del 04 aprile 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk'));  Scheda 1: Un tu da scoprire Scheda 2: La Chiesa è la casa della comunione con Dio e con le personeScheda 3: Di chi è la Chiesa? Scheda 4: Di cosa vive la Chiesa?Scheda 5: Chi costruisce la Chiesa?Scheda 6: Che cosa fa la Chiesa? SCHEDA SETTIMA: QUALE MISSIONE HA LA CHIESA?
Fare “la carità nella verità” e annunciarlo a tutti  
 
 
          “Quando la Chiesa pensa se stessa si vede missionaria”. E’ una nota affermazione di Paolo VI, che possiamo rovesciare nel suo contrario: “Quando la Chiesa non è missionaria, non pensa veramente a se stessa”, ha la testa occupata in altro: procurarsi sicurezza materiale, guadagnarsi una buona reputazione sociale, diventare mecenate di cultura, partecipare alle grandi assemblee della terra, lasciarsi restringere lo spazio facendo soltanto quello che vuole la società civile, od anche costruire intorno a sé muraglioni alti contro il mondo, sognando di ritornare al sacro romano impero, di brandire la spada contro i nemici di Dio... 
          Probabilmente il mondo giovanile non ha di questi pensieri, ma si avvicina ad essi quando il giovane credente ha una fede chiusa in sé, non ha coraggio di annunciare il Vangelo prima con la vita e poi anche con le parole…
          Ma vi sono ancora giovani che accogliendo le parole di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI e ultimamente di Gesù manifestano con gioia la propria fede, a scuola non si tirano indietro, magari fanno parte di qualche movimento o associazione.
O si è cristiani come missionari, o cristiani non si è!
Ma come?
Ancora una volta ci aiuta Benedetto XVI nel suo discorso progettuale al convegno di giugno.
Il suo intervento che non vuol essere esaustivo sottolinea questi dati:
- Fare missione vuol dire “annunciare il vangelo agli abitanti di Roma” secondo una eccellente tradizione storica e un recente passato bene impegnato (missione cittadina).
          Dice il Papa: “Nei secoli passati, grazie alla generosa testimonianza di tanti battezzati che hanno speso la vita per educare alla fede le nuove generazioni, per curare gli ammalati e soccorrere i poveri, la comunità cristiana ha annunciato il Vangelo agli abitanti di Roma. Questa stessa missione è affidata a noi oggi, in situazioni diverse, in una città dove non pochi battezzati hanno smarrito la via della Chiesa e quelli che non sono cristiani non conoscono la bellezza della nostra fede. Il Sinodo Diocesano, voluto dal mio amato predecessore Giovanni Paolo II, è stato un'effettiva receptio della dottrina conciliare, e il Libro del Sinodo ha impegnato la Diocesi a diventare sempre più Chiesa viva e operosa nel cuore della città, attraverso l'azione coordinata e responsabile di tutte le sue componenti. La Missione cittadina, che ne seguì in preparazione al Grande Giubileo del 2000, ha consentito alla nostra comunità ecclesiale di prendere coscienza del fatto che il mandato di evangelizzare non riguarda solo alcuni ma tutti i battezzati. E' stata una salutare esperienza che ha contribuito a far maturare nelle parrocchie, nelle comunità religiose, nelle associazioni e nei movimenti la consapevolezza di appartenere all'unico
          Popolo di Dio, che — secondo le parole dell'apostolo Pietro — «Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui» (1 Pt 2,9). E di ciò questa sera vogliamo rendere grazie. 
- Finalmente il Papa sottolinea una metodologia ben collaudata da riprendere.
          “La crescita spirituale ed apostolica della comunità porta poi a promuoverne l'allargamento attraverso una convinta azione missionaria. Prodigatevi pertanto a ridar vita in ogni parrocchia, come ai tempi della Missione cittadina, ai piccoli gruppi o centri di ascolto di fedeli che annunciano Cristo e la sua Parola, luoghi dove sia possibile sperimentare la fede, esercitare la carità, organizzare la speranza.
