Finché i mass media non vi separino

Il matrimonio è ancora di moda? Tanti giovani sono vittime di una non-cultura del non impegno che viene trasmessa attraverso alcuni mezzi di comunicazione.

Finché i mass media non vi separino

da Quaderni Cannibali

del 01 giugno 2011

 

 

  

          Come vengono educati i giovani del terzo millennio? Un tempo la loro educazione era il frutto di tre punti di riferimento fondamentali: la famiglia, la scuola e l’ambiente religioso (per i cattolici, ad esempio, c’erano la parrocchia e l’oratorio).

          Oggi il mondo è cambiato. C’è un quarto elemento che si aggiunge a quelli già elencati: il mondo dei mezzi di comunicazione. Ed è proprio questo mondo che entra spesso in contrasto con gli altri tre, proponendo una specie di educazione alternativa, trasmessa attraverso internet, la televisione, la musica, il cinema, la radio, la discoteca, la pubblicità, le riviste per adolescenti…

          È proprio in questo contesto che, negli ultimi anni, è stata a poco a poco distrutta l’idea del matrimonio e di un amore che può durare per sempre. Un tempo si diceva “finché morte non vi separi”. Oggi si potrebbe dire “finché i mass media non vi separino”. Infatti sono proprio alcuni mass media i principali avversari del matrimonio, agli inizi del terzo millennio. 

Lo specchio di un’epoca 

          Se esaminiamo il linguaggio proposto da alcuni mezzi di comunicazione, possiamo renderci  conto del fatto che certi vocaboli e modi di dire, entrati nell’uso comune dei giovani, rappresentano lo specchio di un'epoca in cui sembra trionfare la non-cultura del non-impegno. Alcune parole sono il frutto di una pigrizia imperante, che vorrebbe cancellare il concetto di “sforzo” dalla sfera dei rapporti con gli altri.  

          I peggiori esempi, in questo senso, giungono dai cosiddetti “reality show” televisivi, programmi in cui le persone si lasciano spiare dal pubblico. Sono questi i principali diffusori della non-cultura del non-impegno. Spingono i giovani a credere che persone che non sanno cantare, non sanno recitare, non sanno ballare e, a volte, non sanno neppure parlare, possano improvvisamente diventare ricche e famose.

          Secondo questo tipo di non-cultura, nella vita non servirebbe più studiare, faticare, impegnarsi per raggiungere un obiettivo. Basta una raccomandazione o un colpo di fortuna. Non a caso, il grande sogno di tanti ragazzi è quello di essere scelti per apparire davanti alle telecamere, ventiquattr’ore su ventiquattro.

          Riflettiamo bene. Si tratta della stessa non-cultura del non-impegno che punta a distruggere l’idea del matrimonio tra i giovani. 

Il valore del pudore 

          Anni fa uno splendido film di Ermanno Olmi, “L’albero degli zoccoli”, ha fotografato le immagini e i dolci pudori di un’epoca che pare ormai scomparsa. Interpretato da contadini della campagna bergamasca, racconta la vita di alcune famiglie lombarde, alla fine del secolo scorso.

          All’inizio del film c’è una scena che esprime pienamente la poesia di quel tempo lontano. Un giovane saluta una ragazza, mentre cammina su un viale di campagna. Lei gli risponde, senza voltarsi completamente. Solo per un attimo gli rivolge uno sguardo, per poi abbassare immediatamente gli occhi e riprendere il cammino verso casa.  

          In quel breve e timido dialogo, quasi sussurrato, c’è tutta la bellezza di un tempo in cui gli esseri umani riuscivano a guardarsi nella profondità dell’anima.

          Oggi, invece, i sentimenti sembrano bruciarsi rapidamente. Tante canzoni, trasmissioni televisive, riviste per ragazzi parlano d’amore. Ma di quale amore si tratta? Che tipo di valore viene attribuito a questo termine? È un amore che conduce alla scelta del matrimonio oppure è solo una banale manifestazione del proprio egoismo?

          Pensiamo, ad esempio, alla triste moda della convivenza. Oppure alla tendenza a trascorre insieme un viaggio, nel periodo delle vacanze estive, senza ancora essere sposati.

Una tendenza alla fuga 

          Alcuni mezzi di comunicazione sono certamente responsabili della progressiva distruzione di una sana cultura dell’impegno e del matrimonio. Amare qualcuno significa, sicuramente, impegnarsi. Significa anche, e soprattutto, saper vedere l’altro come un essere umano. Non come un oggetto da usare, gettandolo via quando non serve più.

          Il desiderio d’amare e di essere amati nasce, troppo spesso, per colmare un vuoto o per soddisfare un proprio bisogno. Ma poi, quando è necessario fare sul serio, impegnarsi, sacrificarsi, cominciano i problemi. C’è una tendenza a fuggire e a non assumersi le proprie responsabilità.

          Rendiamoci conto del linguaggio che viene utilizzato da alcuni mezzi di comunicazione. Possiamo ritrovarlo perfino nell’oroscopo che si legge sul giornale.

          Due persone che si amano, secondo il linguaggio che si usa nei film o su certe riviste, vivono 'una storia'. Questa parola, di per sé, nasconde già una trappola. La 'storia', infatti, ha sempre un inizio ed una fine. Quindi, lascia intravedere l’idea di un rapporto incerto, pessimista, non duraturo, limitato ad un periodo di tempo. È qualcosa che, prima o poi, terminerà.

          Un altro problema importante è quello della mancanza di progettualità. La non-cultura del non-impegno sta contribuendo a far scomparire il termine “fidanzato”, che viene sostituito dal più generico “ragazzo”.

          Ormai, nel linguaggio dei mass media, non si dice quasi più che due persone sono “fidanzate”. Si dice, superficialmente, che “stanno insieme”. E quindi, ci si limita a prendere atto di una situazione ovvia.

          È vero che due persone che si amano “stanno insieme”. Ma questa espressione nasconde un inganno. Al contrario del “fidanzamento”, comunica un senso di immobilità, di stasi. Non racchiude la prospettiva di uno sguardo verso il futuro, ma soltanto la diffidenza di uno sguardo miope intrappolato nel presente.

Scommettere sull’altro 

          La massima espressione dell’ipocrisia del non-impegno è rappresentata da una parola inglese utilizzata sempre più spesso in televisione e nelle riviste per ragazzi: il “partner”. È una parola fredda, anonima, insignificante, che riassume alla perfezione il nulla più assoluto e la mancanza di progettualità di certi rapporti di oggi.

          Questo cambiamento di linguaggi e di stili di vita genera un altro preoccupante fenomeno che distrugge il matrimonio: la “sindrome di Peter Pan”. Tanti giovani rifiutano di crescere e di assumersi le proprie responsabilità. Preferiscono restare degli eterni bambinoni, come il protagonista della celebre favola. Per questa ragione, invece di essere fidanzati, scelgono di essere “partner” e non si sposano mai.

          Che cosa si può fare per cambiare questa tendenza? Un primo passo potrebbe essere quello di educare i giovani a ritrovare il più autentico significato delle parole, mettendo da parte i termini fumosi ed equivoci proposti da alcuni mass media.

          È proprio questa rimozione del linguaggio vero ed autentico a dare un forte contributo alla distruzione dell’idea del matrimonio tra i giovani.

          È ora di finirla con i “partner” e con le “storie”. A questa insopportabile superficialità proposta da alcuni mass media bisogna contrapporre la gioia della speranza, della scommessa sull’altro, dell’impegno quotidiano per un amore eterno, pronto a volare verso l’infinito.  

 

 

Carlo Climati

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