La vera sfida è educare al rispetto della diversità. Insegnare ai ragazzi che se fossimo tutti uguali a questo mondo, non ci sarebbe il piacere della novità...
del 31 ottobre 2017
La vera sfida è educare al rispetto della diversità. Insegnare ai ragazzi che se fossimo tutti uguali a questo mondo, non ci sarebbe il piacere della novità...
Abbiamo tanto parlato di bullismo negli ultimi anni. Una vera e propria piaga che spesso si consuma proprio lì, tra i banchi di scuola, in quegli ambienti che dovrebbero rappresentare la fucina dell’uomo del domani. Ma, finalmente, arriva una buona notizia. Il segno che il muro di indifferenza e omertà sta crollando, un esempio da imitare.
Succede a Firenze. La vittima è un ragazzino di 13 anni, affetto da sindrome di Down. Le violenze si consumano episodicamente all’interno degli spogliatoi di una società sportiva di Bagno a Ripoli. La vittima non può difendersi e non ha il coraggio di denunciare. Come molte altre vittime di bullismo, finisce col tenersi tutto dentro. Legge il mondo con gli occhi di un emarginato. Ed è un dolore muto, strisciante, lontano, troppo lontano dai genitori, dai fratelli maggiori, dagli insegnanti, da chiunque possa intervenire e interrompere una catena di devastazione emotiva che lascerà segni indelebili.
Ma questa volta le cose sono andate diversamente. Di fronte all’ennesimo sopruso, un coetaneo della vittima interviene. Intima ai bulli di allontanarsi e poi denuncia la situazione agli insegnanti che prendono provvedimenti.
“Ci sono ancora ragazzini che non si piegano ai soprusi – scrive in un post la madre della giovane vittima – che denunciano, che chiedono giustizia, che mettono a repentaglio la loro tranquillità per un amico. Quel ragazzo ha dimostrato un coraggio, una correttezza, una forza che quei tre messi insieme non avranno mai”.
“Chissà – aggiunge riferendosi ai bulli – se da ciò che hanno fatto potranno crescere. Lo auguro a loro e alle loro famiglie. Ma tu, figlio mio, hai tanti amici che ti vogliono bene perché sei tu, non per pietà o per fare una buona azione. Sono più gli amici che vogliono ridere con te di quelli vogliono ridere di te”.
Il post della madre della vittima è stato condiviso sul profilo Facebook del sindaco di Bagno a Ripoli, Francesco Casini, che ha commentato l’accaduto con delle parole molto forti e toccanti.
“In quello che è accaduto, credetemi, c’è qualcosa di bello e ve lo voglio raccontare. La cosa bella, su cui mi voglio soffermare, si chiama M. ed è il compagno del ragazzino deriso, che ha tentato di difenderlo quando alcuni ragazzi gli hanno buttato la merenda nell’acqua della doccia per poi costringerlo a mangiarla. Il suo intervento lì per lì non è riuscito a fermare le prese in giro. Ma il fatto che non sia rimasto indifferente di fronte a una ingiustizia, che abbia avuto il fegato di farsi avanti, di cercare di convincere i compagni a non prendersela con un amico con meno difese e poi di denunciare tutto all’insegnante è importantissimo. Lo è per lui, per i suoi coetanei e per tutti noi. Il coraggio di M. è una speranza, un seme che deve essere coltivato”.
Onore al merito dunque! Non tutti sono indifferenti al giogo della violenza, della sopraffazione come si vorrebbe far credere. A furia di parlarne, le coscienze si smuovono, la polvere si alza, il sole torna a risplendere.
La fotografia scattata dall’ultima indagine Istat del 2015 è allarmante. In Italia più del 50% dei ragazzi e delle ragazze tra gli 11 e i 17 anni ha subito episodi di bullismo e circa il 20% ne è vittima assidua, cioè subisce prepotenze più volte al mese. In un caso su 10, inoltre, gli abusi si ripetono con cadenza settimanale. In particolare, il 16,9% degli 11-17enni è rimasto vittima di atti di bullismo diretto, ovvero da una relazione faccia a faccia tra la vittima e il bullo, e il 10,8% di azioni indirette, ovvero prive di contatti fisici. Un fenomeno tristemente ordinario, e difficile da arginare perché difficile da intercettare da parte di insegnanti, genitori e personale scolastico.
Ma non vogliamo lasciarci scoraggiare! L’esempio di Firenze ci dona speranza, ossigeno nuovo. La prima forma di contrasto al bullismo sta proprio nei ragazzi che vivono gomito a gomito con i bulli e con le loro vittime. Sono loro sentinelle nella notte, fari nel buio, unici e incontrastati antidoti contro questa malattia contagiosa che fa leva sulle debolezze dei ragazzi. Non parlo solo delle vittime, ma anche degli aguzzini. Nessuno nasce violento. Molto spesso, gli stessi bulli provengono da situazioni di violenza, ne hanno subite, ne subiscono e forse ne subiranno ancora.
Non sarà sufficiente contrastare la violenza con la punizione, abbattuto un pretesto per discriminare, se ne troverà facilmente un altro. Basterà avere i capelli rossi, le lentiggini o i brufoli e il gioco è fatto. La vera sfida è educare al rispetto della diversità. Insegnare ai ragazzi che se fossimo tutti uguali a questo mondo, non ci sarebbe il piacere della novità, della scoperta dell’altro, sarebbe solo noia, un’umanità stereotipata, scontata e prevedibile.
L’uomo si distingue dalle altre creature viventi perché è un diverso tra tanti diversi. Se riusciremo a radicare questa verità nel cuore dei nostri ragazzi, avremo vinto la battaglia contro il bullismo.
Ida Giangrande
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