La suprema corte si pronuncia sul caso di due istituti cattolici di Livorno: dovranno pagare gli arretrati...
Per i vescovi italiani, quella della Cassazione che impone il pagamento dell'Ici a due scuole religiose di Livorno (arretrati Imu/Ici dal 2004 al 2009) è una «sentenza pericolosa», «ideologica», che intacca gravemente «la garanzia di libertà di educazione richiesta anche dall'Europa», mettendo fortemente a rischio la «sopravvivenza» degli istituti paritari. Il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, interpellato dall'ANSA, invita chi è chiamato ad adottare decisioni a «essere meno ideologico» e avverte: «non ci si rende conto del servizio che svolgono gli istituti pubblici paritari».
Mons. Galantino parla di sentenza «pericolosa» associandosi a quanto detto ieri dal presidente della Fidae, don Francesco Macrì, in quanto ora «si rischia realmente la chiusura di queste scuole». E questo, sottolinea, «significa limitare la libertà, contro la volontà della stessa Europa, che ci chiede invece garanzie sulla libertà educativa». Inoltre punta il dito contro «l'ideologizzazione» della questione, che viene posta sul piano di «un fatto tutto cattolico», mentre «qui bisogna parlare di «scuole pubbliche paritarie». «Non è la Chiesa cattolica ad affamare l'Italia - denuncia il numero due della Cei -. A scegliere le scuole paritarie sono un milione e 300 mila studenti, con grandi risparmi per lo Stato. Mentre gli istituti paritari ricevono contributi per 520 milioni di euro, lo Stato risparmia sei miliardi e mezzo».
La legge, secondo la Cassazione, è chiara: anche le scuole religiose devono pagare l'Ici poiché non sono attività che possono godere dell'esenzione. Quella della 5/a sezione civile della Cassazione, che ha accolto un ricorso del Comune di Livorno, è la prima sentenza del genere in Italia su una questione finora così controversa. Una decisione che ha provocato allarme nel mondo cattolico.
L'esenzione, spiega la Cassazione, è infatti «limitata all'ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione e di culto» indicate dalla legge del 1985. Ed in esse «non rientra l'esercizio di attività sanitarie, ricettive o didattiche, salvo non sia dimostrato specificamente che le stesse non siano svolte con modalità non commerciali». La linea tenuta dalle scuole paritarie è quella di provvedere ad un servizio, ma ciò alla Cassazione non basta. Come non basta il fatto che tali strutture possano operare in perdita: «Questione priva di fondamento, perché anche un imprenditore può operare in perdita». Ed il giudice di primo grado, ovvero la commissione tributaria Toscana, sbaglia - secondo i giudici della Cassazione - a ritenere irrilevante ai fini dell'Ici il corrispettivo pagato dagli utenti delle scuole paritarie, poiché esso «è un fatto rivelatore dell'esercizio dell'attività con modalità commerciali».
C'è stata una sola `finestra´, aperta dal decreto legge della fine del 2005, che `salvava´ dall'Ici le attività eventualmente commerciali. Ma esso, ricorda la Cassazione, ha avuto vita breve, fino al luglio 2006, poiché il provvedimento era «sospettato, non senza fondamento, di essere in conflitto con la normativa comunitaria sugli aiuti di Stato e con le regole della concorrenza».
Il ricorso del Comune di Livorno, che secondo la Fism, la federazione toscana delle scuole materne sarebbe stato animato da «pervicacia persecutoria», riguarda due istituti, uno gestito rispettivamente dalle Suore Mantellate Serve di Maria e l'altro dalle Salesiane di Don Bosco, e risale al 2010. Adesso però è l'intero sistema delle scuole paritarie, oltre 13.000 di cui il 63% delle quali cattoliche, che si sente in pericolo e la preoccupazione è bipartisan. Così se il sottosegretario del Miur Gabriele Toccafondi (Ncd) prevede che tra le scuole gestite da religiosi «molte aumenteranno le rette o chiuderanno» e nota che «l'Imu le scuole pubbliche statali non la pagano ed è giusto che lo stesso valga anche per le scuole pubbliche non statali», è il Pd Edoardo Patriarca a segnalare che «questi istituti vengono assimilati a realtà commerciali, ma in realtà svolgono un servizio pienamente pubblico, spesso laddove lo Stato non riesce ad arrivare». Entrambi dicono che la sentenza sarà comunque da rispettare. Ma, commenta Don Macrì della Fidae, è una sentenza che «lascia interdetti, che lascia senza parole, perché costringeranno le scuole paritarie a chiudere: hanno già dei bilanci profondamente in rosso, sono scuole che allo Stato costano quasi nulla, pur garantendo un servizio alla Nazione equiparabile a quello statale».
Dal canto suo il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, intervenendo da Aosta sulla sentenza in questione ha osservato: i giudici dicono «che c'è un trattamento diverso» tra pubbliche e paritarie «perché sono istituzioni diverse». «Penso che forse ci sia una riflessione da fare», ha detto dopo aver ricordato che in regioni come il Veneto, senza paritarie, Stato e Regione «si troverebbero in enormi difficoltà economiche e strutturali».
Paolo Petrini
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