Nell’Anno della Famiglia "Amoris laetitia”, il Papa dedica ai coniugi una lettera per manifestare la sua vicinanza e il suo affetto: ricordate che il perdono sana ogni ferita.
A dodici mesi dall’annuncio dell’Anno della Famiglia Amoris laetitia, il Papa consegna una lettera agli sposi. Era il 27 dicembre, giorno della Festa della Santa Famiglia, e Francesco propose all'Angelus questo cammino pensato per le famiglie. Nella ricorrenza della stessa festa, a un anno di distanza, il Pontefice ha voluto esprimere alle coppie tutto il suo affetto e la sua vicinanza in questo tempo segnato dalla pandemia.
L’Anno della Famiglia Amoris laetitia” è iniziato il 19 marzo di quest’anno, nel quinto anniversario dalla pubblicazione dell’Esortazione apostolica postsinodale sull’amore nella famiglia, e si concluderà il 26 giugno 2022, in occasione del decimo Incontro Mondiale delle Famiglie che si svolgerà a Roma. Il Pontefice lo ha pensato come un anno di riflessione sul documento e un’opportunità per approfondirne i contenuti, e con la lettera firmata oggi intende accostarsi “con umiltà, affetto e accoglienza ad ogni persona, ad ogni coppia di sposi e ad ogni famiglia nelle situazioni che ciascuno sta sperimentando”, come a bussare alla porta di ogni nucleo familiare per porgere qualche parola di incoraggiamento e per esortare “ad andare avanti nel vivere la missione che Gesù ci ha affidato, perseverando nella preghiera e ‘nello spezzare il pane’”.
Francesco apre la sua riflessione considerando che l’attuale contesto storico invita “a vivere le parole con cui il Signore chiama Abramo a uscire dalla sua terra e dalla casa di suo padre verso una terra sconosciuta che Lui stesso gli mostrerà” e riconosce che “anche noi abbiamo vissuto più che mai l’incertezza, la solitudine, la perdita di persone care e siamo stati spinti a uscire dalle nostre sicurezze, dai nostri spazi di ‘controllo’, dai nostri modi di fare le cose, dalle nostre ambizioni, per interessarci non solo al bene della nostra famiglia, ma anche a quello della società, che pure dipende dai nostri comportamenti personali”. E se, come accaduto ad Abramo, è la relazione con Dio che “ci plasma, ci accompagna e ci mette in movimento come persone" e "ci aiuta a ‘uscire dalla nostra terra’”, in molti casi ciò accade “con un certo timore e persino con la paura dell’ignoto”. Tuttavia, osserva il Papa, “grazie alla nostra fede cristiana sappiamo che non siamo soli perché Dio è in noi, con noi e in mezzo a noi: nella famiglia, nel quartiere, nel luogo di lavoro o di studio, nella città dove abitiamo”. Gli sposi, spiega il Pontefice, fanno proprio un’esperienza simile a quella di Abramo, escono “dalla propria terra fin dal momento in cui, sentendo la chiamata all’amore coniugale”, decidono “di donarsi all’altro senza riserve”. Inoltre “le diverse situazioni della vita - il passare dei giorni, l’arrivo dei figli, il lavoro, le malattie - sono circostanze nelle quali l’impegno assunto vicendevolmente suppone che ciascuno abbandoni le proprie inerzie, le proprie certezze, gli spazi di tranquillità e vada verso la terra che Dio promette” che, nel caso degli sposi, è l’“essere due in Cristo, due in uno”, “un’unica vita, un ‘noi’ nella comunione d’amore con Gesù”.
