Anche se i vangeli mostrano una certa ritrosia nel mostrare il suo mondo affettivo, Gesù nel suo annuncio rivela palesemente i suoi sentimenti e li suscita fortemente nei suoi interlocutori.
del 18 settembre 2008
Anche se i vangeli mostrano una certa ritrosia nel mostrare il suo mondo affettivo, Ges√π nel suo annuncio rivela palesemente i suoi sentimenti e li suscita fortemente nei suoi interlocutori.
Una delle principali cause dei tanti episodi di violenza che coinvolgono il mondo giovanile e più in generale della situazione di crisi in cui si trovano i giovani, e non solo loro, è il cosiddetto 'analfabetismo emotivo' (cf. Sett. n. 25/08, p. 14).
Qual è il contributo che il cristianesimo può dare alla battaglia educativa così urgente per le sorti delle nuove generazioni e della società intera? Molto, se si considera che il cristianesimo, detto in poche battute, è una questione di cuore: è l'incontro vivificante con la persona di Gesù.
Non possiamo però nasconderci che un certa ritrosia o diffidenza verso il mondo degli affetti serpeggia anche nella proposta educativa cristiana. La radice è di natura teologica. Se osserviamo, ad esempio, l'immane sforzo teso alla ricostruzione della storicità di Gesù, entrata nella cosiddetta terza fase della ricerca, notiamo come ancora con una certa fatica ci si accosta 'scientificamente' al mondo affettivo di Gesù. Eppure è di questo che si tratta se - come dice magistralmente la lettera ai Filippesi - i cristiani sono coloro che devono avere gli stessi «sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5).
 
 
 
I 'sentimenti' di Ges√π
 
Per troppo tempo, questo tema è stato relegato solo alla pietà popolare o alla devozione, che molto spesso lo ha egregiamente difeso e diffuso. Più difficile è un approccio che introduca stabilmente questo tema all'interno della riflessione esegetica e teologica 'alta', ovvero in quella su cui poi si formano tutti coloro, religiosi o laici, che ne dovranno parlare nelle catechesi o nei percorsi educativi.
In felice controtendenza, troviamo lo studio di Americo Miranda, ricercatore in storia del cristianesimo presso l'università di Bologna, che con il suo libro dal titolo I sentimenti di Gesù ha riproposto la necessità di uno studio preciso, e 'scientificamente' fondato, del mondo affettivo del Figlio di Dio. Le difficoltà dell'impresa sono ben presenti al ricercatore bolognese che è nel contempo persuaso che, attraverso questa indagine su Gesù, si possa descrivere qualcosa dei 'sentimenti di Dio' (p. 12).
La prima difficoltà contro cui ci si imbatte è la ritrosia con cui i vangeli descrivono il mondo affettivo di Gesù, che è presente ed emerge - anche se non in modo completo - in diversi e importanti contesti. È questo l'oggetto preciso dello studio di Miranda, impostato sulla «distinzione, chiaramente suggerita dai vangeli, tra sentimenti condivisi da Gesù con gli altri uomini o con i discepoli e quelli propri della sua divinità» (p. 15). Si può allora scoprire che Gesù condivide con gli uomini i sentimenti più comuni che vanno dal desiderio alla sollecitudine, così come la gamma dei sentimenti relativi al dolore, al turbamento, al pianto, ma anche alla gioia, allo stupore assieme all'ira e allo sdegno. Tra quelli che Gesù condivide con i discepoli, spicca la sollecitudine per ogni uomo, mentre tipico di Gesù, come del Padre, è l'attribuzione evangelica della compassione.
Lo studio dei contesti in cui questi termini ricorrono evidenzia che essi compaiono quasi esclusivamente nei passi narrativi, mentre sono assenti nei dialoghi o nei monologhi esplicativi. Particolarmente intensi sono i contesti in cui Gesù interagisce con i suoi discepoli poiché «ai suoi, il Cristo presenta alcuni aspetti del suo animo come parte della Rivelazione» (p. 18). Tra i vari evangelisti, il più ricco nel riferire il mondo affettivo di Gesù è Marco, mentre Luca privilegia la manifestazione sensibile dell'umanità di Gesù, così come Matteo accentua i sentimenti della divinità. Più reticente è invece Giovanni, che pure si è dimostrato molto attento alle descrizione dei moti dell'animo umano.
 
