Giada, la protagonista di “Catene di cartapesta”, un breve racconto di Luigi Alici, è incinta e deve decidere se proseguire la gravidanza o abortire. E' lacerata dal dubbio, in preda alla paura di non riuscire ad essere una buona madre, di non essere capace di educare, di non saper aprire il proprio figlio alla vita.
del 05 febbraio 2008
Giada, la protagonista di “Catene di cartapesta”, un breve racconto di Luigi Alici, è incinta e deve decidere se proseguire la gravidanza o abortire. E’ lacerata dal dubbio, in preda alla paura di non riuscire ad essere una buona madre, di non essere capace di educare, di non saper aprire il proprio figlio alla vita. Da sola ha paura di non farcela e si rivolge all’unica persona che pensa possa aiutarla: il nonno materno che vive in un ospizio.
 
In un dialogo che via via si fa sempre più vero e profondo, l’anziano afferma che anche se educare è sempre più difficile esso resta il modo più alto per continuare a dare la vita. Educare equivale allora a perseverare nel generare quella vita che, iniziata dal punto di vista biologico ed anagrafico, attende e necessita sempre di essere portata a pienezza e a verità.
 
Anche papa Benedetto nella sua ultima lettera indirizzata giorni fa alla diocesi di Roma richiama tutti al compito arduo, ma necessario ed inderogabile, di educare le nuove generazioni e ribadisce che “alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita”. Spesso è la crisi di identità dell’adulto, troppo incline a concentrarsi sui propri  problemi, che provoca l’ incapacità di vivere l’educazione come un’espressione “dovuta” d’amore per i bambini e i giovani.
 
Immerso in un contesto plurale e frammentato, l’adulto stenta ad elaborare un quadro di riferimento unitario, organico e coerente e  non riesce pertanto a leggersi nel ruolo di educatore e a fornire valori e comportamenti solidi ed univoci alle nuove generazioni. Se l’energia di base che dovrebbe dominare la vita adulta è la cura, ovvero l’impegno paziente e fedele di prendersi cura di persone, realtà e idee verso i quali ci si è impegnati, allora abnegazione e capacità di mettere la propria vita al servizio di qualcosa che la supera e la trascende sono le  qualità adulte per eccellenza.
 
L’adulto alle prese con le sfide e le contraddizioni del nostro tempo, deve allora ritrovare una sua misura, ripensare il suo ruolo senza abdicare, ma anche senza guardare semplicemente indietro. Se la maturità non è un dato raggiungibile nella vita una volta per tutte, egli deve rimettere costantemente in gioco la partita della sua vita con coerenza e con coraggio. Diventare adulti significa prendere sul serio la chiamata alla responsabilità, sentirsi parte in causa in tutte le cose che ci riguardano e ci coinvolgono, anche per la vita degli altri, soprattutto per quella dei più piccoli e dei più indifesi
 
Solo un adulto disposto a farsi educare diventa credibile: “La vita viene destata e accesa solo dalla vita. La più potente forza di educazione consiste nel fatto che io stesso in prima persona mi protendo in avanti e mi affatico a crescere” (Romano Guardini).
 
Si tratta di approdare a quel fascio di energie che costituisce la propria educabilità prima che a quella dell’altro. Non è uno spazio da riempire, né una serie di comportamenti o di persuasioni da apprendere, bensì un fascio di energie inesauribili da sviluppare in tutto l’arco del vivere.
 
Compito che  permette di dare continuamente forma alla propria vita mentre la si dona, la si genera.
 
Compito che  permette di continuare ad educare nella consapevolezza che come scrive la costituzione conciliare Gaudium et spes: “Legittimamente si può pensare che il futuro dell’ umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza”
Francesca Zabotti
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