“Gesù vorrei essere preso per mano da te”

Cieco è chi non vede, chi non gode dei colori, della luce, delle immagini. E' chi non è autosufficiente, chi si deve fidare degli altri. Difatti della fiducia si dice fidarsi ciecamente, proprio per indicare l'abbandono totale nelle mani di qualcuno. La cecità è anche un fatto simbolico che dice il non vedere le cose più importanti della vita...

“Gesù vorrei essere preso per mano da te”

da Teologo Borèl

del 01 dicembre 2008

Mc 8, 22-26

22 Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo. 23 Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: “Vedi qualcosa? ”. 24 Quegli, alzando gli occhi, disse: “Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano”. 25 Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa. 26 E lo rimandò a casa dicendo: “Non entrare nemmeno nel villaggio”.

 

Collochiamo in parallelo un’altra guarigione operata da Gesù per un altro cieco

Mc 10, 46-52

 

46 E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47 Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ”. 48 Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me! ”. 49 Allora Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo! ”. E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio!

Alzati, ti chiama! ”. 50 Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 Allora Gesù gli disse: “Che vuoi che io ti faccia? ”. E il cieco a lui: “Rabbunì, che io riabbia la vista! ”. 52 E Gesù gli disse: “Và, la tua fede ti ha salvato”. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

 

Betsaida

E’ una città della Galilea, sul lago di Tiberiade, condannata da Gesù perché gli abitanti non si ravvidero avendo visto i suoi miracoli fatti là (come la guarigione di un cieco) Mt 11:21; Mar 6:45; 8:22. Era anche il luogo di un ritiro di Gesù Lu 9:10, e la città degli apostoli Filippo (2), Andrea e Pietro Gv 1:44; 12:21.

Storici dell'epoca ci dicono che si trovava sulla riva settentrionale del lago, ad est del fiume Giordano, ma secondo Mar 6:45 si trovava ad ovest. Forse c'erano due città con questo nome, o una città ad est con un quartiere al di là del fiume.

 

Condussero un cieco,

Cieco è chi non vede, chi non gode dei colori, della luce, delle immagini. E’ chi non è autosufficiente, chi si deve fidare degli altri. Difatti della fiducia si dice fidarsi ciecamente, proprio per indicare l’abbandono totale nelle mani di qualcuno. La cecità è anche un fatto simbolico che dice il non vedere le cose più importanti della vita, essere nel buio riguardo alle decisioni da prendere, non vedere il male che si è e che si compie, non avere sguardo pulito sulla vita…

Non è lui che prende l’iniziativa. Fosse per lui se ne starebbe tranquillo, adattato nella sua cecità; è forse sfiduciato, oppure ha smesso di sperare. Sono stato sfortunato. Che vuoi che faccia? Con chi devo prendermela? La vita è così: chi ha e chi non ha. A me è toccata così. E’ rassegnazione, inerzia, stanchezza di lottare, adattamento. Non ho più vista per niente, me la sono giocata tutta. Ma ha degli amici che non lo mollano. Sei sempre stato con noi, sei nostro amico, ci pensiamo noi, tu fidati e séguici. Non opporre resistenza. Vogliamo farti un regalo.

 

Pregandolo di toccarlo

Sono loro, gli amici, che intercedono per lui, sono loro che vedono Gesù e vogliono che anche il cieco possa goderne, essere toccati come lo sono stati toccati loro (Mc 6, 56) Hanno visto Gesù toccare il lebbroso e la sua carne è rifiorita come quella di un bambino, si sono richiuse le piaghe e su tutto il corpo martoriato e mutilato si è ridiscesa una pelle morbida, bella e pulita. Il tocco di Gesù è quello anche solo del lembo del mantello. Quella donna aveva osato toccarlo (Mc 5,30) e ne era rimasta risanata. Gesù toccò la suocera di Pietro e le guarì la febbre (Mt 8,15); toccò i due sordomuti e diede loro udito e parola (Mc 7, 33). Gli amici pregano Gesù: Gesù tu hai toccato tanti malati e hai ridonato loro la gioia della salute, hai toccato noi e ci hai messo in cuore generosità e speranza, tocca questo nostro amico che si lascia andare, che perde entusiasmo nella vita e dagli la tua luce; toccalo soltanto perché il tuo tocco è salvezza.

