Il binomio mondo dello spettacolo e famiglia appare spesso come una nota stonata. Per Flavio Insinna no. Per lui la sua famiglia è stata il faro con cui è riuscito sempre a ritrovare la strada. "Studiare come se si vivesse per l'eternità. Essere sempre curiosi, per non diventare vecchi. Parole che risuonano ancora nelle orecchie di Flavio che quando rientra a casa..."
Il binomio mondo dello spettacolo e famiglia appare spesso come una nota stonata: Flavio Insinna, attore formatosi al Laboratorio di esercitazioni sceniche diretto dal grande Gigi Proietti ed ex conduttore televisivo del programma di Rai 1, Affari Tuoi, ha dimostrato il contrario. Per lui la sua famiglia è stata il faro con cui è riuscito sempre a ritrovare la strada. Perché, come lui stesso ha affermato, durante il suo intervento al Fiuggi Family Festival lo scorso 26 luglio, “percorrere la strada giusta comporta sicuramente più fatica di una semplice scorciatoia”.
L’occasione della kermesse di Fiuggi dedicata alla famiglia, è stata perfetta per presentare il primo libro dell’attore dal titolo Come un morso all’orecchio, un libro che, come ha affermato Insinna, vuole essere una lettera d’amore dedicata alla sua famiglia. Durante l’incontro, l’attore ha parlato non solo del libro ma anche del rapporto viscerale che lo ha da sempre legato ai suoi genitori, del suo dolore per la scomparsa del padre e di come quest’ultimo gli abbia lasciato degli insegnamenti che lo hanno reso prima di tutto un cittadino per bene, oltre che un “artigiano” del sorriso, come lui ama definirsi.
“La famiglia deve essere un luogo da vivere – ha detto l’attore -. I figli chiedono ai genitori di esserci e il tempo loro dedicato deve essere tanto. Mio padre mi diceva che per lui sarebbe stato più semplice accontentare ogni mia richiesta anche perché aveva la possibilità economica. Ma con i suoi ‘no’, mi ha fatto capire che il valore di una persona non si misura da ciò che possiede ma da ciò che è”.
L’amore non ride: detto dall’artigiano del sorriso suona quasi come un paradosso. Eppure Flavio Insinna è convinto che le vere dimostrazioni dell’amore passano per le fatiche e il sacrificio di percorrere in salita un percorso ricco di ostacoli. “I miei genitori, proprio come Coppi e Bartali, hanno pedalato senza sosta per tenere in piedi la loro famiglia. Sono stati sposati per 57 anni ma non perché fossero altri tempi. Semplicemente perché hanno dimostrato di essere persone d’altri tempi. Oggi si ha come priorità il soddisfacimento del proprio ego che mal si accorda con le esigenze di una famiglia; anzi, con il passare del tempo il “noi” perde sempre più d’importanza fino a svanire del tutto. Se si mette al centro della propria vita sé stessi, le famiglie si sgretolano”.
Nel libro, l’attore racconta di come, durante la malattia del padre, improvvisamente si fosse accorto di un errore comune a molte persone, quello di pensare che le persone amate siano immortali e che ci sarà tempo per poter riparare o riconciliarsi dopo una lite. Passano gli anni con questa convinzione, eppure quel momento sembra non arrivare mai.
“Il tempo è un’astrazione, sono le persone ad utilizzarlo in maniera sbagliata – ha detto Insinna -. Il tempo trascorso con mio padre, anche durante la malattia, è stato ricco, bello. Non è da tutti riuscire a rendere straordinario un vivere ordinario e in questo mio padre ci è riuscito perfettamente”.
Flavio Insinna ha poi ricordato i suoi esordi in teatro, quando suo padre pensava che avesse scelto la carriera dell’attore come alternativa ad un lavoro più “serio”. “Nonostante tutti i suoi dubbi, quando mio padre mi ha visto recitare per la prima volta, mi ha incoraggiato a continuare – ha raccontato l’attore -. Per me è stata un’immensa gioia, soprattutto perché non ero sicuro delle mie capacità. Ancora oggi, ho la sensazione di non aver meritato tutto il successo ottenuto e ogni nuova opportunità di lavoro è una nuova lotta, una sfida con me stesso”.
Studiare come se si vivesse per l’eternità. Essere sempre curiosi, per non diventare vecchi. Parole che risuonano ancora nelle orecchie di Flavio che, ad un anno dalla scomparsa del padre, quando rientra a casa, ha ancora la sottile illusione di affacciarsi nel suo studio e di poter incrociare ancora lo sguardo del papà. “È ciò che mi manca di più di mio padre – ha confidato Insinna -. Nel suo sguardo trovavo la misura delle cose, ritrovavo la rotta da seguire. E non è vero quando dicono che il tempo sistema tutto. Quando una persona cara se ne va, quell’assenza diventa sempre più ingombrante. Per me è stato inspiegabile perdere un padre che non solo mi ha dato la vita, ma mi ha insegnato anche ad onorarla. La vita non va avanti. Semplicemente, diventa un’altra vita”.
Tra i presenti in sala, c’è chi ha domandato all’attore se nel suo prossimo futuro oltre alla carriera, ci sia anche il sogno di crearsi una propria famiglia. Flavio Insinna ha risposto così: “Se fino ad ora non mi sono sposato è perché ho visto il capolavoro che sono stati capaci di creare i miei genitori e dedicando la mia vita al lavoro, non sarebbe stato giusto fare il padre solo nei ritagli di tempo”.
Una giornalista gli ha poi chiesto quando il suo pubblico potrà rivederlo sul grande schermo dopo il successo di Ex di Fausto Brizzi: “Il cinema ti sceglie, è una magia – ha risposto l’attore -. Ci vogliono mille componenti. In Italia tra gli attori c’è il pensiero comune che, se non si fa cinema, si è degli attori di serie B. Secondo me non conta la grandezza dello schermo ma a quali progetti ci si dedica, a prescindere dell’effettivo successo di pubblico. Il film a cui sono più affezionato è stato trasmesso in TV con un indice di ascolti bassissimo: La Buona Battaglia, in cui interpretavo Don Pietro Pappagallo, una delle 335 vittime dell’eccidio alle Fosse Ardeatine, del marzo del 1944. Ho ancora negli occhi i visi commossi dei nipoti di Don Pappagallo in occasione della proiezione speciale della fiction nel paese d’origine del sacerdote. Una soddisfazione personale che non ha paragoni con gli indici d’ascolto”.
Flavio Insinna ha poi parlato dei suoi progetti futuri: un nuovo romanzo, un programma su Radio 2 in onda da settembre e una piccola parte nella trasposizione cinematografica del romanzo d’esordio di Alessandro D’Avenia, Bianca come il latte, rossa come il sangue, dove interpreterà il padre del protagonista, impersonato dal talentuoso Filippo Scicchitano, noto per il successo di Scialla.
Ascoltando la testimonianza di Flavio Insinna e del suo amore straordinario per una famiglia ordinaria, viene da pensare che forse Khalil Gibran aveva ragione ad affermare, in una delle sue poesie più famose, di come i genitori siano in realtà “archi da cui i figli, come frecce vive, sono stati scoccati in avanti. L’Arciere guarda il bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane”. Se una freccia vola in alto, è anche merito di un arco che sta saldo.
Di Gaia Bottino
Tratto da http://www.lottimista.com
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