Bertilla aveva un segreto: Gesù. Lo aveva incontrato proprio nella sofferenza e se ne era innamorata. Tra loro due era nata una di quelle misteriose intese che non hanno spiegazioni razionali ma che trasformano le persone. Dei suoi 20 anni, 12 erano stati funestati da grandi e continue sofferenze. Da Gesù, Bertilla riceva forza e speranza. Lui era diventato la sua guida, il suo “amico segreto”.
del 06 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
 
Si chiamava Bertilla Antoniazzi, ed è morta nel 1964, quando aveva solo 20 anni. Da allora sono trascorsi 47 anni, ma Bertilla è viva più che mai nel ricordo di tantissime persone.
          Tutti coloro che l’hanno conosciuta, continuano a parlarne con entusiasmo e amore. Raccontano che il suo funerale sembrava una festa. C’era una folla di persone commosse e insieme sorridenti. Piangevano la perdita di una ragazza ventenne, amica cara, ma non erano tristi, perché sapevano che era andata in paradiso. In tutti c’era questa convinzione perché in tutti Bertilla aveva lasciato un ricordo straordinario. Non legato alla sua bellezza, che era notevole, e neppure alla sua giovinezza vissuta con entusiasmo, ma alla sua bontà angelica. 'E’ morta una santa', dicevano.
          Dei suoi 20 anni, 12 erano stati funestati da grandi e continue sofferenze. Una malattia al cuore le toglieva il respiro e le forze, la costringeva per lunghi periodi a letto e all’ospedale, ma la malattia non è mai riuscita a spegnere la sua gioia di vivere, a vincere il suo ottimismo, a toglierle il sorriso.
          Bertilla aveva un segreto: Gesù. Lo aveva incontrato proprio nella sofferenza e se ne era innamorata. Tra loro due era nata una di quelle misteriose intese che non hanno spiegazioni razionali ma che trasformano le persone. Da Gesù, Bertilla riceva forza e speranza. Lui era diventato la sua guida, il suo “amico segreto”. Da ragazzina fragile e timida, Lui l’aveva trasformata in una dolce ed eroica testimone della sofferenza “vissuta” con amore. E dopo la sua morte, Lui ha continuato a tenerne vivo il ricordo concedendo, per sua intercessione, grazie straordinarie.
          Per ricordare Bertilla Antoniazzi, quest’anno, un gruppo di suoi amici ha voluto realizzare una speciale iniziativa natalizia: un DVD che racconta la storia di questa ragazza e lo stanno diffondendo con un singolare slogan: “Per Natale, regalate Bertilla”.
          'E’ una iniziativa rivolta soprattutto ai giovani', dice suor Pia Luigia Antoniazzi, sorella di Bertilla, religiosa Elisabettina che svolge il suo apostolato nella parrocchia di San Domenico a Crotone. 'Il DVD è un mezzo moderno, utilizzato soprattutto dalle nuove generazioni. E Bertilla è giovane, parla ai giovani, ha un grande fascino sui giovani e i giovani oggi hanno bisogno di esempi luminosi, punti di riferimento candidi come la neve. Per questo, abbiamo pensato di raccontare la sua storia con un DVD, in modo da raggiungere più facilmente il mondo giovanile'.
          La caratteristica spirituale di Bertilla Antoniazzi è costituita dalla sofferenza “vissuta” nell’ottica della Fede cristiana. Cioè, nella consapevolezza che ogni sofferenza, accettata per amore di Cristo, diventa un bene prezioso per i fratelli.
          San Paolo, spiegando ai Corinti il “valore salvifico della sofferenza”, scrisse: 'Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo in favore del suo corpo che è la Chiesa…Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi'.
          Giovanni Paolo II ha dedicato una sua magnifica “Lettera apostolica”, “Salvifici Doloris”, a queste parole di San Paolo. 'La sofferenza di Cristo', ha spiegato Papa Wojtyla 'ha creato il bene della redenzione del mondo. Questo bene in se stesso è inesauribile ed infinito. Nessun uomo può aggiungervi qualcosa. La redenzione, però, anche se compiuta in tutta la sua pienezza con la sofferenza di Cristo, vive e si sviluppa come Corpo di Cristo, che è la Chiesa, ed in questa dimensione ogni umana sofferenza, in forza dell’unione nell’amore con Cristo, completa la sofferenza di Cristo. La completa così come la Chiesa completa l’opera redentrice di Cristo'. E ancora: 'Coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo conservano nelle proprie sofferenze una specialissima particella dell'infinito tesoro della redenzione del mondo, e possono condividere questo tesoro con gli altri'.
          Verità sublimi, per il cristiano. Verità che indicano come la sofferenza, fisica e morale, che è pane quotidiano di ogni esistenza umana, se “vissuta” per amore di Cristo può dare alla persona una dimensione spirituale altissima.