 

Preso il cieco per mano

E’ un gesto semplice, che potremmo solo pensare come un fatto fisico necessario per condurre una persona che non può camminare da sola senza una guida, ma ha un significato molto più profondo, anche nella nostra vita quotidiana: prendere per mano lo fa un papà con la sua mano callosa che stringe quella piccola e tenera del figlio e gli dà sicurezza, gioia, orgoglio, coraggio; si prendono per mano due ragazzi che si vogliono bene e che cercano di approfondire il loro amore, di stanare dal cuore sentimenti veri e di passarli al cuore attraverso le mani; passano sentimenti tenui, dubbi, certezze, domande di sincerità, attesa d’amore, solidarietà, apprensione, gioia.. Ci si prende per mano per farsi coraggio, quando si vuol vincere la paura, quando si è soli, quando si vuol comunicare solidarietà.. E’ una mano che toglie dal torpore, che infonde coraggio, che inspira vita e forza. E’ la mano di Gesù che presto sarà bucata dai chiodi, perché lui può avere solo mani bucate per il bene di tutti.

 

Lo condusse fuori dal villaggio

Lontano da occhi indiscreti, senza fare spettacolo, in un colloquio di salvezza che continua tra Gesù e il cieco, un colloquio personale. Il cieco gli era stato condotto da amici, ora loro due devono dirsi nell’intimità dell’amicizia di un colloquio di salvezza la novità di vita che scatterà al dono della vista.

 

Dopo avergli messo della saliva sugli occhi

Il contatto con Gesù è sempre molto fisico. I suoi miracoli non li compie solo con parole. Gesù non è un personaggio virtuale, ma tocca, stringe, prende per mano, usa la saliva come dono di esistenza che passa da lui al malato.

 

Gli impose le mani

Imporre le mani è gesto che indica sempre il passaggio di una forza, di un potere; l’invocazione di un intervento di Dio sulla vita, una trasformazione che viene dall’alto. Non è pranoterapia, ma preghiera, richiesta di intervento del Padre, invocazione dello Spirito, dono dello Spirito, autorevolezza che passa da una persona all’altra, mandato per una missione. Nella nostra vita liturgica è consacrazione che lo Spirito opera nella vita delle persone, invasione di Dio nella vita dell’uomo. Se vogliamo leggere altri testi che parlano di questo gesto solenne, possiamo ricordare: Mc 6,5 E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. Lc 13,13 e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Atti 9,17 Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: “Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo”. E improvvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Mc 5, 23 “La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva”.

 

Gli chiese: vedi qualcosa?

E’ il dialogo della guarigione, è l’attesa di Gesù e del cieco che la vita riprenda nella sua pienezza, che la vista torni a invadere le giornate del cieco. Immaginiamo rivolta a noi da Gesù questa domanda. Vedi qualcosa, riesci a percepire la realtà, stai invischiato nel virtuale, riesci a guardare in faccia ancora qualcuno o li vedi solo in fotografia’

 

Alzando gli occhi

Il cieco da sempre non comandava ai suoi occhi, riteneva di non averli, li aveva dimenticati, non gli servivano, né li alzava, né li abbassava. Ora Gesù lo invita a tenerne ancora conto. Fanno parte della tua vita, sono ai tuoi ordini, comincia a comandarli. Non c’è più niente in te che non abbia un compito da svolgere, ma sei tu che devi attivare ogni elemento della tua vita. Se questo è vero per i sensi materiali, quanto lo può essere per le capacità spirituali che abbiamo anchilosato, rattrappito, dimenticato e sepolto. Alza lo sguardo, butta fuori la tua forza, lanciati nel futuro, non farti irretire dall’immobilismo, usa tutti i tuoi muscoli…

 

Vedo gli uomini, vedo come degli alberi che camminano

Si sta aprendo alla possibilità di vedere, di costruirsi immagini. E’ come quando tentiamo di guardare all’orizzonte e non riusciamo a capire che cosa vediamo, chi è che si avvicina, poi un po’ alla volta l’immagine si chiarisce e possiamo confrontarci, farci un’idea, decidere di noi, chiamare, fuggire, aspettare, evitare accogliere. Il significato simbolico è molto alto. Tante volte non abbiamo una vista bella, buona: abbiamo perso la capacità di guadare gli uomini, di vedere le persone: per noi sono solo oggetti o ancor meno non esistono, li abbiamo cancellati dal nostro orizzonte e ci stanno vicini. Non vogliamo vedere.

 

Gli impose di nuovo le mani. Ci vide chiaramente. E fu sanato

Gesù completa il dono; non è un giocoliere del primo colpo, ma un orante che affida al Padre e alla sua grandezza la vita del cieco, di questo suo amico di cui ha condiviso la sete di luce.

