Allo sguardo con cui Gesù e Maria si benedicono non manca proprio nulla: né la concretezza della terra, né la più grande concretezza del cielo, né la visibilità delle cose della terra, né la trasparenza delle cose del cielo...
del 22 ottobre 2010
          Dopo aver meditato sull’unità di Gesù e Maria, portiamo la nostra attenzione sulla loro reciprocità. Qui risiede la ragione fondamentale dell’atto di affidamento a Maria: noi cristiani amiamo Maria e ci affidiamo a lei, anzitutto perché Gesù stesso l’ha amata e le si è affidato, e poi perché Maria, a sua volta, lo ha amato e Gli si è affidata.
 
          L’atto di affidamento ha radici profondissime, addirittura trinitarie. Gesù e Maria vivono in maniera perfetta il dinamismo dell’amore, che è quello di esistere l’uno con l’altro, l’uno per l’altro, l’uno nell’altro, che è reciproco riconoscimento e affidamento, reciproco servizio e dedizione, reciproca custodia e dimora. In questo senso l’affidamento non si aggiunge all’amore, ma è appartiene all’amore: quando si ama ci si affida.
          In questa luce, l’atto di affidamento si innesta al cuore dell’ideale cristiano disegnato da Gesù stesso, che è quello di dimorare e operare in Dio, e lasciare che Dio dimori e operi in noi. Questa “inabitazione” ci rende participi dell’amore di Dio, della sua gioia, della sua fecondità: Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
          E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me (Gv 17,21-23).
          Ora, Gesù e Maria sono la perfetta realizzazione dell’ideale che Gesù ha lasciato nel suo testamento: Maria ha infatti dimora eterna nel cuore del Figlio, e il Figlio trova la sua dimora terrena nel cuore di Maria. Per questo nessuna creatura è più felice di Maria, nessuna è più feconda di lei, a nessuna è concesso un più grande potere di intercessione.
          L’obiettivo di questa meditazione, a cui corrisponde la grazia da chiedere, è di vivere alla presenza e sotto lo sguardo di Gesù e di Maria, per imparare a guardare Gesù come lo guarda Maria e guardare Maria come la guarda Gesù.
          1. NELL’AFFIDAMENTO DI DIO
          Noi ci affidiamo a Maria, anzitutto perché anche Dio si è affidato a lei: Bisogna riconoscere che prima di tutti Dio stesso, l'eterno Padre, si è affidato alla Vergine di Nazareth, donandole il proprio Figlio nel mistero dell'incarnazione…
          Dio, nel sublime evento dell'incarnazione del Figlio, si è affidato al ministero, libero e attivo, di una donna (RM 39.46).Maria è lo strumento eletto di cui Dio si è servito per comunicarsi agli uomini: l’ha resa affidabile rivestendola di grazia, l’ha trovata affidabile per la sua fede, le si è affidato per rivestire il suo Verbo della nostra carne.
          Maria è il centro di ogni affidamento, perché è il vaso verginale, nuziale e materno di ogni grazia. In lei tutto viene accolto, custodito, offerto nel migliore dei modi. Noi uomini ci affidiamo a lei per la nostra santificazione, perché Dio si è affidato a lei per la sua incarnazione. Se dunque Dio ha trovato Maria affidabile per Sé, come non lo sarà per noi?
          Riflette il Montfort: Per il fatto che la santissima Vergine è necessaria a Dio, bisogna dire che ella è ancor più necessaria agli uomini per raggiungere il loro ultimo fine. Non si tratta di una necessità provvisoria, ormai consegnata alla storia, ma di una necessità permanente, intramontabile: Poiché Dio ha voluto cominciare e compiere le sue più grandi opere per mezzo della Vergine Maria fin dal momento in cui l’ha plasmata, bisogna credere che non cambierà metodo nei secoli dei secoli.
          In questo senso, la famosa espressione di san Cipriano, secondo la quale «non può avere Dio per Padre chi non la ha Chiesa per Madre» vale a maggior ragione nei confronti di Maria.
          Grignion de Montfort lo richiama espressamente, impiegando l’analogia con la generazione naturale: Come nell’ordine naturale ogni figlio deve avere un padre e una madre, così nell’ordine della grazia ogni vero figlio della Chiesa deve avere Dio per Padre e Maria per Madre…
          Dio Padre vuole avere figli per mezzo di Maria sino alla fine del mondo: come nella generazione naturale e fisica c’è un padre e una madre, così nella generazione soprannaturale e spirituale c’è un padre che è Dio e una madre che è Maria. Tutti i veri figli di Dio e predestinati hanno Dio per padre e Maria per madre; e chi non ha Maria per madre non ha Dio per padre.
