Festa di San Francesco di Sales

La Festa di San Francesco di Sales è per tutto il mondo salesiano una occasione preziosa per far memoria delle nostre radici, del ceppo da cui siamo stati tratti, del desiderio di santità che ha sempre abitato don Bosco. Come dicono le nostre Costituzioni, Don Bosco, ispirandosi alla bontà e allo zelo di san Francesco di Sales, ci ha dato il nome di Salesiani e ci ha indicato un programma di vita nella massima: “Da mihi animas, cetera tolle” (Cost. 4).

24 gennaio 2021

Festa di San Francesco di Sales

 

La Festa di San Francesco di Sales è per tutto il mondo salesiano una occasione preziosa per far memoria delle nostre radici, del ceppo da cui siamo stati tratti, del desiderio di santità che ha sempre abitato don Bosco. Come dicono le nostre Costituzioni, Don Bosco, ispirandosi alla bontà e allo zelo di san Francesco di Sales, ci ha dato il nome di Salesiani e ci ha indicato un programma di vita nella massima: “Da mihi animas, cetera tolle” (Cost. 4). Sono qui indicate due caratteristiche, bontà e zelo, che dovremmo far sempre più nostre. Le troviamo, dette in maniera diversa anche nelle letture di questa Festa. Dice il profeta Ezechiele io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura, mentre il Vangelo di Giovanni ci esplicita che bontà e zelo debbono divenire offerta di sé. Scrive infatti l’evangelista: il buon pastore offre la vita per le pecore. È quello che don Bosco ha fatto sulle orme di san Francesco di Sales, voluto fin dagli inizi come compatrono della Congregazione Salesiana assieme a san Giuseppe (Cost. 9). Nel 1854 don Bosco dichiarò: La Madonna vuole che creiamo una Congregazione. Ho deciso che ci chiameremo Salesiani. Poniamoci sotto la protezione di San Francesco di Sales, al fine di partecipare della sua immensa amabilità

 

C’è un articolo delle Costituzioni Salesiane particolarmente prezioso per questo tempo e che fa cogliere che san Francesco di Sales ci può dare dei rimedi per vivere bene in qualunque situazione. Il salesiano non si lascia scoraggiare dalle difficoltà, perché ha piena fiducia nel Padre: “Niente ti turbi”, diceva Don Bosco. Ispirandosi all’umanesimo di san Francesco di Sales, crede nelle risorse naturali e soprannaturali dell’uomo, pur non ignorandone la debolezza. Coglie i valori del mondo e rifiuta di gemere sul proprio tempo: ritiene tutto ciò che è buono, specie se gradito ai giovani. Poiché annuncia la Buona Novella, è sempre lieto. Diffonde questa gioia e sa educare alla letizia della vita cristiana e al senso della festa: “Serviamo il Signore in santa allegria” (Cost.17). Emerge qui un ottimismo radicato nella fede, una prospettiva di speranza non ingenua capace di cogliere in ogni tempo ciò che è buono. San Francesco di Sales sapeva penetrare la realtà per scorgervi quella presenza di Dio che spazza via ogni ombra di male e di malumore. Per lui era essenziale essere in Dio per essere nella gioia. Così infatti scrive: Se sapessi che nel mio cuore c’è una sola fibra d’amore che non sia per Dio, me la strapperei. Abbiamo bisogno di Dio, di una speranza con le radici poste nel Cielo, di fare esperienza di un Dio che non abbandona il suo popolo. Lo dice bene Ezechiele nella prima lettura: Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata. Il nostro è il Dio del primo passo, della presenza, della cura. San Vincenzo de’ Paoli lo affermò parlando proprio di San Francesco di Sales e disse: Come dev’essere buono Dio, se il Vescovo di Ginevra lo è così tanto.

 

Dobbiamo tener presente che anche per San Francesco di Sales non tutto è stato lineare e semplice. Nella sua giovinezza, riflettendo sul pensiero di sant’Agostino e di san Tommaso d’Aquino, ebbe una crisi profonda che lo indusse a interrogarsi sulla salvezza eterna: era un tema che lo inquietava tantissimo. Pregava intensamente, ma il dubbio lo tormentò in modo così forte che per alcune settimane non riuscì quasi del tutto a mangiare e dormire. Al culmine della prova, si recò nella chiesa dei Domenicani a Parigi, aprì il suo cuore e pregò così: Qualsiasi cosa accada, Signore, tu che tieni tutto nella tua mano, e le cui vie sono giustizia e verità; qualunque cosa tu abbia stabilito a mio riguardo …; tu che sei sempre giusto giudice e Padre misericordioso, io ti amerò, Signore […], ti amerò qui, o mio Dio, e spererò sempre nella tua misericordia, e sempre ripeterò la tua lode… O Signore Gesù, tu sarai sempre la mia speranza e la mia salvezza nella terra dei viventi (I Proc. Canon., vol I, art 4). È il momento in cui fa la scelta di Dio. Questo a testimonianza che le nostre fatiche sono appartenute anche ai santi. È il momento in cui scegliere tra la disperazione e l’abbandono fiducioso in Dio. Mi sembra un atteggiamento prezioso anche per questo nostro tempo in cui l’ansia sembra voler prendere il posto dell’affidamento. Non chiediamoci più che cosa farà Dio con noi: semplicemente amiamolo. Con altre parole è quello che chiese all’Ordine della Visitazione fondando questo nuovo ordine religioso: … voglio che le mie Figlie – egli scrive – non abbiano altro ideale che quello di glorificare [Nostro Signore] con la loro umiltà (Lettera a mons. de Marquemond, giugno 1615).