 

Lo rimandò a casa dicendo: non entrare nemmeno nel villaggio

Gesù non vuole attorno a sé celebrità, ma ricerca del regno, disponibilità a lasciarsi interrogare sull’amore di Dio; vuole gente che lo sceglie perché ama il Padre e che legge nei segni miracolosi che fa unicamente la sua bontà e la promessa del regno.

 

Come sempre facciamo una lettura distesa non solo analitica per avere una emozione e un ascolto globale.

Questo cieco di Betsaida sembra quasi rassegnato, se non renitente a prendere l’iniziativa. Lui è rassegnato, non chiede più la luna, stesse in lui si è già adattato Sono gli altri che lo presentano a Gesù.

Ha dei buoni amici, c’è gente che si prende cura di lui. C’è gente che gli vuole bene, ma è un bene non sufficiente da potergli ridare la vista; si fanno carico loro di portarlo da Gesù e dalle loro mani lo affidano alle mani di Gesù, nelle mani potenti di Gesù.

Contempliamo questo gesto tenerissimo. Gesù sempre immerso e quasi soffocato dalla gente che non lo molla un momento, prende per mano il cieco. Lo prende per mano perché lo deve guidare, perché vuol fargli sentire il calore della sua amicizia, lo prende per mano perché un cieco ha bisogno di

un contatto vivo, ha bisogno di sentire nel linguaggio di una mano la possibilità di fidarsi. Molti lo hanno spesso preso per mano per prestargli i loro occhi, poi lo hanno lasciato ancora cieco e bisognoso di un’altra mano e di un’altra ancora. Ma le mani di Gesù sono le mani del Dio vivente. Sono le mani tenerissime di chi sa accarezzare, di chi dà forza, di chi fa sentire il palpito del cuore. Voglio fantasticare a pensare quanta comunicazione è passata da quelle mani. Voglio immaginare il cieco col cuore in gola, tutto abbandonato in Gesù, voglio pensare a Gesù che dà la mano a questa umanità ferita e sofferente, voglio pensare che in quelle mani Gesù pensasse di stringere anche le mie..

Mi vengono in mente due altre mani che hanno comunicato tra di loro. Benedetta Bianchi Porro e sua mamma. Una ragazza che ha vissuto gli ultimi anni della sua vita senza nessuna percezione di sensi se non un alfabeto morse particolare stabilito dal contatto del palmo della mano con il palmo della mano della mamma. Con questo contatto ha dettato lettere bellissime sulla fede e la felicità.

Ebbene Gesù con quelle mani comunica la compagnia necessaria per la vita del cieco e la fine dell’oscurità. Gesù si lascia andare a compiere gesti, a toccare; è un miracolo della corporeità, della fisicità di Gesù, del contatto, dell’incarnazione fino in fondo. S’è fatto uomo per darci la mano, per prenderci per mano. L’aveva deciso nella vita trinitaria questo sogno e ora lo vive ogni giorno. Gli mette la saliva sugli occhi gli impone le mani. Da quando ha toccato il lebbroso il suo tocco è salvezza.

Gesù vorrei anch’io sentirmi preso per mano da te. Sono forse anch’io come questo cieco, un po’ troppo passivo, ma non per questo tu mi lasci alla mia inerzia.

Gesù vorrei anch’io sentirmi preso per mano da te. Sono senza vista, l’ho consumata tutta nell’inutilità, ho perso i colori della gioia, della solidarietà, per me gli uomini che mi stanno accanto sono alberi che camminano, senza volto, perché non sono più capace di vedere in profondità.

Gesù vorrei anch’io sentire la tua mano nella mia per dirti con la mia corporeità che ti amo.

Sono stufo di dirlo con elucubrazioni astratte, ho voglia del tuo amore concreto. Voglio imparare da te anch’io a prendere per mano gli uomini per condurli a te, perché dia loro la salvezza. Sei tu che mi hai chiamato alla missione. Fammi provare la tua dolce comunicazione di salvezza.

 

Alcune domande:

Quando ho bisogno anch’io di sentirmi prendere per mano?

Ho provato a pregare Gesù perché mi prenda per mano?

Dove sta la mia cecità ? Chi è e che cosa c’è che non vedo?

Dove può essere per me Gesù una vista vera, una luce? In quale buio?

 

mons. Domenico Sigalini

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