Fede pensata e vissuta

La Lettera ai Romani è senza dubbio uno dei testi più importanti della cultura di tutti i tempi. Ma essa è e rimane principalmente un messaggio vivo per la Chiesa viva, e come tale io la pongo questa sera nelle vostre mani...

Fede pensata e vissuta

da Teologo Borèl

del 16 dicembre 2008

La salvezza portata da Cristo all’umanità è offerta, pensata, non imposta e chiede di essere accolta personalmente

 

«La Lettera ai Romani è senza dubbio uno dei testi più importanti della cultura di tutti i tempi. Ma essa è e rimane principalmente un messaggio vivo per la Chiesa viva, e come tale io la pongo questa sera nelle vostre mani. Possa questo scritto, scaturito dal cuore dell’Apostolo, diventare nutrimento sostanzioso per la vostra fede, portandovi a credere di più e meglio, ed anche a riflettere su voi stessi, per arrivare ad una fede “pensata” e, al tempo stesso, per vivere questa fede, mettendola in pratica secondo la verità del comandamento di Cristo. Solo così la fede che uno professa diventa “credibile” anche per gli altri, i quali restano conquistati dalla testimonianza eloquente dei fatti. Lasciate che Paolo parli a voi, docenti e studenti cristiani della Roma di oggi, e vi renda partecipi dell’esperienza da lui fatta in prima persona: che cioè il Vangelo di Gesù Cristo “è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16).

L’annuncio cristiano, che fu rivoluzionario nel contesto storico e culturale di Paolo, ebbe la forza di abbattere il “muro di separazione” che vi era fra Giudei e pagani (Ef 2,14; Rm 10,12). Esso conserva una forza di novità sempre attuale, in grado di abbattere altri muri che tornano ad erigersi in ogni contesto e in ogni epoca. La sorgente di tale forza sta nello Spirito di Cristo, a cui Paolo consapevolmente si appella. Ai cristiani di Corinto egli dichiara di non contare, nella sua predicazione, “su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza (di Amore) (1 Cor 2,4). E qual era il nocciolo del suo annuncio? Era la novità della salvezza portata da Cristo all’umanità: nella sua morte e risurrezione la salvezza è offerta a tutti gli uomini senza distinzione. Offerta, non imposta. La salvezza è un dono che chiede sempre di essere accolto personalmente» [Benedetto XVI, Incontro con gli Universitari Romani, 11 dicembre 2008].

 

Perché l’annuncio cristiano, che fu rivoluzionario nel contesto storico e culturale di Paolo, ebbe la forza di abbattere il “muro di separazione” che vi era fra Giudei e pagani?