Si avverte bene, leggendo il Teotimo, il trattato sull’amore di Dio, e ancor più le tante lettere di amicizia spirituale, quale conoscitore del cuore umano sia stato san Francesco di Sales. A santa Giovanna di Chantal scrive: Ecco la regola della nostra obbedienza che vi scrivo a caratteri grandi: Fare tutto per amore, niente per forza - amar più l'obbedienza che temere la disobbedienza. Vi lascio lo spirito di libertà, non già quello che esclude l’obbedienza, ché questa è la libertà del mondo; ma quello che esclude la violenza, l’ansia e lo scrupolo (Lettera del 14 ottobre 1604). E scrivendo alla moglie del presidente Brulart ci fa cogliere che il legame con Dio è normativo anche del legame con l’uomo: No, più nessuna cerimonia fra noi: i vincoli che ci uniscono non sono costituiti da funi di quella specie. Essi sono invariabili, incorruttibili ed eterni, poiché ci ameremo in cielo dello stesso amore di Gesù Cristo che ci unisce di cuore e di anima quaggiù.

 

In molte lettere traspare che ciò che conta per Francesco è la passione per la volontà di Dio. Così scrive alla signora di Villesavin: Carissima Figlia, voi non siete cristiana per fare la vostra volontà, ma per fare quella di Colui che vi ha adottata come sua figlia e sua erede eterna (cfr Rm 8,15-17). [...] Preghiamo Dio che ci conceda la grazia di vivere, durante questo pellegrinaggio, in modo così conforme alla sua volontà, che, arrivati alla patria celeste, possiamo rallegrarci d’esserci visti quaggiù e d’aver parlato dei misteri dell’eternità. [...] Che egli vi guidi sempre con la sua mano e vi conduca sulla via della sua santa volontà (cfr. Sal 73,24). In lui l’obbedienza non è fine a se stessa ma è sempre obbedienza all’amore e alle logiche dell’amore. Che l’amore, nella sua dimensione teologale, divina, sia la ragion d’essere di tutte le cose, san Francesco di Sales lo ha riassunto in una celebre frase: L’uomo è la perfezione dell’universo; lo spirito è la perfezione dell’uomo; l’amore è la perfezione dello spirito, e la carità è la perfezione dell’amore (Trattato dell’amore di Dio, libro X, cap. I). A tal proposito Benedetto XVI ha scritto: San Francesco di Sales con parabole che hanno talora il colpo d’ala della poesia, ricorda che l’uomo porta iscritta nel profondo di sé la nostalgia di Dio e che solo in Lui trova la vera gioia e la sua realizzazione più piena.

 

Francesco usava nei suoi scritti anche molte immagini per spiegarsi. Così scrisse alla Chantal: Ho visto, a Roma, un albero piantato dal beato san Domenico. Tutti vanno a vederlo e lo amano per amore di colui che l’ha piantato. Ora, io, avendo visto in voi l’albero del desiderio della santità che nostro Signore ha piantato nella vostra anima, ho preso ad amarlo teneramente, godo a contemplarlo più ora che quando ero presente, e vi esorto a fare altrettanto e a dire con me: Dio ti faccia crescere, o bell’albero che Dio ha piantato; divino seme celeste, Dio si compiaccia di farti produrre frutti nella giusta stagione; e quando li avrai prodotti, Dio voglia ripararti dal vento, che fa cadere i frutti al suolo, dove le bestie li vanno a mangiare. È bella questa immagine che Francesco ci presenta: vi è piantato nella nostra anima l’albero del desiderio della santità. Chiediamo a san Francesco di Sales che quest’albero porti frutti abbondanti in noi e nei giovani che ci sono affidati nella missione salesiana. Affinché questo accada facciamo nostre queste parole del nostro patrono scritte alla Chantal: In Lui e per Lui, il nostro cuore è unico e indivisibile.                                                  

    A cura di don Igino Biffi

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