Oggi, 12 giugno, si celebra la Giornata mondiale contro il lavoro minorile che lede il diritto all'educazione dei minori, il loro diritto alla protezione e quello alla sopravvivenza. Ci sono nel mondo numerose oasi nelle quali uomini di buona volontà, religiosi e laici, s'impegnano per il recupero dei minori e il loro sviluppo integrale. Tra le innumerevoli storie, ecco tre casi da Togo, Benin e India.
del 12 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Oggi, 12 giugno, si celebra la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, patrocinata dalla FAO (Food and Agricultural Organization). È l’occasione per rinnovare l’impegno a contrastare una piaga sociale ancora troppo diffusa.
          Oltre 215 milioni di bambini nel mondo sono costretti a lavorare per poter sopravvivere. È uno dei dati allarmanti forniti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, in inglese) in vista della giornata mondiale di oggi. E ben 115 milioni – ossia oltre la metà del totale – svolgono “lavori pericolosi” per la loro salute ed integrità fisica e psichica.
          Sempre secondo i dati dell’ILO, il 60% dei bambini lavoratori è impiegato nell’agricoltura e nell’allevamento; il 7% nell'industria e il 26% nel settore dei servizi. 2 su 3 (il 68%) non vengono neanche pagati per il loro sfruttamento, poiché si tratta di lavoratori familiari, che consegnano la propria infanzia e gioventù ai membri della propria famiglia. Solo il 21% dei bambini lavoratori viene remunerato per il proprio impegno.
          La regione asiatica e del Pacifico è, secondo le stime dell’ UNICEF, l’area con il più alto numero di bambini lavoratori: oltre 100 milioni. Segue l’Africa sub-sahariana, con 58 milioni di bambini lavoratori, e la regione del nord Africa e del Medio Oriente, dove, in percentuale, lavora 15% dei bambini; in America Latina e nei Caraibi questo dato scende leggermente, al 10%. Il lavoro minorile, tuttavia, non è una piaga che riguarda solo il sud del mondo o le aree in via di sviluppo; anche ai margini delle grandi città occidentali o, talvolta, nelle aree rurali impoverite, esistono sacche consistenti di bambini lavoratori.
          Non c’è una causa unica che porta all’impiego dei bambini e dei minori nel lavoro; nella maggior parte dei casi sono vari i fattori che intervengono a causare questo fenomeno: povertà, in primis, ma anche destrutturazione familiare, disuguaglianze, la mancanza di un’istruzione di qualità, i conflitti, le calamità naturali, oltre ad una scarsa cultura della dignità dei minori che, in certe contesti, porta a creare una domanda di bambini lavoratori e che vede il lavoro minorile come una tradizione locale.
          Il lavoro minorile, al contrario, non è una libera scelta e non è senza effetti. Esso lede il diritto all’educazione dei minori, il loro diritto alla protezione e quello alla sopravvivenza. La Giornata mondiale contro il lavoro minorile 2012 vuole porre proprio l’accento sul diritto di tutti i minori ad essere protetti dal lavoro minorile e da ogni violazione dei diritti umani fondamentali.
Per il riscatto dei minori
          La piaga del lavoro minorile, pur vasta, non è senza cura. Ci sono nel mondo numerose oasi nelle quali uomini di buona volontà, religiosi e laici, s’impegnano per il recupero dei minori e il loro sviluppo integrale. Tra le innumerevoli storie, ecco tre casi da Togo, Benin e India.
          Pyalo ha 7 anni ed è una delle migliaia di bambine “bonne” del Togo, che vengono vendute dai propri genitori alle famiglie ricche come schiave domestiche. “In Togo, come in molti altri paesi dell'Africa occidentale, è normale per le famiglie delle aree rurali vendere le proprie figlie per pochi franchi. Avere una ragazza ‘bonne’ è uno status symbol per la famiglia ricca ed è socialmente accettata”, spiega Patricia Rodriguez, del Dipartimento della Procura delle Missioni Salesiane di Madrid. Le missioni dei salesiani in Togo sono impegnate a contrastare il fenomeno: da un lato, sensibilizzando le famiglie sui diritti delle ragazze, e dall’altro, accogliendo nei loro “Foyer Don Bosco” le ragazze fuggite con coraggio da questa situazione di schiavitù.
          Kofi, di 9 anni, tutti i giorni va a lavorare al mercato Oando di Porto Novo, in Benin. Si occupa di portare la spesa e non può andare a scuola. È uno dei tanti, nel suo paese, dove circa un bambino su 3 lavora – in media 8 ore al giorno – e 1 su 9 è impiegato in mansioni a grande rischio in termini di salute e sicurezza. La Scuola Accelerata per i Minorenni Lavoratori di Porto Novo offre la possibilità a tutti i bambini lavoratori tra i 10 e i 17 anni che non frequentano la scuola, o che l’hanno abbandonata, di poter recuperare e di essere reintegrati nella scuola formale e di ottenereil diploma di educazione elementare.
          Bala, di 8anni, trascorre le sue giornate fabbricando mattoni a Passor, India. Ogni giorno realizza 250 mattoni con le proprie mani e viene pagata meno di un centesimo di euro per ogni pezzo. Milioni di bambini lavorano negli oltre 500 “campi di mattoncini” del paese, fabbricando mattoni tutto il giorno per dei salari da fame e senza la possibilità di frequentare la scuola e di svilupparsi personalmente e socialmente. Per questi bambini, lo scorso anno, l’Ispettoria salesiana di New Delhi, grazie al sostegno delle Missioni Salesiane, ha aperto un centro destinato alla promozione sociale dei giovani. Qui i minori trovano un luogo sicuro dove potersi riposare e mangiare, seguire corsi di alfabetizzazione e di formazione tecnica.
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