Rendersene conto conserva una forza di novità sempre attuale, in grado di abbattere altri muri che, con varie ideologie ritenute più attuali ed efficaci, tornano ad erigersi in ogni contesto e in ogni epoca. Fin dalle origini la Chiesa attraverso Paolo ribadisce che anche gli ellenico-romani pagani sono inescusabili nel non cogliere i diritti fondamentali insiti nella natura creata di ogni uomo scritta dal Creatore nella coscienza umana come denominatore comune a tutti gli uomini e a tutti i popoli; è una guida universale che tutti possono conoscere e sulla base della quale tutti possono intendersi. La coscienza responsabile di ogni uomo è, pertanto, ultimamente fondata in Dio creatore, il quale ha dato ad ognuno l’intelligenza e la libertà. Questo Logos creatore capovolge la tendenza generale a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità o all’imposizione e a ricondurre ad esso la nostra intelligenza e la nostra libertà personale, allargando gli spazi della nostra razionalità, aprendola alle questioni del vero e del bene. Quel Pensiero creatore, presupposto e fondamento di tutto l’essere, è un pensiero consapevole di se stesso e che non solo conosce se stesso ma ama; esso è creativo perché è amore, ha posto il suo pensiero nella libera sfera del proprio essere. Tutto ciò significa che quel Logos che si è rivelato in Gesù, quel Pensiero che conosce e ama, è l’Essere che tutto sostiene e abbraccia, è coscienza, libertà e amore e quindi la suprema legge del mondo non è la necessità cosmica, bensì la libertà di ogni io angelico e umano. Il supremo punto di costruzione del mondo è una Libertà, la quale sostiene, vuole, conosce e ama l’intero mondo, tutta la famiglia angelica e umana come libertà senza rapporti costretti con ogni persona intelligente e libera. L’imprevedibilità è una tipica implicanza della libertà di ogni io angelico e umano; ora, se le cose stanno così, il mondo non potrà mai venir ridotto ad una logica matematica, dove tutto è teorizzabile, prevedibile, programmabile. Insieme con l’originalità e la grandiosità di un mondo che è caratterizzato dalla struttura della libertà, è però dato anche l’oscuro mistero del demoniaco che in esso incontriamo fin dagli inizi: il peccato originale innanzitutto e poi la vittoria su di esso della salvezza portata da Cristo a tutta la famiglia umana: nella morte e risurrezione la salvezza è offerta a tutti gli uomini senza distinzione, di ebrei e pagani, di uomo e di donna, di schiavi e liberi, di ricchi e poveri. In quanto spazio dell’amore, è anche spazio per il gioco delle libertà di ogni io poiché Dio che è amore non costringe nessuno e questo implica il rischio del male. L’esistenza di quello che la Chiesa chiama peccato originale è purtroppo di una evidenza schiacciante, se solo guardiamo intorno a noi e prima di tutto dentro di noi: vedo il bene, lo approvo e finisco di fare quel male che non voglio e non fare il bene che voglio. Chi mi libererà? L’esperienza del male è infatti così consistente, da imporsi da sé come le domande chi sono? da dove vengo? dove vado? Da dove viene il male se Dio è Bontà assoluta, ha creato tutto, l’uomo e la donna, anche la materia, da dove viene il male? Le prime pagine della Bibbia (Genesi 1-3) rispondono proprio a questa domanda fondamentale, che interpella ogni generazione umana, ogni io umano, con il racconto della creazione e della caduta dei progenitori: Dio ha creato tutto per l’esistenza, in particolare ha creato e crea ogni essere, ogni io umano nel suo essere dono unico e irripetibile a propria immagine; non ha creato la morte, ma questa è entrata nel mondo per invidia del diavolo il quale ribellatosi a Dio, ha attirato e attira nell’inganno anche l’io umano, inducendolo alla ribellione (Sapienza 1,13-14). E’ il dramma della libertà di ogni io umano, di ogni persona capace di decidere il suo modo di essere conforme e o difforme alla propria natura, promettendo però che ci sarà un figlio di donna che schiaccerà la testa all’antico serpente (Genesi 3-15), un figlio, un volto umano di Dio che si è umiliato fino all’estremo per ricondurre ebrei e pagani all’originaria dignità. L’analogia tra Adamo e Cristo, sviluppata soprattutto nella Lettera ai Romani evoca il peccato di Adamo per dare il massimo risalto alla grazia salvatrice non imposta ma offerta da Cristo ad ogni io umano e all’umanità nel suo insieme, in ognuno che si riconosce peccatore e si lascia riconciliare da Lui. La nostra storia umana, di ogni io e di tutti i popoli, è inquinata dall’abuso della libertà creata, che intende emanciparsi dalla volontà divina. E così non trova la vera libertà, ma si oppone alla verità e falsifica, di conseguenza, le nostre realtà umane. Falsifica soprattutto le relazioni fondamentali poiché nessun io, nessuna persona è senza porte e finestre: la relazione con se stessa, con Dio, quella tra uomo e donna, quella tra l’uomo e la terra. Questo inquinamento della nostra storia si diffonde sull’intero tessuto umano e cosmico e questo difetto, questa stato ereditato è andato aumentando ed è ora visibile dappertutto. Ma san Paolo ci ricorda che esiste un nuovo inizio nella storia e della storia in Gesù Cristo, Colui che è uomo e Dio. Con Gesù, che viene da Dio, comincia una nuova storia formata dal suo sì al Padre, fondata perciò non sulla superbia di una falsa emancipazione, ma sull’amore e sulla verità. Ma come ogni io umano e l’umanità nel suo insieme possono entrare in questo nuovo inizio, in questa nuova storia? Come questa storia arriva a me offerta e non imposta? Con la prima storia inquinata siamo inevitabilmente collegati per la nostra discendenza biologica, appartenendo noi tutti, ebrei e pagani, all’unico corpo dell’umanità. Ma la comunione con Gesù nel suo corpo che è la Chiesa, la nuova nascita per entrare a far parte della nuova umanità avviata dalla risurrezione, come si realizza in ogni io umano e quindi nell’umanità nel suo insieme? Come Gesù arriva nella mia vita, nel mio essere personale e sociale? La risposta fondamentale di san Paolo nella Lettera ai romani, come di tutto il Nuovo Testamento è: arriva per opera dello Spirito Santo. Se la prima storia si avvia, per così dire, con la biologia, che ci colloca tutti, ebrei e pagani, in uno stato di inimicizia con Dio, la seconda si avvia nello Spirito Santo, lo Spirito del Cristo risorto che bussa alla porta di ogni io attraverso la Parola di Dio e con il Battesimo, tutti i sacramenti, l’Eucaristia in particolare mi assimila a Lui se mi lascio assimilare, rendendomi capace di mare con il suo amore. Questo Spirito ha creato fin dalla prima Pentecoste l’inizio della nuova umanità, della nuova comunità con al centro ogni persona, la Chiesa, il Corpo di Cristo. Ed ecco la rivoluzione cristiana insuperata e insuperabile: ogni individuo nella natura umana è un modo di essere unico e irripetibile cioè persona in relazione con se stesso, con Dio, con tutti e con tutto. Per il pensiero greco romano i molti esseri singoli, anche i singoli esseri umani, sono dominati dall’essere uno e universale. Per il cristiano ogni persona è più di qualcosa totalmente comprensibile, dicibile, programmabile: è un di più anche in riferimento al proprio sesso, alla propria razza, alla propria religione, alla propria posizione sociale: ogni individuo umano è persona capace di decidere il proprio modo di essere conforme o difforme alla propria natura creata e redenta. Quando parlo di umanità non denoto una specie vivente come quando parlo di animalità, ma una famiglia umana e ciò che fa di ogni uomo una persona che rivendica centralità e libertà, sempre fine e mai riduttivamente mezzo per altri o per altro. Umanità denota non un insieme di individui costretti che realizzano la stessa specie, come tali non liberi e di per sé suscettibili di essere trattati come ogni altro animale senza la centralità di ogni io umano e della sua libertà, ma una comunità fraterna di persone legate dal vincolo del riconoscimento reciproco.

