Fiducia e altruismo per uscire dal buio

Ritratto di un paese che sta attraversando una lunga notte e che purtroppo all'oscurità si è abituato.

Fiducia e altruismo per uscire dal buio

da Quaderni Cannibali

del 25 giugno 2009

Ritratto di un paese che sta attraversando una lunga notte e che purtroppo all’oscurità si è abituato.

Per Ilvo Diamanti, sociologo della Sorbona e dell’università di Urbino, che ieri ha tenuto la relazione introduttiva al trentatreesimo convegno nazionale delle Caritas diocesane al Lingotto di Torino, nel buio chi sta ai margini diventa sempre più invisibile. E oggi stanno perdendo voce e cittadinanza i nuovi poveri, ad esempio le famiglie senza lavoro o con uno dei due componenti in cassa integrazione. Mentre immigrati e senza dimora, che una volta erano considerati gli ultimi, rischiano di trasformarsi in capri espiatori. E chi li difende in un complice.

Nel presentare una riflessione sulla cittadinanza al tempo della crisi, lo studioso ha sottolineato il prevalere nella società italiana di due non valori, sfiducia e l’insicurezza. «Sono due le principali fonti di oscurità, da cui origina il buio: l’insicurezza e la sfiducia. Sentimenti sociali, ma anche orientamenti politici e pubblici. Da un lato, riflettono la paura dell’altro, dello straniero, come delle persone intorno a noi e delle istituzioni. Da anni nelle mie ricerche pongo a tutti una domanda sulla fiducia verso il prossimo. E negli ultimi tempi 7 interpellati su 10 rispondono che non si fidano più di nessuno. Negli ultimi anni l’Italia sta vivendo la scomparsa della figura del prossimo. Insieme, questi sentimenti opprimono lo spazio e il tempo. Viviamo una realtà senza mediazioni, fra noi e il mondo. È la società rotonda, delle rotatorie che spuntano nel nulla, dove prevale la desertificazione sociale e ambientale e la sostituzione dei rapporti diretti con la comunicazione tecnologica. È il mondo dei social network come Facebook».

Un paese più egoista? «No, paradossalmente. I dati ci dimostrano che la pratica della solidarietà coinvolge quotidianamente metà dei nostri concittadini, in termini di attività o solo di donazioni, una percentuale ancora molto alta in Europa. E l’integrazione degli immigrati è più alta nei territori, come Friuli, Veneto e Lombardia dove prevale l’insicurezza anche nel voto politico. La nostra tradizione non muore, chi lavora è considerato uno di noi, però ne abbiamo al tempo stesso paura e non lo accettiamo.

Così ci chiudiamo. La sfiducia – insieme all’insicurezza – minimizza e inibisce il futuro ».

Cosa sta succedendo? Diamanti sintetizza così: «La positività dell’impegno ad esempio della Caritas e delle associazioni cattoliche, la partecipazione alla vita del territorio, pratiche che coinvolgono segmenti di popolazione e riescono a produrre cambiamenti come il turismo responsabile, non sono di moda di questi tempi. Anzi, assistiamo alla riproduzione artificiale della sfiducia e dell’insicurezza, per interessi politici. In altri termini: l’allungamento della notte per nostra stessa iniziativa».

E al Sud? «Anche qui si è persa l’occasione degli anni ’90 di far crescere una società civile svincolata dallo Stato. Ad esempio in Sicilia, dove l’economia è ancora dipendente dal pubblico.

E oggi la frattura con il Nord si è accentuata ulteriormente». Per Diamanti occorre ripartire dal sommerso positivo dell’Italia. «C’è una grande domanda e una grande offerta di altruismo, di diffusa partecipazione, anche se fuori dalle sedi più istituzionalizzate. Una grande domanda di socialità e di comunità; in altri termini di bene comune. Il problema è che questi segni vengono occultati o comunque non sono riconosciuti. Vivere nella notte da cittadini, significa non limitarsi ad attendere il giorno che verrà. Ma spingere il buio più in là. Significa non rassegnarsi e promuovere il bene comune e la fiducia non come beni di lusso, ma di prima necessità».

 

Paolo Lambruschi

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