 
 
Episodi esemplificativi
 
Vediamo ora più direttamente alcuni esempi. Tra i sentimenti che descrivono l'umanità di Gesù, un posto di rilevo è occupato dal 'desiderio', che troviamo espresso nel contesto che fa da cornice alla sua imminente passione: «Ho desiderato ardentemente mangiare questa pasqua con voi, prima della mia passione» (Lc 22,14-16). Con queste parole Gesù rivela una costante del suo agire, tutta informata dal desiderio: non è mosso da un superiore dovere a cui si adatta per libera volontà ma senza intima convinzione; al contrario, il suo agire e la sua disponibilità alla morte sono frutto di un desiderio. Ciò manifesta il profondo coinvolgimento di Gesù nelle relazioni, è indice «di un rapporto continuo e a lungo meditato nei confronti dei discepoli, con cui si è istituita una relazione irrevocabile. Il sentimento di Gesù investe tramite loro, in una prospettiva sovratemporale, tutti i credenti» (p. 30).
Fa parte di questo atteggiamento l'insegnamento costante che Gesù rivolge ai suoi discepoli, per cercare di spiegare loro il senso di questo suo morire, che inevitabilmente li manderà in crisi. In tutti i sinottici le cosiddette predizioni dell'imminente passione occupano un posto centrale (Mc 8,31; Mt 16,21; Lc 9,22). Gesù è ben consapevole dell'impatto emotivo che tale annuncio scatena nel cuore di coloro che hanno abbandonato tutto per seguirlo. È in gioco, infatti, il suo modo di essere il 'messia', l'interpretazione di tutta la sua missione. La categoria entro cui questa morte viene compresa è quella del 'dovere', e di una certa ineluttabilità degli eventi predetti. Ancora una volta, però, con questo non si vuol indicare il compiersi di un destino inesorabile, quanto piuttosto il «passaggio obbligato per una nuova creazione di Dio in mezzo agli uomini» (p. 33).
La consapevolezza del suo agire non lo esime dal provare tutto il ventaglio di sentimenti che l'avvicinarsi della morte suscita: dal turbamento (Gv 12,23-28a) all'angoscia (Mc 14,32-34). Commentando questi passi, Miranda mette in luce un elemento particolarmente interessante: da un lato, Gesù viene innegabilmente dipinto come un uomo triste e angosciato (Mt 26,36-38), come evidenza il ritmo della narrazione, che non si sofferma tanto sulla sua intimità psicologica, quanto piuttosto sulle somatizzazioni della sua condizione (il sudore), dall'altro, però, questa sofferenza non viene presentata come una lotta di Gesù con se stesso, quanto piuttosto come occasione di pieno affidamento alla volontà del Padre.
L'insistenza sulla condizione affettiva di Gesù ce lo rende particolarmente vicino, tutto il contrario dell'imperturbabilità che veniva attribuita dalla filosofia ellenistica al sapiente di fronte alla morte.
Ciò che i vangeli ci fanno vedere è un Gesù dilaniato dalla paura, ma che nello stesso tempo si rifugia nella preghiera e nell'affidamento al Padre, divenendo così, pur nel suo 'antieroismo'«un modello di condotta valido per ogni credente» (p. 88).
Questi passi ci fanno capire come l'analisi di Miranda provochi all'arricchimento della cristologia da integrare con l'analisi del vissuto affettivo di Ges√π.
 