          2. NELLO SGUARDO DI GESÙ
          Gesù e Maria sono i più grandi contemplativi della storia. Di più, sono il fondamento di ogni contemplazione cristiana! Maria è stata partecipe della vita di Gesù dalla culla alla tomba, lo è stata sulla terra e lo è per sempre nel cielo.
          Lo è stata in quella forma particolarmente intensa che è il legame d’amore fra una madre e un figlio, e in quella estrema profondità di chi ha saputo prima accoglierlo e poi perderlo, generarlo e sacrificarlo, senza alcuna riserva e senza alcuna protezione. In Gesù Maria ha visto il più bello fra i figli dell’uomo – ed era il suo figlio! – e Gesù ha visto in Maria colei che è la benedetta fra tutte le donne – ed era la sua mamma!
          Lo sguardo cristiano trae origine e linfa dal loro sguardo: La Chiesa, sin dal primo momento, “guardò” Maria attraverso Gesù, come “guardò” Gesù attraverso Maria (RM 26).Perciò chi si affida a Maria la riceve in dono da Gesù e riceve in dono il suo sguardo su Gesù: «si può dire che a colui che si sforza di conoscerla e amarla, lo stesso Cristo indica sua Madre come fece, sul Calvario, al suo discepolo Giovanni» (Giovanni Paolo II).
          Il fatto che il reciproco affidamento tra Gesù e Maria sostiene il nostro affidamento, ha molti e profondi motivi.
          Il primo motivo, ben tratteggiato da Balthasar, si riferisce all’economia generale di tutta l’opera di Dio, ed è la necessità di un grembo totalmente accogliente per il farsi carne della Parola, un grembo insieme fisico e spirituale che Dio non avrebbe potuto trovare in nessun’altra creatura al di fuori di Maria: Qualcuno dovette ricevere la Parola così incondizionatamente che questa si fece posto in una creatura umana per incarnarsi in lei come il figlio in una madre.
          Questa Madre, che si è aperta e offerta senza riserve alla Parola di Dio, non siamo noi; nessuno di noi dice a Dio un sì incondizionato. Il consenso perfetto è per noi irraggiungibile a priori.
          Eppure esso fa parte delle condizioni richieste perché la Parola di Dio giunga effettivamente sino a noi e divenga la via che noi uomini dobbiamo percorrere. Essa non avrebbe potuto incarnarsi in un cuore che si fosse aperto a Dio solo per metà, poiché il figlio è essenzialmente dipendente dalla madre, si nutre della sua sostanza psicosomatica, viene da lei allevato in un vero e fecondo essere-uomo.
          L’essere prima della Madre, che fa parte dell’apertura della strada tra Dio e noi, non indica l’isolamento di lei, ma lo schiudersi della possibilità che anche noi diventiamo capaci di dire di sì a Dio.
          Qui si capisce come affidarsi a Maria è entrare nel mistero del suo sì, è comprendere con il cuore quanto sia decisivo avere un cuore povero, casto e obbediente, cioè tutto disponibile a Dio, e quanto sia invece dannoso anche un solo grammo d’orgoglio, di attaccamento disordinato ai propri beni, ai propri affetti, alle proprie idee.
          Poiché Dio si dà tutto, noi non possiamo dargli solo qualcosa! E se si obietta che come creature finite non siamo in grado di dare tutto, almeno una cosa possiamo dare totalmente: la nostra disponibilità a lasciar accadere la volontà di Dio, come Maria! Precisamente in questo sta la grandezza di Maria, e proprio in questo risiede il passo decisivo della vita spirituale.
          Il secondo motivo che fa del reciproco sguardo fra Gesù e Maria il fondamento della nostra fede in Lui e del nostro affidamento a lei è la profondità di questo sguardo, uno sguardo maturato nel seguire il Signore da Betlemme al Calvario, dal sì gioioso di Nazaret, che ha dischiuso le vie di Dio verso l’uomo, al sì doloroso del Golgota, dove l’uomo ha ritrovato accesso al cuore di Dio.