          Bertilla era entrata in questa ottica. Ammalata cronica, destinata alla morte precoce, aveva imparato non “ a subire” quella condizione, non “a sopportarla”, ma ad “abbracciarla”, ad “utilizzarla”. A quindici anni, si era iscritta alla associazione “Centri Volontari della Sofferenza” fondata a monsignor Luigi Novarese nel 1947, e negli ideali di quella associazione aveva trovato il senso e il valore pieno della propria esistenza torturata dalla malattia. Un’esistenza che, agli occhi del mondo, poteva sembrare “misera”, “pietosa”, “inutile”; ma che, vissuta in unione con Cristo, diventava “una preghiera incessante”. Bertilla divenne una “missionaria” della sofferenza”. Ogni mattina “indossava” il suo dolore, come si indossa una divisa. Lo indossava con entusiasmo, anche se era pesante come un macigno sotto il quale si sentiva schiacciare. E visse così le giornate degli anni più belli della sua adolescenza e della sua prima giovinezza, inchiodata a quella croce, ma con il sorriso sulle labbra. Da eroina, non da sconfitta.
          'Per noi, in famiglia, Bertilla era solo una ragazza buona e paziente', ricorda suor Pia Luigia. 'Non si lamentava mai. A volte il male era così forte da farla piangere, ma anche con le lacrime agli occhi, sorrideva. Non l’ho mai sentita pronunciare parole di sconforto. Invece, ripeteva spesso: “Tutto per amore di Dio”.
          'In casa, non davamo molto valore a quella frase. Pensavamo fosse un suo modo di dire per farsi coraggio. Solo dopo la sua morte abbiamo scoperto che, invece, quella frase era un preciso programma di vita per lei. Abbiamo trovato dei piccoli quaderni ai quali Bertilla confidava i propri pensieri, le proprie aspirazioni, e abbiamo così scoperto che ogni attimo della sua vita era vissuto in unione con Gesù. Le sue giornate, e anche le sue notti rese insonni dalla malattia, le offriva a Gesù.
          Nei suoi quadernetti annotava le intenzioni particolari per cui offriva le sue sofferenze. Il lunedì, per la conversione dei peccatori; il martedì, per le missioni; il mercoledì, per il Papa, e poi per i poveri, per i moribondi, per la Chiesa, per le anime del purgatorio, per tutto il mondo. C’era anche proprio questa intenzione: “oggi soffrirò per tutto il mondo”. Anche se non si muoveva dal suo letto , dalla sua cameretta, aveva interessi spirituali che spaziavano ovunque'.
Bertilla, aveva un direttore spirituale?
          Non che io sappia. Penso che il suo direttore spirituale fosse proprio Gesù. Bertilla era un’anima aperta, generosa, sensibile. Gesù le avrà proposto un’ideale di santità e lei è stata pronta ad abbracciarlo.
          Certo, un buon esempio di vita cristiana veniva dai nostri genitori. La mamma era una donna di grande fede. Affrontava le difficoltà, i disagi, i dolori confidando nella Divina Provvidenza. Erano gli anni difficili del dopoguerra. La nostra era una famiglia numerosa, nove fratelli, e due ammalati. Oltre a Bertilla, avevamo anche un fratellino reso sordo e muto da una cura medica errata. La mamma, e anche nostro padre, hanno affrontato tutto con speranza, confidando costantemente nell’aiuto del Signore. Questo esempio ha certamente influito sulla formazione spirituale di Bertilla. Avevamo anche una zia, sorella di mia madre, suora Elisabettina come me, che morì in concetto di santità. Bertilla aveva per lei una profonda ammirazione.
          Ad un certo momento, forse verso i sedici anni, durante un lungo soggiorno in ospedale a Vicenza, mia sorella lesse la vita di Bertilla Boscardin, una suora nativa di un paese vicino a Vicenza, morta nel 1922, a 34 anni, e che era stata proclamata beata da Pio XII nel 1954. Bertilla entrò subito in sintonia con quella giovane religiosa santa. Forse anche perché ne portava il nome e perché era vicentina come lei. La beata Bertilla divenne il suo esempio, la sua più cara intima amica. E quando, nel 1961, venne proclamata santa, mia sorella piangeva di gioia. Si può dire che Santa Bertilla fu la sua “guida spirituale” negli ultimi anni di vita. E, caso curioso ma significativo, mia sorella morì lo stesso giorno dello stesso mese e alla stessa ora di quando, nel 1922, era morta Santa Bertilla. Sembrava proprio che la sua amica fosse venuta a prenderla.
Perché non è ancora stato aperto il processo di beatificazione per una ragazza che visse in modo così esemplare?
