che esalta le passioni e snobba il 'per sempre'. Se non si hanno nervi saldi e molta volontà, la crisi è dietro l’angolo. La prima “ricetta” per ridare forza alla famiglia, allora, è sostenere il legame coniugale.

 

Ma chi lo deve fare? «Be’, basta guardarsi intorno – interviene Eugenia Scabini, direttore del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano –. Partiamo dal fidanzamento: gli unici che fanno qualcosa per rendere più consapevoli le coppie della prospettiva di vita che hanno scelto sono i corsi promossi per chi si sposa in chiesa. Solo raramente i Comuni si sono affiancati, laddove hanno capito che il tema della stabilità della coppia riguarda l’intera società.

 

Esistono poi in tutta Italia vari corsi e programmi di “arricchimento dei legami familiari”, ma certo dovrebbero essere resi più disponibili». Oltretutto, spiega Scabini, «gli studiosi di scienze sociali e gli economisti hanno ormai accertato che attivare programmi di affiancamento della genitorialità ha un costo, ma i vantaggi sociali di una maggiore stabilità familiare sono enormemente maggiori». Insomma, sulla “salute” della famiglia giovane, quella che deve crescere i figli, si gioca la partita della società. «Sì – conferma la Scabini –, perché la famiglia resta il luogo insostituibile in cui si apprendono le abilità non solo cognitive, ma anche relazionali e sociali. E dunque la possibilità di diventare cittadini responsabili e affidabili».

 

 

Famiglia

 

 

Estratto da “La sfida educativa”

Rapporto-proposta sull’educazione

a cura del Comitato per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana

 

 

Oggi la famiglia è in crisi: c’è un consenso generalizzato su questa affermazione. Ma occorre riflettere in che senso questa crisi è un fenomeno nuovo e specifico della modernità e post-modernità e in che senso tocca nel profondo il tema educativo. Per prima cosa possiamo chiederci: è un fenomeno nuovo rispetto a che cosa?

 

Non certo rispetto ad una rappresentazione di famiglia monolitica e senza crepe. La famiglia stabile nella sua immobilità, senza tensioni, è un sogno. Nello scorrere della storia la famiglia ha avuto varie trasformazioni, ha conosciuto differenti forme e molteplici sono state le tensioni che l’hanno percorsa. Anche solo guardando al nostro contesto, nel secolo scorso nel nostro Paese troviamo la famiglia allargata, diffusa nelle campagne, e la più nucleare famiglia proletaria o borghese delle città industrializzate.

 

Diverse le dimensioni di queste famiglie (più figli nella prima), diversi i confini (nella prima erano compresenti membri delle famiglie d’origine e più in generale della parentela, mentre nella seconda più chiaro e differenziato era il rapporto tra la giovane famiglia e quella d’origine), diversi i ritmi di vita ed il potere decisionale tra marito e moglie e il rapporto con le famiglie d’origine, tendenzialmente più paritetico nella seconda.

 

Anche i modelli di riferimento, pur all’interno di una società più omogenea di quella attuale, facevano registrare non poche diversità. E non è difficile pensare alle varie risorse di cui potevano disporre queste famiglie, ma anche alle diverse tensioni e ai malesseri che le attraversavano: la prima poteva contare su più facili solidarietà del contesto allargato, ma ne subiva anche le numerose interferenze e controlli; la seconda sperimentava più isolamento, ma godeva di maggiori spazi di libertà di decisione. La famiglia non è mai stata immobile e priva di difficoltà e di conflitti.

 

 

 

 

 

CPC, Conferenza Episcopale Italiana

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