Per tanto tempo, la Chiesa è stata alma mater della scienza; da Galileo in poi si è registrato un grave ritardo, ma nel contrapporre scienza e fede c'è stata una forzatura, sottolineando le distanze e non le sinergie. Uno scienziato può interpretare la realtà esclusivamente attraverso il dato naturale, relegando l'uomo in un ruolo marginale oppure può...
del 27 gennaio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
​          Peter Higgs, che ha 'inventato' l’inafferrabile bosone, non sopporta che lo chiamino 'la particella di Dio', eppure all’interno del Lhc, il grande acceleratore del Cern che sta dando la caccia alla particella più sfuggente dell’universo, molto parla del Creatore. A maggior ragione da quando il centro europeo di ricerca nucleare è diventato la méta di uomini di chiesa. Una visita privata, quella organizzata ieri dal fisico italiano Ugo Amaldi, destinata ad aprire un dialogo tra due mondi che, a centinaia di anni dal processo a Galileo e malgrado gli sforzi di revisione storica, ancora si guardano con sospetto. ​          «Per tanto tempo, la Chiesa è stata alma mater della scienza – raccontava il cardinale Camillo Ruini uscendo dal tunnel sotterraneo del Large Hadron Collider –; da Galileo in poi si è registrato un grave ritardo, ma nel contrapporre scienza e fede c’è stata una forzatura, sottolineando le distanze e non le sinergie». Se si considera che il sincrotrone di 27 chilometri realizzato da venti Paesi per scoprire l’origine della materia e confermare o smentire il Modello Standard su cui si regge la fisica delle particelle, costituisce l’opera scientifica più grande del mondo, la visita del Comitato per il progetto culturale della Cei, accompagnato dal rappresentante della Santa Sede presso l’Onu, monsignor Silvano Tomasi, rappresenta un passo 'esplorativo' di una certa importanza. ​          E suggestivo: «In questi grandi laboratori – ha commentato monsignor Ignazio Sanna, teologo e arcivescovo di Oristano – si sente la ricerca di un contatto primordiale con il Creatore che portò alla costruzione delle grandi cattedrali cattoliche. L’esperienza di tanti giovani di tante nazionalità che lavorano insieme è un grande esempio di pace». E commovente: «Vedere di cosa sia capace l’uomo – ha ammesso il cardinale Angelo Scola – è un clamoroso segno di speranza». E incoraggiante: «I giovani che lavorano con Fabiola Gianotti sul bosone di Higgs – ha proseguito l’arcivescovo di Milano – hanno una media di 28 anni e questo ci dice che i ragazzi hanno ancora il senso del rischio legato alla passione per il sapere. Dobbiamo incontrarli dove vivono i loro interessi».
          Una giornata a cento metri di profondità, tra macchine costruite per riprodurre il vuoto lunare e il freddo cosmico, apparecchi che creano il 'fluido perfetto' e rilevatori in grado di scattare ad ogni secondo milioni di fotografie alle particelle elementari. Ruini e Scola, Tomasi e Sanna, il paleoantropologo monsignor Fiorenzo Facchini e il demografo Gian Carlo Blangiardo, i filosofi morali Francesco Botturi e Paola Ricci Sindoni, la preside di Psicologia della Cattolica Eugenia Scabini, il giurista Francesco D’Agostino, il filosofo Sergio Belardinelli e il direttore di Tvsat 2000 Dino Boffo si sono confrontati con la culla del naturalismo, interrogandone la struttura ancipite. ​          A guidarli Amaldi, anch’egli membro del comitato, uno dei più noti fisici italiani, già coordinatore di un esperimento del Lep e da un ventennio impegnato con la fondazione per adroterapia oncologica Tera, a trasferire il know how del Cern nella lotta contro i tumori (l’ultimo nato è il centro Idra pediatrico): «Uno scienziato – ha spiegato – può interpretare la realtà esclusivamente attraverso il dato naturale, relegando l’uomo in un ruolo marginale, oppure può credere che esista un Creatore che mantiene nell’essere la natura com’è, creata e libera di evolversi, affinché vi si sviluppino forme di intelligenza sempre più complesse, fino alla condizione umana che è abitata dal libero arbitrio e dall’anima. ​          Questa visione non è in contrasto con il metodo scientifico: purtroppo la nostra società è imbevuta di questo naturalismo che afferma che tutto è solo natura, mentre il naturalismo aperto al trascendente ha un minore appeal». Riflessioni di spessore filosofico e teologico su cui il Comitato sta discutendo. «Noi cristiani abbiamo sempre parlato di liber naturae e di liber scripturae – ha detto Scola – e San Paolo sosteneva che i Romani non potessero essere giustificati perché avrebbero dovuto riconoscere la presenza di Dio dal creato». ​          Il porporato ha parlato anche di un 'ripensamento' teologico sulla base della «trama meravigliosa dei risultati che queste scienze ci danno; diversamente, il tentativo di relegare Cristo al di fuori del creato risulta facile», giungendo ad auspicare «una teologia meno separata». Per Ruini «nulla implica che lo studio della natura precluda una dimensione diversa. Tommaso d’Aquino introdusse il concetto di media via per risolvere la grande questione del rapporto tra il cristianesimo e il pensiero aristotelico. Tommaso è ancora attuale. Aggiungo che le scienze aiutano gli epistemologi e i filosofi a studiare il funzionamento dell’intelligenza umana, come mi insegnava Bernard Lonergan». ​          A due passi, il direttore della ricerca del Cern Sergio Bertolucci: «Scienza e fede sono mosse dallo stesso desiderio di ricerca», ha assicurato. Poi tra il serio e il faceto: «Al Cern non produciamo atei».
Paolo Viana
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