Il più conosciuto dei cinque fratelli della famiglia Rinaldi, è Filippo, terzo successore di don Bosco, che eccelle per una storia vocazionale singolare e insieme come grande suscitatore e accompagnatore di vocazioni. Don Bosco non lo perde di vista e lo sollecita a una scelta. A vent'anni, durante un colloquio con don Bosco...
del 06 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
Dicevano: «A don Rinaldi manca solo la voce di don Bosco». 
          Nell’ambiente contadino di Lu Monferrato, paese rinomato non solo per il vino, ma perché le famiglie sono state una vera “Vigna del Signore” per il numero di vocazioni in esso sbocciate, l’esempio più conosciuto è quello della famiglia Rinaldi. Il Signore chiamò sette figli di questa famiglia: due figlie entrarono tra le suore salesiane e, mandate a Santo Domingo, furono delle coraggiose pioniere e missionarie; tra i maschi, cinque diventarono sacerdoti salesiani. Il più conosciuto dei cinque fratelli, Filippo Rinaldi, terzo successore di don Bosco, eccelle per una storia vocazionale singolare e insieme come grande suscitatore e accompagnatore di vocazioni. Filippo amava molto ricordare la fede delle famiglie di Lu: “Una fede che faceva dire ai nostri genitori: il Signore ci ha donato dei figli e se Egli li chiama noi non possiamo certo dire di no!”.
          Nel paese di Mirabello, dove don Bosco aveva aperto la sua prima opera fuori Torino, Filippo ha la possibilità di incontrarsi con il santo dei giovani e di confessarsi da lui, vedendolo “rifulgere all’improvviso di luce arcana nel volto”.
          Questo sguardo e questo fascino lo accompagnano e in certo modo lo perseguitano anche quando, al termine del primo anno di collegio, Filippo torna in famiglia, dove per una decina di anni riprende il lavoro nei campi.
Don Bosco non lo perde di vista e lo sollecita a una scelta.
          A vent’anni, durante un colloquio con don Bosco, si verifica un’altra volta il fatto che egli aveva già notato a Mirabello: “Ecco illuminarglisi il volto, poi irradiare dalla persona una luce viva, più viva della luce solare, finché passati alcuni istanti venne ripigliando il suo aspetto normale”. Filippo è ormai sicuro della sua vocazione: “Salutati finalmente i parenti, volgevo le spalle a quel mondo che m’aveva rubato i più bei anni di vita”. Diventa salesiano continuando a restare sotto lo sguardo diretto e personale di don Bosco, che traccia gli impegni e i traguardi del suo cammino e a cui Filippo manifesta una docilità e obbedienza senza riserve.
          Data la maturità della sua formazione, don Bosco, che aveva intuito le sue virtù e le sue attitudini apostoliche, nel 1883, dopo appena un anno di sacerdozio, lo nomina direttore dei “Figli di Maria”, cioè responsabile di quel vivaio di vocazioni adulte che darà tantissimi frutti alla Chiesa, attraverso la creazione di un ambiente di vera e gioiosa famiglia. Lo sguardo di don Bosco lo segue nei 5 anni vissuti in Torino, dove gode il privilegio di andare settimanalmente a confessarsi da lui e riceve prove di confidenza spirituale che pongono i semi di una preziosa maturazione sacerdotale e salesiana.
 
Fondatore dell’opera salesiana in Spagna
          Inviato in Spagna irradia la presenza salesiana in tutta la penisola, grazie anche all’apporto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, aprendo in nove anni ventuno nuove case, cosicché si può dire che don Rinaldi è stato il “Fondatore” dell’opera salesiana in Spagna. Rientrato a Torino come Prefetto (= Vicario) Generale della Congregazione dedica ogni mattina nella Basilica di Maria Ausiliatrice oltre due ore al ministero delle confessioni, alla direzione spirituale, al discernimento e all’accompagnamento vocazionale: un’opera feconda e preziosa che continuerà anche quando il 4 aprile 1922 sarà eletto Rettore Maggiore della Società Salesiana. 
          Il terzo successore di don Bosco, chiamato ad adattare lo spirito del fondatore ai tempi nuovi, manifesta le sue doti di padre e la sua ricchezza d’iniziative: cura delle vocazioni, formazione di centri di assistenza spirituale e sociale per le giovani operaie, guida e sostegno per le Figlie di Maria Ausiliatrice, promozione dell’Associazione dei Salesiani Cooperatori, istituzione delle Federazioni mondiali degli ex-allievi ed ex-allieve. E delle Volontarie di don Bosco
          Lavorando tra le Zelatrici di Maria Ausiliatrice, intuisce e percorre una via che porta ad attuare una nuova forma di vita consacrata nel mondo, che sarebbe in seguito fiorita nell’Istituto secolare delle “Volontarie di don Bosco”. L’impulso che egli dà alle missioni salesiane è enorme: fonda istituti missionari, riviste e associazioni, e durante il suo rettorato partono per tutto il mondo oltre milleottocento salesiani.  
          Per i Confratelli e le Figlie di Maria Ausiliatrice è maestro di salesianità: con la testimonianza della vita e l’insegnamento semplice e concreto di pedagogia salesiana dà uno straordinario impulso a tutta la vita delle congregazioni. L’incremento da lui dato alle vocazioni è straordinario: da 4000 i salesiani salgono a 8000 e le case da 400 a 650.
          La Beatificazione di don Bosco nel 1929 corona la sua esistenza salesiana e gli dà l’occasione di far rivivere nella sua autenticità il carisma del fondatore, apparendo a tutti come “l’immagine vivente di don Bosco” e, come diceva don Francesia, salesiano della prima ora: “A don Rinaldi manca solo la voce di don Bosco.
Don Pasqual Chavez
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