 

La salvezza portata da Cristo attraverso la sua morte e risurrezione è, attraverso la Chiesa, offerta e non imposta e chiede sempre di essere accolta personalmente

“E’ questo, cari giovani – ha ricordato Benedetto XVI –, il contenuto essenziale del Battesimo che quest’anno vi viene proposto quale Sacramento da riscoprire e, per alcuni di voi, da ricevere o da confermare con una scelta libera e consapevole. Proprio nella Lettera ai Romani, al capitolo 6°, si trova una geniale formulazione del significato del Battesimo cristiano. “Non sapete – scrive Paolo – che quanti siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte?” (Rm 6,3). Come ben potete intuire, è questa un’idea profondissima, che contiene tutta la teologia del mistero pasquale: la morte di Cristo, per la potenza di Dio, è fonte di vita, sorgente inesauribile di rinnovamento nello Spirito santo. Essere “battezzati in Cristo” significa essere immersi spiritualmente in quella morte che è l’atto di amore infinito e universale di Dio, capace di riscattare ogni persona e ogni creatura dalla schiavitù del peccato e della morte. San Paolo infatti così prosegue: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). L’Apostolo, nella Lettera ai Romani, ci comunica tutta la sua gioia per questo mistero, quando scrive: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?... Io sono infatti persuaso che né morte e né vita, né angeli né principati (la tentazione del maligno e il male provocato da lui), né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,35.38-39). E questo stesso amore è ciò in cui consiste la vita di ogni cristiano. Anche qui, san Paolo opera una sintesi impressionante, sempre frutto della sua esperienza personale: “Chi ama l’altro – egli scrive – ha adempiuto la Legge… pienezza della Legge infatti è la carità” (Rm 13,8.10). Ecco, cari amici, ciò che vi consegno questa sera. E’ un messaggio di fede, certo, ma è al tempo stesso una verità che illumina la mente, dilatandola secondo gli orizzonti di Dio; è una verità che orienta la vita reale, perché il vangelo è la via per giungere alla pienezza della vita. Questa via l’ha già percorsa Gesù, anzi, la Via è Lui stesso, che dal Padre è venuto fino a noi perché noi potessimo per mezzo suo giungere al Padre. Questo è il mistero dell’Avvento e del Natale. La Vergine Maria e san Paolo vi aiutino ad adorarlo e a farlo vostro con profonda fede ed intima gioia”.

 

don Gino Oliosi

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