 
 
Le emozioni di Ges√π
 
Altrettanto interessante è la ricostruzione di quella che potremmo chiamare una sorta di 'dialettica affettiva', che molti brani evangelici ci descrivono.
I sentimenti, infatti, sono generati dalle relazioni. Gesù, ad esempio, resta ammirato di fronte alla fede del centurione (Lc 7,6b- 9), così come si scandalizza per l'incredulità dei suoi interlocutori (Mc 6,6).
Tale reazione coinvolge, però, direttamente anche i suoi interlocutori. Lo si vede emblematicamente nell'episodio del giovane ricco (Mc 10,20-22). In questo incontro, Gesù manifesta tutto l'amore gratuito che ha nei confronti di ogni uomo. Nella concretezza di un singolo episodio si viene a manifestare un tratto costante dell'agire e del sentire di Gesù: «l'atto del 'fissare' il giovane, che assume un rilievo eccezionale nel testo evangelico, vale ad individuare il sentimento di Gesù in modo definitivo» (p. 62). A questo si oppone il rifiuto del giovane che se ne andò 'afflitto', perché aveva molti beni. Alla gratuità dell'atteggiamento di Gesù fa riscontro la tristezza generata dal rifiuto, così come al ritrovamento della pecora smarrita, dopo le fatiche della ricerca, fa seguito l'invito alla gioia (Lc 15,4-7) «presentata qui come sentimento condiviso tra quanti hanno parte alla salvezza» perché «tutt'uno con la gioia del ritrovamento è il desiderio di metterla in comune con gli altri» (p. 74).
Lo stesso Gesù non ha imbarazzo nel comunicare le proprie reazioni alle azioni altrui: è il motivo per cui si indigna nei confronti dei discepoli che vogliono allontanare i bambini (Mc 10,13-16), fino allo sdegno e all'ira per la mancata condivisione dei sentimenti di Dio come si vede nella parabola dei due debitori (Mt 18,31-34) e in quella dell'invito al banchetto (Lc 14,21).
Gli esempi si potrebbero moltiplicare, tuttavia sono sufficienti per farci comprendere due importanti ricadute dello studio di Miranda. In primo luogo, la necessità di una sorta di riabilitazione del mondo affettivo, per delineare tratti fondamentali della Rivelazione che avviene attraverso la storia di Gesù. Riletta dal punto di visto affettivo, essa ci fa vedere come, nella condivisione dei sentimenti che coprono l'insieme delle risonanze affettive umane, Gesù manifesta la sua vicinanza, ma anche la sua ulteriorità. La reticenza dei vangeli a descrivere il mondo affettivo di Gesù evidenza allora, per contrasto, l'importanza dei verba affectuum, la cui presenza «non è orientata a sottolinearne la componente puramente umana» (p. 119). Ciò fa sì che una «visione di tipo flebilmente intimistico dei sentimenti di Gesù risulterebbe quanto mai inopportuna» (ivi).
A ciò può auspicabilmente far seguito anche una maggiore riconsiderazione per le dinamiche affettive nell'evangelizzazione. Gli esempi riportati illustrano, infatti, come l'annuncio della parola o dei gesti di Gesù suscitino delle reazioni che sono, in prima battuta e non solo superficialmente, affettive. Sia l'accoglienza che il rifiuto si dipanano all'interno di una 'dialettica affettiva' che, se ignorata, impedisce la recezione effettiva del messaggio. Troppo spesso, infatti, in nome della paura della sensibilità, giudicata frettolosamente come irrazionale e inaffidabile, ci si affida alla sola dimensione razionale della presentazione del messaggio, dimenticando che affetti e ragione non procedono separatamente, ma sono intimamente legati.
 
 
 
 
 
 
 
Fonte: La Settimana n° 31/2008
 
 
 
Bibliografia
 
Segalla G., Sulle tracce di Ges√π. La 'Terza ricerca', Assisi 2006.
 
Miranda A., I sentimenti di Ges√π. I verba affectuum dei Vangeli nel loro contesto lessicale, EDB, Bologna 2006
 
 
 
Marco Tibaldi
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