Dopo aver descritto l’identità degli sposi, Francesco affronta le relazioni con i figli, che nei genitori cercano “la testimonianza di un amore forte e affidabile. “I figli sono un dono, sempre, cambiano la storia di ogni famiglia - rimarca il Papa -. Sono assetati di amore, di riconoscenza, di stima e di fiducia”. A loro c’è da trasmettere “la gioia di scoprirsi figli di Dio, figli di un Padre che fin dal primo istante li ha amati teneramente e li prende per mano ogni giorno”, perché abbiano “la fede e la capacità di confidare in Dio”. E ancora, aggiunge Francesco, c’è da educarli, accompagnare i loro processi di crescita, “essere presenti in tanti modi, così che i figli possano contare sui genitori in ogni momento”, perché “l’educatore è una persona che ‘genera’ in senso spirituale e, soprattutto, che ‘si mette in gioco’ ponendosi in relazione”. Insomma, i figli “hanno bisogno di una sicurezza che li aiuti a sperimentare la fiducia” nei genitori, “nella bellezza della loro vita, nella certezza di non essere mai soli, accada quel che accada”.
“Avete la missione di trasformare la società con la vostra presenza nel mondo del lavoro e di fare in modo che si tenga conto dei bisogni delle famiglie” specifica poi il Pontefice agli sposi, sollecitandoli a “prendere l’iniziativa all’interno della comunità parrocchiale e diocesana con le loro proposte e la loro creatività, perseguendo la complementarità dei carismi e delle vocazioni come espressione della comunione ecclesiale”, e ad affiancare i pastori “per camminare con altre famiglie, per aiutare chi è più debole, per annunciare che, anche nelle difficoltà, Cristo si rende presente”. E ancora il Papa spinge i coniugi “a partecipare nella Chiesa, in particolare nella pastorale familiare”, rammenta loro “che la famiglia è la ‘cellula fondamentale della società’, che “il matrimonio è realmente un progetto di costruzione della ‘cultura dell’incontro’” e che per questo “alle famiglie spetta la sfida di gettare ponti tra le generazioni per trasmettere i valori che costruiscono l’umanità”. Ma Francesco avverte pure che “c’è bisogno di una nuova creatività per esprimere nelle sfide attuali i valori che ci costituiscono come popolo nelle nostre società e nella Chiesa, Popolo di Dio”.
E non dimentica, il Papa, la vita di ogni giorno delle famiglie, le problematiche, le incomprensioni che possono sorgere in una coppia. Per questo, nella sua lettera agli sposi, definisce la vocazione al matrimonio “una chiamata a condurre una barca instabile - ma sicura per la realtà del sacramento - in un mare talvolta agitato”, una barca dove è presente Gesù che si preoccupa per i coniugi e rimane con loro in ogni momento, “nel dondolio della barca agitata dalle acque”. “È importante che insieme teniate lo sguardo fisso su Gesù - raccomanda caldamente Francesco alle coppie -. Solo così avrete la pace, supererete i conflitti e troverete soluzioni a molti dei vostri problemi. Non perché questi scompariranno, ma perché potrete vederli in un’altra prospettiva”. È solo abbandonandosi nelle mani del Signore che è possibile “affrontare ciò che sembra impossibile”, prosegue il Papa; “la via è quella di riconoscere la fragilità e l’impotenza”, che si sperimentano davanti a tante situazioni, e di avere comunque la certezza che nella debolezza si manifesta la forza di Cristo.
Scendendo, ancora, nelle pieghe della quotidianità, Francesco riflette “su alcune difficoltà e opportunità che le famiglie hanno vissuto in questo tempo di pandemia”. “Per esempio - rileva il Papa - è aumentato il tempo per stare insieme, e questa è stata un’opportunità unica per coltivare il dialogo in famiglia”. Cosa che ha richiesto “uno speciale esercizio di pazienza”, perché “non è facile stare insieme tutta la giornata quando nella stessa casa bisogna lavorare, studiare, svagarsi e riposare”. Da qui l’incoraggiamento a non lasciarsi vincere dalla stanchezza e, con la forza dell’amore, a “guardare più agli altri che alla propria fatica”. Francesco insiste, a tal proposito, su quanto da lui scritto nel capitolo quarto dell’Amoris laetitia circa l’amore nel matrimonio, suggerisce di rileggere l’inno paolino alla carità nella prima lettera ai Corinzi perché lo si applichi quotidianamente ed esorta gli sposi a chiedere con insistenza il dono della carità alla Santa Famiglia, perché ispiri decisioni e azioni. “Che la famiglia sia un luogo di accoglienza e di comprensione” continua il Pontefice, che torna ancora una volta sulle indicazioni date in diverse occasioni alle coppie: “Custodite nel cuore il consiglio che ho dato agli sposi con le tre parole: ‘permesso, grazie, scusa’. E quando sorge un conflitto, ‘mai finire la giornata senza fare la pace’”.
