Nella lotta al dilagare dello scambio di messaggi, foto o chat a sfondo sessuale tra adolescenti, il diritto cede il passo a genitori e insegnanti.
Giovani e pornografia, due universi sempre più drammaticamente a contatto. Non è solo la cronaca a raccontarcelo, con i casi di baby-prostitute che riempiono le pagine dei giornali, ma anche una ricerca dell’Istituto Internazionale di Sessuologia, che da molti anni opera nelle scuole per diffondere tra i più giovani i valori di una corretta e sana educazione sessuale, e tra genitori ed insegnanti gli strumenti per formare nel rispetto della dignità del proprio sé e dell’altro. L’attualità che questa ricerca svela è quella di un numero crescente di giovani che si inviano tramite sms o social network immagini erotiche di se stessi e di altri, per divertimento, bullismo o per lucro, rivelando clamorose lacune emotive ed affettive. Per conoscere meglio questa preoccupante tendenza e le armi con cui si tenta di combatterla, Aleteia ha intervistato una delle autrici della ricerca dell’Istituto Internazionale di Sessuologia (Irf), la psicologa e sessuologa Elena Lenzi, ed il segretario dell’Unione dei Giuristi Cattolici Italiani, Fabio Macioce, docente di Filosofia del Diritto e Biogiuridica presso la Lumsa. Il parere di un giurista infatti diventa tanto più importante se si pensa che è proprio da un’associazione di avvocati di famiglia statunitensi che qualche anno fa è giunto il primo grido d’allarme che segnalava il fenomeno e che chiedeva tutele per i minori.
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Il dilagare di questo fenomeno quali problematiche rivela nella psicologia dell’adolescente: emotive, di omologazione, di assenza di modelli e valori anche spirituali?
Lenzi: Certamente la psicologia dell’adolescente è in formazione. Di conseguenza lo specializzarsi in seduzione, o in visione o in invio delle immagini proprie del sexting porta a non permettersi di vivere anche certe emozioni. C’è un dato preoccupante rispetto alla negazione di emozioni: le immagini di apparati genitali o di sesso lasciano indifferenti una percentuale abbastanza alta di adolescenti, il 16%, e ciò significa che c’è una negazione dell’emozione. Ci sono anche problemi di omologazione: noi facciamo formazione nelle scuole proprio perché c’è il grande problema dell’essere tutti uguali. Si arriva anche a fare sesso la prima volta per un’omologazione dei comportamenti, e questo è un problema enorme che si ricollega alla lacuna emotiva. Per quanto riguarda l’assenza di modelli e di valori, dobbiamo ricordarci che i ragazzi sono ciò che noi insegniamo. Ecco perché una buona educazione alla sessualità, all’affettività, al rispetto di sé e al confronto con l’altro è quello che noi adulti dobbiamo dare; l’assenza di questo indubbiamente li lascia soli. Infatti, quello che noi ci ritroviamo sono ragazzi che vivono molto la solitudine e si sentono meno soli grazie al “mi piace” che gli arriva attraverso l’invio di certe immagini. Lei sa bene che da Facebook – e sexting lo fanno anche attraverso Facebook, ci sono delle applicazioni specifiche – arrivano i “mi piace”, e ricevere 100 “mi piace” ti fa sentire qualcuno.
Come definirebbe il rapporto degli adolescenti di oggi con il proprio corpo?
Lenzi: Effettivamente, col grande utilizzo di internet – e per questo è importante passare le giuste istruzioni su come utilizzare la rete – c’è una deprivazione sensoriale. Perciò anche il mostrare il proprio corpo è legato al fatto che non si ha una persona davanti, o uno sguardo che senti sul tuo corpo, ma il ragazzo o la ragazza è solo/a nella propria stanza. Dunque c’è un rapporto parziale anche di consapevolezza di ciò che si sta mostrando del proprio corpo: mostrano il proprio corpo non avendone consapevolezza proprio perché è un corpo che è appena sbocciato, quindi col quale devono rientrare un po’ in confidenza. Inoltre, l’esporlo per i motivi che dicevamo – il bisogno di avere conferme, il senso di solitudine – può portare a fenomeni anche gravi come il cyber-bullismo.
Il sexting è diffuso sia tra adolescenti che tra adulti: quali differenze, da un punto di vista psicologico?
Lenzi: Il prolungamento dell’adolescente che si specializza con questa modalità di entrare in contatto con gli altri attraverso il sexting può portare ad una difficoltà nell’adulto a confrontarsi nelle relazioni. Noi quando andiamo a fare introduzione alla sessualità poniamo molto l’attenzione sulla relazione con se stessi e con i cambiamenti del proprio corpo. Il che comporta anche il saper dire di no, il chiedere il permesso. Se l’adolescente non si forma su questo, emergono poi le problematiche che abbiamo oggi nelle relazioni tra adulti, dove si danno per scontate certi nostri modi di fare che devono essere per forza accettati. Non si sta sull’ascolto, questo è un problema grosso dell’adulto.
Ci racconta l’esperienza sua e degli altri ricercatori dell’IRF nella pratica di formazione di giovani ed adulti?