          Tutti quelli che hanno conosciuta Bertilla sono convinti che visse da autentica santa. Subito dopo la sua morte, vennero raccolte molte testimonianze. Il vescovo di allora, interpellato se fosse il caso di aprire un processo di beatificazione per Bertilla, rispose: “Preghiamo e lasciamo fare al Signore”. Così abbiamo fatto. E il Signore non ha permesso che Bertilla venisse dimenticata. Anzi, concedendo per sua intercessione tante grazie, ha contribuito ad allargare sempre più la sua conoscenza.
Che genere di grazie?
          Conversioni, cambiamenti di vita, e anche guarigioni. Subito dopo la sua morte, alla parrocchia di Sant’Agostino a Vicenza, la parrocchia di Bertilla, sono cominciata ad arrivare lettere. E con il passare del tempo le lettere, invece di diminuire, sono aumentate. Hanno cominciato ad arrivare anche da città lontane da Vicenza, e non sapevamo come mai Bertilla fosse conosciuta anche da quelle parti. Furono scritti anche dei libretti che raccontavano la vita di Bertilla e raccoglievano le testimonianza di coloro che l’avevano conosciuta. Ma il “mezzo” con cui si è diffusa la conoscenza di Bertilla è stato il “passaparola”, soprattutto da parte di chi, per sua intercessione, aveva ottenuto qualche grazia.
Tra le grazie attribuite all’intercessione di Bertilla, ce n’è qualcuna di molto importante?
          Certamente. Un caso strepitoso si è verificato nella parrocchia di San Domenico dove io lavoro. E’ molto importante perché è avvenuto nell’ospedale di Crotone, quindi sotto il controllo dei medici. Riguarda una bambina di nome Lorena. Era nata il 24 agosto del 2000, prematura, dopo soli 5 mesi di gravidanza e pesava 800 grammi. Aveva un sacco di problemi. Venne messa in incubatrice, ma i medici non davano alcuna speranza. Conoscevo i genitori della bambina e ho parlato loro di mia sorella, invitandoli a pregare. Bertilla, in vita, aveva un grande amore per i bambini e pensavo che avrebbe aiutato Lorena, come aveva già fatto in altre occasioni. Ma questa volta sembrava che le preghiere non ottenessero niente e la situazione andava peggiorando. Un giorno i medici dissero che non c’erano più speranze. Lorena venne battezzata e si attendeva la fine. Durante la notte, la mamma di Lorena sognò di essere andata a trovare la piccola all’ospedale. Ma, entrando nella stanza, fu accecata da una luce intensissima. Riuscì a vedere l’incubatrice in un angolo, che era però vuota. Spaventata, scoppiò in singhiozzi, ma sentì una voce che diceva: “Non piangere, perché Lorena da oggi non avrà più bisogno di nessuna cura”.
          Si svegliò di soprassalto e al mattino presto con il marito andò all’ospedale. Con la morte nel cuore entrò nella stanza dove si trovava la bambina e vide che la piccola non aveva la solita maschera dell’ossigeno attaccata al volto. Chiese spiegazioni. I medici le dissero che si era verificato un miglioramento improvviso, straordinario e inspiegabile. La bambina ora respirava regolarmente ed erano scomparse le cause che richiedevano l’uso dell’ossigeno. Nei giorni successivi il miglioramento continuò sempre più vistoso. Dopo una settimana, Lorena potè tornare a casa e non ebbe più alcun disturbo. Ora ha undici anni, è una bambina sana, vivace, piena di vita e milita nel movimento degli Scout della parrocchia.
          'Questo', prosegue Suor Pia Luigia 'non è l’unico caso veramente straordinario la cui felice soluzione viene attribuita all’intercessione di Bertilla. Ce ne sono altri. Oggi, Bertilla non è più conosciuta solamente a Vicenza e nella provincia di Vicenza, la terra dove è nata e vissuta. Ma ha molti amici diffusi per tutta Italia e anche all’estero. La grazie ottenute per sua intercessione sono dei “segni” che fanno pensare che sia maturato il tempo per iniziare il processo di beatificazione'.
Per questo avete realizzato il DVD sulla vita di Bertilla?
          'Come ho detto, mia sorella è morta giovane ed è rimasta giovane. Parla ai giovani. E siamo ricorsi a questo mezzo che è diffuso tra i giovani. Il DVD si intitola “Un cuore che parla”. E’ una cosa semplice, come sarebbe piaciuto a Bertilla. Costa 6 euro. Attraverso fotografie e immagini dei luoghi dove Bertilla visse, ricostruisce le tappe fondamentali della sua esistenza, citando soprattutto ciò che scriveva alle amiche, e ciò confidava al suo diario. Parole semplici, ma piene di amore e di fede che fanno breccia nel cuore di chi le ascolta'.
Renzo Allegri
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