Questa guerra non porta assolutamente niente di buono per nessuno. I bombardamenti colpiscono tutti, bambini e genitori. Ognuno si rifugia nei corridoi di una paura senza limiti.
21 novembre 2012
Qualche minuto fa è stata data la notizia che tanti speravamo. Una tregua! Vista la tragedia, il dolore per le vittime innocenti, le distanze delle parti in gioco, i precedenti la prudenza è d’obbligo. Ma la silenziosa preghiera che non sia solo un cessate il fuoco temporaneo, ma l’inizio di una nuova fase di cambiamento vero, resta custodita e viva nel cuore. Anche P.Jorge lo spera vivamente, così mi ha detto al telefono stasera, dopo una giornata di duri bombardamenti, specialmente dopo l’attentato a Tel Aviv.
Ma nella giornata di oggi si sono fatte sentire, oltre alle bombe e ai missili, voci importanti. La prima è quella di P. Pablo, appena uscito da Gaza visibilmente provato, nell’intervista realizzato da Serena dell’Franciscan Multimedia Center. Qui di seguito gli stralci delle altre voci di oggi:
Papa Benedetto XVI, dopo una settimana, ha finalmente parlato di Gaza, durante l’udienza generale del mercoledì:
“Seguo con grave preoccupazione l’aggravarsi della violenza tra gli Israeliani e i Palestinesi della Striscia di Gaza. Insieme al ricordo orante per le vittime e per coloro che soffrono, sento il dovere di ribadire ancora una volta che l’odio e la violenza non sono la soluzione dei problemi. Inoltre incoraggio le iniziative e gli sforzi di quanti stanno cercando di ottenere una tregua e di promuovere il negoziato”.
Il nostro patriarca Fouad Twal ha usato parole molto vibrate nel comunicato di oggi:
"Questa guerra non porta assolutamente niente di buono per nessuno. I bombardamenti colpiscono tutti, bambini e genitori. Ognuno si rifugia nei corridoi di una paura senza limiti. Da una parte i palestinesi a Gaza che soffrono gli attacchi aerei sproporzionati di Israele, dall’altra gli israeliani angosciati dai razzi provenienti da Gaza.
Alcuni gruppi di pellegrini hanno annullato le loro visite. Incombe già l’ombra oscura della guerra. Eppure, Dio sa quanto i pellegrinaggi contribuiscono alla pace. Sono un segno di solidarietà spirituale, umana ed economica per tutti gli abitanti della Terra Santa, quali che siano. Il Patriarca ricorda che una guerra non è mai santa. Condanna totalmente l’opzione della guerra, della violenza e della distruzione che rappresenta una minaccia per la sicurezza e la stabilità della regione. Per questo invita tutte le persone di buona volontà e tutti coloro che hanno nelle loro mani il destino dei loro popoli ad agire. Le scongiura di pensare agli innocenti.
Il custode P.Pierbattista Pizzaballa, con la sua consueta pragmaticità e realismo offre la sua riflessione:
Di fronte a tanta violenza e all’impotenza di tutti, per noi credenti la preghiera resta l’unica risorsa. Essa ci è necessaria come l’aria che respiriamo, perché ci consente di guardare a quanto sta accadendo con uno sguardo di fede. Il credente dovrebbe guardare al mondo con gli occhi di Dio che è Padre, giusto e misericordioso. È l’unico modo per non cadere nella logica della violenza e del rifiuto dell’altro, di cui questo ennesimo conflitto è testimone. Abbiamo bisogno, nonostante tutto ciò che sta accadendo, di credere ancora nell’Altro. Senza Dio, è impossibile.
Le nostre Comunità religiose dovranno impegnarsi, ancora di più, nelle tante piccole iniziative di dialogo e di pace. Non cambieranno il mondo in Terra Santa, ma saranno quella boccata di ossigeno che ci farà constatare che, nonostante tutto, ci sono ancora tante persone che rifiutano questa logica e sono disposte a impegnarsi seriamente e concretamente. Spetterà soprattutto alle Istituzioni che lavorano con i giovani, cui è affidato il nostro futuro,prendere iniziative di dialogo.
L’attesa della tregua nelle parole di p.Jorge, parroco di Gaza:
Normalmente le famiglie si riuniscono in un solo luogo della casa o dell’edificio (al pianterreno) e stanno lì al buio, aspettanto che passi la carica dei missili per poter continuare a respirare e ringraziare per il fatto di continuare a vivere con un “Benedetto sia Dio!”. Si fanno coraggio, si abbracciano tra loro e questo è ciò che considerano un “vero rifugio”: il fatto di stare insieme. Durante i bombardamenti i genitori dei bambini dicono loro che si tratta di una porta che si è chiusa, di qualcosa che è caduto. Coprono loro le orecchie perché non sentano, il rumore di un’esplosione è così terribile che può causare seri danni ad una persona.
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