Agli sposi che hanno vissuto con difficoltà la convivenza durante la quarantena imposta dalla pandemia, perché “i problemi che già esistevano si sono aggravati, generando conflitti che in molti casi sono diventati quasi insopportabili”, e a quanti “hanno persino vissuto la rottura di una relazione in cui si trascinava una crisi che non si è saputo o non si è potuto superare”, il Papa esprime poi particolare vicinanza e affetto. Francesco riconosce che “la rottura di una relazione coniugale genera molta sofferenza per il venir meno di tante aspettative”, che “la mancanza di comprensione provoca discussioni e ferite non facili da superare” e che “nemmeno ai figli è risparmiato il dolore di vedere che i loro genitori non stanno più insieme”. Il consiglio del Pontefice è di non smettere di cercare aiuto, “affinché i conflitti possano essere in qualche modo superati e non provochino ulteriori sofferenze”. “Il Signore Gesù, nella sua misericordia infinita, vi ispirerà il modo di andare avanti in mezzo a tante difficoltà e dispiaceri - assicura Francesco -. Non tralasciate di invocarlo e di cercare in Lui un rifugio, una luce per il cammino”. Poi un ulteriore monito: “Non dimenticate che il perdono risana ogni ferita. Perdonarsi a vicenda è il risultato di una decisione interiore che matura nella preghiera, nella relazione con Dio - chiarisce il Papa - è un dono che sgorga dalla grazia con cui Cristo riempie la coppia quando lo si lascia agire, quando ci si rivolge a Lui”.
Ai giovani che preparandosi al matrimonio si scontrano con l’incertezza lavorativa e che temono di progettare il futuro, Francesco consiglia “il ‘coraggio creativo’ che ebbe San Giuseppe”, al quale, tra l’altro, ha dedicato l’anno appena trascorso. “Quando si tratta di affrontare il cammino del matrimonio, pur avendo pochi mezzi, confidate sempre nella Provvidenza - rassicura il Papa - perché ‘sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere’”. Quindi l’ulteriore incoraggiamento ad appoggiarsi alle famiglie, alle amicizie, alla comunità ecclesiale, alla parrocchia, “per vivere la futura vita coniugale e familiare” imparando da coloro che hanno già intrapreso questa strada.
Non manca il pensiero del Pontefice per i nonni, che nel periodo di isolamento imposto dalla pandemia “si sono trovati nell’impossibilità di vedere i nipoti e di stare con loro”, e per le “persone anziane che hanno sofferto in maniera ancora più forte la solitudine”. “La famiglia non può fare a meno dei nonni - sostiene Francesco - essi sono la memoria vivente dell’umanità, ‘questa memoria può aiutare a costruire un mondo più umano, più accogliente’”.
Infine il Papa conclude la sua lettera agli sposi invitandoli a guardare alla Santa Famiglia, tornando ancora sul coraggio creativo di San Giuseppe, “tanto necessario in questo cambiamento di epoca che stiamo vivendo, e indicando la Madonna come colei che può accompagnare nella vita coniugale “la gestazione della cultura dell’incontro, così urgente per superare le avversità e i contrasti che oscurano il nostro tempo”. Poi le ultime raccomandazioni di fronte alle tante sfide che le coppie si trovano ad affrontare: “Vivete intensamente la vostra vocazione. Non lasciate che la tristezza trasformi i vostri volti. Il vostro coniuge ha bisogno del vostro sorriso. I vostri figli hanno bisogno dei vostri sguardi che li incoraggino”. Ma anche i pastori e le altre famiglie, termina Francesco, hanno bisogno della presenza e della gioia, che viene dal Signore, di ogni coppia di sposi.
di Tiziana Campisi – Città del Vaticano
tratto da vaticannews.va
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