Fidel pensa a Dio, e non più a Cuba

Intervista alla figlia del lìder maximo, che alle soglie degli 80 anni si interessa di religione e parla di Dio: «Negli ultimi tempi Fidel Castro si è riavvicinato alla religione: ha riscoperto Gesù, alle soglie della morte»

Fidel pensa a Dio, e non pi√π a Cuba

da Attualità

del 17 novembre 2006

«Fidel pensa a Dio, non più a Cuba»

 

Alina Fernández Revuelta non ci sarà. La 50enne figlia di Fidel Castro non si unirà ai cubani che per quattro giorni, dal 28 novembre al 2 dicembre, festeggeranno gli 80 anni del loro líder maximo. Che li ha compiuti lo scorso 13 agosto, ma per problemi di salute ha rinviato le celebrazioni, facendole coincidere con il 50˚ anniversario della rivoluzione cubana. «Non credo che si farà vedere alla kermesse», racconta al Corriere Alina, secondogenita dei sette figli di Castro (sua madre è l'ereditiera cubana Naty Revuelta) che oggi lavora come commentatrice politica per la Cnn. «Papà non si mostra in pubblico dallo scorso luglio, quando è stato operato all'intestino ed è impossibile sapere se è vero, come afferma l'intelligence americana, che il suo cancro è entrato nello stadio terminale e gli è rimasto poco da vivere».

 

D: Che cosa dicono in merito i parenti stretti?

R: «Che sono solo congetture. Castro è circondato giorno e notte da una squadra di fedelissimi e abili dottori che si guardano bene dal tradirne la privacy. Da Cuba la verità non esce mai».

 

D: Ha parlato con lui negli ultimi tempi?

R: «No. La mia tragedia è che papà mi considera un nemico ideologico e politico da quando fuggii dall'isola, nel '93. Da allora lui mi ha ostracizzato, io l'ho cancellato. Nessuno di noi due ha mai fatto nulla, in questi anni, per tentare di riavvicinarsi».

D: Dicono che la malattia e l'età l'abbiano ammorbidito?

R: «Negli ultimi tempi Fidel Castro si è riavvicinato alla religione: ha riscoperto Gesù, alle soglie della morte. Ciò non mi sorprende perché papà è stato allevato dai gesuiti». D: Pensa che abbia paura di morire?

R: «Non so se chiamarla proprio paura. Ma sono convinta che, oggi, lui sia più interessato alla sorte della propria anima che non al futuro di Cuba»

D: Non sente il desiderio di dirgli addio, prima della sua morte?

R: «Se un padre e una figlia vogliono dirsi cose carine, tenere e affettuose debbono farlo quando sono entrambi vivi e vegeti e possono apprezzarle. Non credo nella solennità dell'attimo della morte».

D: Quand'era piccola, lui non è mai stato un buon padre?

R: «Non ha avuto il tempo per esserlo. Era un padre diverso, un'ombra che ti seguiva ovunque, onnipresente senza esserci mai. Io sapevo che non era a casa con me perché lo vedevo parlare alla tv nove ore al giorno. Ma in carne e ossa chi lo incontrava mai?» D: Che ricordi ha della sua infanzia a Cuba?

R: «Ricordo che all'età di tre anni i cartoni animati di Topolino furono rimpiazzati in televisione dalle esecuzioni ordinate da mio padre. Fu per me un trauma e ne parlo nella mia autobiografia Alina, la figlia ribelle di Fidel Castro».

 

D: Cosa succederà a Cuba dopo Castro?

R: «Zio Raul, che ha già preso le redini, intende introdurre gradualmente il modello cinese: aperture ma solo economiche. Non aspettatevi una democratizzazione politica: sarebbe un'inversione a 180 gradi, impensabile per uno come lui, da decenni braccio destro e fedele alleato di Fidel».

 

D: Gli esuli cubani in Florida interverranno nel dopo-Castro?

R: «Sono tantissimi e ben finanziati. Ma mi pare che il loro lavoro sia più emotivo e passionale che non organizzativo e propositivo».

D: Come spiega che Fidel Castro continui per molti a essere un mito? R: «La sinistra europea, i Paesi non allineati e le star di Hollywood lo vedono come l'ultimo dei mohicani. L'hanno talmente idealizzato da non riuscire più a vedere di là dallo schermo da loro stessi creato. L'idea di una rivoluzione proletaria nei Caraibi è molto più esotica per la sinistra europea che non le purghe staliniane. E lo dico da persona di sinistra». D: Anche negli Stati Uniti Castro è per molti un idolo.

R: «Eppure uno dei Paesi che l'hanno idealizzato di più resta l'Italia. Ogni volta che la visito vedo più t-shirt di mio padre e di Che Guevara che non nel resto del mondo. Nell'immaginario collettivo degli italiani lui sarà legato per sempre a Guevara: insieme sono gli eterni rivoluzionari. L'ultimo pretesto dei marxisti per difendere la loro ortodossia. Questa gente non conosce la realtà cubana e farebbe meglio a vivere nel Paese per un po', prima di parlare».

D: Lei tornerà mai a Cuba?

R: «Ne sono certa. Ma solo se e quando troverò il modo di rendermi utile al mio Paese». D: Un giorno riuscirà a perdonare suo padre?

R: «Non spetta a me perdonarlo. Io sono solo una delle tantissime donne, figlie, madri e cubane obbligate a vivere in esilio per ciò che Fidel Castro ha fatto al nostro Paese. La sua resa dei conti sarà con la storia».

D: Il verdetto?

R: «Un libro ne parlerà come di un eroe, condottiero, rivoluzionario e visionario; un altro come di un crudele e sanguinario dittatore. Anche dopo la morte continuerà a dividere e far litigare il mondo».

 

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