          Benedetto XVI, nella sua visita a Torino, ha espresso parole belle e profonde per spiegare come nello sguardo di Maria si impari a riconoscere il volto di Gesù: La Vergine Maria è colei che più di ogni altro ha contemplato Dio nel volto umano di Gesù.
          Lo ha visto appena nato, mentre, avvolto in fasce, era adagiato in una mangiatoia; lo ha visto appena morto, quando, deposto dalla croce, lo avvolsero in un lenzuolo e lo portarono al sepolcro. Dentro di lei si è impressa l’immagine del suo Figlio martoriato; ma questa immagine è stata poi trasfigurata dalla luce della Risurrezione.
          Così, nel cuore di Maria, è custodito il mistero del volto di Cristo, mistero di morte e di gloria. Da lei possiamo sempre imparare a guardare Gesù con sguardo d’amore e di fede, e a riconoscere in quel volto umano il Volto di Dio.
          Bisogna anche pensare – terzo motivo che ci spinge a porre il nostro affidamento nello sguardo di Gesù e di Maria – che la profondità dello sguardo mariano non si limita alla sua vicenda terrestre, ma ha origini e compimenti celesti.
          Moltissimi padri antichi e moderni hanno messo in luce come l’affidamento a Maria si radica nell’eternità di Dio: Maria è stata dimora, custodia e riposo del Figlio anzitutto perché Dio l’ha nascosta, l’ha custodita e l’ha fatta dimorare in se stesso.
          Allo sguardo con cui Gesù e Maria si benedicono non manca proprio nulla: né la concretezza della terra, né la più grande concretezza del cielo, né la visibilità delle cose della terra, né la trasparenza delle cose del cielo.
          Splendide le parole del Card. Bérulle, dove Maria è contemplata come Sede della Sapienza perché nella Sapienza divina ha da sempre trovato dimora: Parlare di Maria è parlare di Gesù talmente essi sono uniti, e Maria è il più grande oggetto della sua grazia e il più prezioso effetto della sua potenza… Dio che alleva, guida, ama Maria, la nasconde in se stesso.
          Ed è Lui, o Vergine santa, il tuo tempio e il tuo santuario, come lo è per la Gerusalemme celeste di cui è detto che l’Agnello è il suo tempio. Anche voi un giorno dovete essere il suo tempio, il tempio vivente di un Dio vivente.
          Dio dunque nasconde in se stesso questa persona eletta come un tesoro che riserva per sé attraverso il segreto e la singolarità della sua elezione, perché la destina ad essere sua madre… Dio la nasconde a se stessa e la nasconde in se stesso, nel segreto del suo seno, cioè nel segreto della sua sapienza e della sua condotta che è come un velo sotto il quale nasconde il nuovo stato al quale la vuole innalzare.
          3. NEL MISTERO DELL’OBBEDIENZA
          La nostra consacrazione a Gesù e il nostro affidamento a Maria trovano sostanza soprattutto nel mistero della loro reciproca obbedienza e riconoscenza, fedele traduzione su scala umana della piena corrispondenza d’amore che vi è in seno alla Trinità. Spiega Balthasar: Al principio di ogni attività sta l’obbedienza.
          La disponibilità del Figlio a essere inviato dal Padre, secondo la sua volontà. Il non mettersi avanti dell’uno rispetto agli altri, l’abbandono, l’indifferenza. Già la traiettoria dal seno del Padre eterno al grembo della Madre temporale è un cammino nell’obbedienza, il più difficile e ricco di conseguenze, ma che viene percorso nella missione ricevuta dal Padre: “ecco io vengo per fare la tua volontà” (Eb 10,7)…
          Ma ora il Verbo deve diventare uomo, l’intero evento della salvezza non è più solo un affare interno della divinità. Incarnarsi significa diventare Figlio di una madre, che deve pronunciare il suo pieno consenso umano alla concezione del seme divino.
          In nessun modo e sotto nessun riguardo l’uomo viene sopraffatto e forzato da Dio, non può né deve essergli imposto qualcosa, con le cui possibili conseguenze egli non sia d’accordo preventivamente, pur non conoscendole.
          Dunque Gesù e Maria, Lui come Figlio e lei come Madre, si raccomandano al nostro affidamento perché si obbediscono e si esaudiscono a vicenda. Ciò che è notevole non è soltanto la doverosa sottomissione della creatura al Creatore – presente in tutte le religioni – ma anche e soprattutto la sorprendente sottomissione del Creatore alla creatura!