Lenzi: Noi facciamo educazione alla sessualità in scuole in tutt’Italia, come le facciamo in gruppi di famiglie che richiedono l’intervento dell’Istituto. L’intervento lo facciamo sia sui ragazzi, dalla materna in poi, e in parallelo sulle famiglie e sugli educatori, cioè gli insegnanti. Rispondono bene, c’è molto coinvolgimento: i ragazzi sono contenti di avere degli adulti autorevoli con cui poterne parlare, ma anche le famiglie vogliono capire come possono interagire con i ragazzi. Gli educatori, poi sentono il bisogno di avere persone che insegnino loro come sapersi muovere, perché il problema dell’educazione affettiva e sessuale è che tutti hanno bisogno di una formazione.
Il diritto italiano ha preso atto in qualche forma di questo fenomeno?
Macioce: Il fenomeno del sexting in quanto tale non è oggetto di normazione, cioè non ci sono testi normativi direttamente destinati a disciplinare il sexting. Questo non significa che il legislatore non abbia comunque i suoi strumenti, non abbia comunque disciplinato in altro modo alcune di queste pratiche. Allora se il sexting non è direttamente disciplinato dal legislatore, è anche vero che due minorenni che si scambiano materiale erotico attraverso messaggi al telefono attuano alcuni comportamenti che il legislatore in qualche modo ha disciplinato. Poniamo l’esempio che io attraverso Facebook o altri social network diffonda una foto erotica di una ragazzina, che me l’ha mandata sul cellulare: se questa è minorenne questo complica enormemente le cose perché entriamo nell’ambito della pedopornografia che è punita molto duramente e disciplinata dal legislatore italiano, se siamo entrambi maggiorenni violo comunque la privacy di questa persona, e la violazione della privacy è oggetto di disciplina da parte del legislatore. Oppure se io invece invio foto di parti del mio corpo a sfondo erotico ad altri, beh, se le invio a minorenni è un comportamento che lambisce le molestie e la violenza sessuale, se le invio a maggiorenni anche questo comportamento può essere di molestia, o stalking, a seconda della finalità per cui io lo faccio. Per cui il legislatore non è del tutto privo di strumenti.
Il confine tra legale e illegale coincide con lecito e non lecito, da un punto di vista morale ed educativo? Ad esempio, se ci sono due minorenni che si scambiano immagini tra loro, consensualmente senza diffonderle, da questo punto di vista il genitore o l’educatore è sprovvisto di strumenti legali per impedirlo?
Macioce: Beh, intanto dipende da quanto sono minorenni. Se sono sedicenni, effettivamente, c’è poco da fare. Se sono tredicenni, già gli strumenti nelle mani dei genitori, ma anche dell’autorità, sono sicuramente molto maggiori, perché comunque il materiale è considerato materiale pedopornografico, e anche la detenzione di questo materiale è di per sé un reato. Certo è un reato per il quale un tredicenne non può essere punito, però i genitori hanno certamente possibilità e strumenti per intervenire. Ricordiamoci che la potestà genitoriale è anche un potere/dovere, come dicono i giuristi, di limitare la libertà dei propri figli. Qualunque genitore sa bene che per fare il genitore deve limitare la libertà dei propri figli su tante cose, dalla scelta della scuola a quella delle persone che frequentano. Certo, maggiore diventa l’età del figlio, minore diventa questo potere di limitazione della libertà dei figli. Una cosa è certa: non possiamo pensare che sia il diritto a risolvere questi problemi. Non si può chiedere al legislatore di fare quello che le famiglie non riescono a fare, perché se una famiglia – lo abbiamo visto ora con la vicenda delle baby prostitute di Roma – è talmente incapace di gestire il rapporto con i propri figli da non riuscire ad impedire ad una ragazzina di prostituirsi, certamente è difficile che lo possa fare, se non quando si commettono reati eclatanti, l’autorità giudiziaria o la polizia. Il diritto è certamente molto più debole da questo punto di vista: non possiamo chiedere al diritto di impedire a dei tredicenni di scambiarsi dei messaggi di questo tipo se non ci riescono i genitori. Questa è un’illusione, quella che il diritto possa risolvere tutto, anche quello che la coscienza comune ha ormai deciso di non poter più risolvere. C’è un problema educativo da risolvere, prima ancora che giuridico.
Anche perché poi diventa difficile capire se dietro uno scambio di immagini c’è la promessa di regali o altro.
Macioce: Certo, il diritto di fronte ad un episodio di questo tipo deve senz’altro interrogarsi e valutare tutte le circostanze del caso, per cui bisognerà vedere se lo scambio di immagini è a fini di lucro, di molestie, di intrusione della privacy, e così via. Però quale sia il contorno della vicenda, che ovviamente conta tantissimo a livello giuridico, a livello morale già di per sé è una vicenda preoccupante, qualunque sia il motivo per cui due adolescenti si scambiano foto erotiche, che sia per divertimento o per lucro. Certo, una cosa è più grave dell’altra, ma è comunque moralmente molto preoccupante l’assenza di pudore, l’assenza di rispetto per se stessi e per il proprio corpo. Per questo dico che prima di tutto ci vuole un’opera educativa, di lavoro sulle coscienze e sulla dignità delle persone, sulla capacità delle persone di percepire la propria dignità, soprattutto i minori. Poi può anche intervenire il diritto di fronte a violazioni macroscopiche, ma è chiaro che arriverà sempre tardi e sempre in misura parziale.
Emanuele D'Onofrio
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