Si può animare attraverso il teatro? Come si conciliano fede e spettacolo? Ecco come e perché alcune realtà salesiane vivono questa esperienza.
del 07 ottobre 2009
Si può animare attraverso il teatro? Come si conciliano fede e spettacolo? Ecco come e perché alcune realtà salesiane vivono questa esperienza.
 
Perché animazione teatrale?
 
Don Bosco riteneva che il teatro potesse essere per i giovani uno strumento educativo e appassionante; un’attività che, però, si rivelava divertente e allo stesso tempo formativa per le varie tematiche che potevano essere trattate. «Per questo, già da alcuni anni, abbiamo scelto di coinvolgere gli adolescenti e i giovani della parrocchia mediante la realizzazione di un musical – così spiega Gilberto Ruzzante, regista di Kairòs (che ha interessato circa quaranta giovani dell’oratorio di Padova) – insieme impariamo a socializzare, a faticare, a divertirci, a portare avanti un progetto comune». Anche a Chioggia, negli ultimi dieci anni, sono stati realizzati diversi musical che vedono la partecipazione di molti giovani pronti a scommettere il proprio tempo nell’“avventura cristiana”.
 
L’animazione teatrale è parte integrante delle attività dell’oratorio ed è rivolta, quindi, a tutti coloro che desiderano “fare gruppo”, fare comunione offrendo i propri talenti, non solo artistici, a Gesù. Non è, però, un gruppo chiuso e fine a sé stesso perché da qui partono altri progetti di animazione, come ad esempio la partecipazione alle proposte per l’estate, al coro della parrocchia, ecc.
 
La scelta e la realizzazione delle tematiche rappresentate
 
Lo spettacolo teatrale è l’occasione per incontrare il giovane e, come suggerisce Andrea Penzo, regista della compagnia teatrale Michelangelo Aldegheri di Chioggia, «va sfruttato come un momento formativo, scegliendo il tema della rappresentazione» che fa rivivere la bellezza e l’attualità del Vangelo. Da questo principio, quindi, sono nati tutti gli spunti anche per il nuovo musical “chioggiotto” che, a partire dal Venerdì Santo, racconta la storia della fede attraverso la vita dei santi che si sono lasciati guidare dal progetto che Dio aveva per loro. Anche il soggetto di Kairòs segue questo concetto, rappresentando i dubbi, i timori e le speranze dei personaggi che hanno vissuto a Gerusalemme il periodo fra la morte e la resurrezione di Gesù. Due tematiche che, di fatto, aiutano a far riflettere il pubblico al quale vengono presentate, ma soprattutto gli “attori” che, in questo modo, sono chiamati a viverle in prima persona.
 
La realizzazione di entrambe le tematiche ha interessato, oltre ai protagonisti delle scene, anche chi, desideroso di incontrare i giovani e testimoniare il Vangelo, si è occupato da dietro le quinte delle coreografie, delle musiche, dei testi, dei costumi, dell’oggettistica, delle luci… Le due parole chiave del teatro educativo: allegria: quella di Domenico Savio, l’ingrediente principale per la ricetta della Santità. E’ quindi, la colla che tiene unita tutta l’esperienza; un’allegria, più profonda e vera che nasce dall’incontro con il risorto e che dà nuova luce alle amicizie che si creano. condivisione: frutto dell’allegria e delle amicizie,  permette di instaurare un rapporto di reciproca collaborazione e fiducia per concretizzare la parola di Dio.
 
Non si formano solo attori
 
Ci sono le prove, c’è l’aspetto artistico, c’è la voglia di stare insieme ma anche il desiderio di formarsi cristianamente e umanamente. Non ci si occupa, quindi, solo dell’allestimento tecnico dello spettacolo ma, soprattutto, dell’aspetto educativo che è l’elemento fondante di tutto il progetto. Con la collaborazione di una “presenza salesiana”, che sia garante del carisma e che sappia orientare tutta l’esperienza, si organizzano, quindi, momenti formativi, di riflessione sui brani del Vangelo senza dimenticarsi di affidare le prove a Dio (con la preghiera iniziale e finale) così come avrebbe fatto don Bosco.
 
Partendo dalle passioni dei giovani si può conquistare la loro fiducia e parlare loro del messaggio che Gesù ci ha dato per la vita di tutti i giorni. Si tratta di un progetto educativo soprattutto perché si testimonia lo stile di vita salesiano, facendo sentire tutti amati, apprezzati e protagonisti: si responsabilizzano i giovani, aiutandoli ad avere una particolare attenzione per i nuovi arrivati (come dice Andrea a Chioggia: «tutti animatori di tutti»). Si può dire, quindi, con le parole di Gilberto Ruzzante, che l’animazione teatrale è «una proposta di fede rivolta ai giovani, che attraverso questa esperienza hanno la possibilità di scoprire l’attualità e la bellezza del Vangelo e di comunicare a tutti questa loro scoperta.
 
La recitazione, la danza e il canto non sono fine a se stessi, ma portano dentro la capacità di evangelizzare: sono i giovani stessi, con il loro entusiasmo e le loro emozioni, a essere protagonisti e testimoni di questo annuncio».
 
 
 
STAR (Scuola Teatro Arte e Relazione)
 
Si tratta di un percorso artistico-comunicativo e educativo-creativo che vede coinvolti 15 ragazzi, a partire dall’età di 19 anni circa, e che ha portato alla realizzazione teatrale della Festa dei Giovani e della Festa dei Ragazzi. Il percorso vuole unire l’arte ad un’esigenza comunicativa più esplicita e diretta. Si intende, quindi, focalizzarsi sul come e il perché l’arte possa comunicare in maniera più chiara un messaggio che, però, partendo dal singolo individuo diviene ancora più ricco di significato: attraverso l’animazione teatrale è possibile comunicare qualcosa che parte dai pensieri, dalle opinioni di ciascun individuo, che ha un proprio bagaglio personale e, quindi, il singolo individuo dovrebbe essere in grado di trasmettere agli ascoltatori il perchè di quello che recita e dice. Il percorso creativo, quindi, muovendosi dal protagonismo e dalla voglia di calcare un palco, tocca un momento iniziale vissuto in prima persona dall’attore per arrivare a “muovere le emozioni” in modo nuovo ed originale. L’obiettivo principale, tuttavia, consiste nel servizio educativo per la persona. Attraverso il palco, infatti, si riesce a comunicare ciò che le persone realmente vivono: emozioni, fatiche (non solo artistiche) e le convinzioni profonde. Per questo motivo, quindi, diventa importante lavorare dietro le quinte e prima della rappresentazione perché passi non solo il contenuto ( il “cosa” si vuole dire) del messaggio, ma anche e soprattutto il “come” si intende rappresentare quel messaggio. È, inoltre, importante far capire come questi due aspetti siano legati poiché con il “come” si nutre e alimenta a sua volta il “cosa”.
 
Alessia Bego
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