          Ecco un nuovo motivo per affidarci in filiale obbedienza a Maria: l’obbedienza stessa di Dio! Dice padre Livio Fanzaga: La Piena di Grazia non è stata unicamente la genitrice, ma anche l’educatrice e la formatrice di Gesù. Gesù l’ha ascoltata, l’ha seguita e si è assoggettato a lei.
          Solamente i cristiani presuntuosi e vuoti possono ritenere superflua la presenza di Maria lungo il corso del loro cammino spirituale… Se l’Onnipotente si è affidato al Figlio per realizzare i suoi piani, non dovremmo forse affidarci anche noi per portare a compimento la missione della nostra vita?
          Certo, è cosa mirabile, che dice tutto lo stile amoroso di Dio, la cui onnipotenza si esercita nella forma dell’umiltà, e la cui autorità si attua al modo dell’obbedienza. Tutti i grandi padri, antichi, medioevali e moderni, ne hanno sempre provato profondo stupore. Offriamone qualche esempio con san Bernardo: “E stava loro sottomesso”.
          Chi? A chi? Dio agli uomini: Dio, ripeto, a cui gli angeli sono sottomessi, cui obbediscono i principati e le potestà, costui era soggetto a Maria; e non solamente a Maria, ma anche a Giuseppe a causa di Maria. Ammira perciò le due cose, e scegli quella che maggiormente ti colpisce, la benevolissima condiscendenza del Figlio o l’altissima dignità della Madre, l’una e l’altra miracolosa.
          Sia che Dio obbedisca a una donna, un’umiltà senza analogia; sia che una donna comandi a Dio, una grandezza senza confronto… O uomo, impara ad essere obbediente; o terra, impara ad essere soggetta; o polvere, impara ad essere sottomessa. Quando l’evangelista dice, parlando di chi ti ha creato, “e stava loro sottomesso”, lo dice riferendosi senza dubbio a Maria e a Giuseppe.
          Arrossisci, o superba cenere! Dio si umilia, e tu ti esalti? Dio si sottomette agli uomini e tu, bramando di dominare gli uomini, anteponi te al tuo creatore?... O uomo, se non ti degni di imitare l’esempio di un uomo, certamente non sarà indegno di te seguire il tuo stesso creatore.
          In pratica, affidandoci a Maria, noi obbediamo a Colei a cui Dio stesso obbedisce! Affidandoci a lei, noi imploriamo tutto attraverso colei a cui Dio non nega nulla. Dice sant’Alfonso: Il Figlio non nega alla Madre niente di quanto ella gli chiede, come fu rivelato a santa Brigida.
          La santa udì un giorno Gesù che parlando con Maria le disse: “Madre mia, tu sai quanto ti amo; perciò chiedimi quello che vuoi, perché qualsiasi tua domanda non può non essere esaudita da me”. E Gesù ne spiegò mirabilmente la ragione: “poiché non mi hai negato nulla sulla terra, non ti negherò nulla in cielo”.
          4. PER LA PREGHIERA E LA VITA
          Guardo Maria immedesimandomi nello sguardo di Gesù e guardo Gesù accompagnato dallo di Maria. Considero come io sono creato, amato, salvato, santificato nel fuoco del loro modo di rivolgersi, di accogliersi, di donarsi, di obbedirsi, di esaudirsi, di appartenersi.
          Vivo come Maria sotto lo sguardo e la benedizione di Gesù, facendo ogni cosa per Lui, con Lui e in Lui?
          Guardo Gesù come lo guarda Maria, consapevole della sua umanità e divinità, del suo essere mio Redentore e mio Signore, Colui che mi rende veramente uomo e veramente figlio di Dio? Come vivo la pratica del Rosario?
          Mi aiuta a contemplare il volto del Signore nello sguardo di Maria e invocare le grazie del Signore con l’intercessione di Maria?
          Il Rosario è la forma di affidamento a Maria più semplice e conosciuta. Preghiamo e mettiamo il nostro impegno perché i giovani lo riscoprano e lo pratichino con fedeltà e amore, si accresca in loro il gusto della preghiera e il senso della provvidenza, maturino una mentalità di fede che ispiri gli affetti, le decisioni, le azioni.
 
don Roberto Carelli
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