          Questo articolarsi delle grandi parrocchie urbane attraverso il moltiplicarsi di piccole comunità permette un respiro missionario più largo, che tiene conto della densità della popolazione, della sua fisionomia sociale e culturale, spesso notevolmente diversificata. Sarebbe importante se questo metodo pastorale trovasse efficace applicazione anche nei luoghi di lavoro, oggi da evangelizzare con una pastorale di ambiente ben pensata, poiché per l'elevata mobilità sociale la popolazione vi trascorre gran parte della giornata”.
- In questa direzione non dimentichiamo il richiamo fatto ai giovani citato sopra: “carissimi, vi invito a porre a servizio di Cristo e del Vangelo il vostro entusiasmo e la vostra creatività, facendovi apostoli dei vostri coetanei”.
Sottolineiamo due elementi che entrano nel quadro di un impegno missionario portato avanti da giovani :
- “Facendovi apostoli dei vostri coetanei”. Confessiamo che vi è tutto un cammino da impostare, comunità da sensibilizzare, esperienze concrete da provare nella scuola, al pub, nel campo sportivo, nelle relazioni di amicizia…, distinguendo la testimonianza, che è sempre prima cosa, dall’intervento esplicito con parole e fatti, che deve essere assunto con più coraggio.
- Non dimentichiamo che la missione va compresa dentro la Chiesa, come la sua missione, in relazione con l’Eucaristia come motivazione radicale: Egli ci incontra nella messa e ci manda nella vita a testimoniarlo, secondo il suo stile di carità senza limiti e dunque con un atteggiamento di amore sincero dove si intrecciano bontà, ascolto, compassione, aiuto. A questo proposito merita attenzione l’ultima enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate che estende il coraggio di amare nell’ambito economico e sociale, tanto complesso, difficile eppure bisogno di parole nuove, di azioni nuove, di persone nuove.
 
 
I passi biblici sulla missione sono tanti nei Vangeli, dove il missionario è Gesù che manda in missione, negli Atti dove gli apostoli la realizzano, nelle Lettere dove Paolo la testifica in prima persona.
Ges√π manda in missione
          Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Ges√π, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
[V. anche Mt 10; Mc 6,7-2.30-33]
La prima Chiesa in missione
          Un angelo del Signore parlò a Filippo e disse: «Àlzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta». Egli si alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etìope, eunuco, funzionario di Candace, regina di Etiopia, amministratore di tutti i suoi tesori, che era venuto per il culto a Gerusalemme, stava ritornando, seduto sul suo carro, e leggeva il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: «Va’ avanti e accòstati a quel carro». Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Egli rispose: «E come potrei capire, se nessuno mi guida?». E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo:
Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.
          Rivolgendosi a Filippo, l’eunuco disse: «Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero dove c’era dell’acqua e l’eunuco disse: «Ecco, qui c’è dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?». [...] Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco, ed egli lo battezzò. Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più; e, pieno di gioia, proseguiva la sua strada. Filippo invece si trovò ad Azoto ed evangelizzava tutte le città che attraversava, finché giunse a Cesarèa.
[V. anche Atti 4; 13-14; 16-17; 18-20]
La testimonianza di Paolo - Seconda lettera ai cristiani di Corinto 11,21-33 
          “Tuttavia, in quello in cui qualcuno osa vantarsi – lo dico da stolto – oso vantarmi anch’io. Sono Ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?
          Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza. Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco”.
[V. anche Rom 15, 14-33; 1Cor 2,1-5]
Esortazione Apostolica, Sacramentum Caritatis , n. 84.
          Eucaristia e missione. 84. Nell'omelia durante la Celebrazione eucaristica con cui ho dato inizio solenne al mio ministero sulla Cattedra di Pietro ho detto: « Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l'amicizia con Lui ». Questa affermazione acquista una più forte intensità se pensiamo al Mistero eucaristico. In effetti, non possiamo tenere per noi l'amore che celebriamo nel Sacramento. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l'amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l'Eucaristia non è solo fonte e culmine della vita della Chiesa; lo è anche della sua missione: « Una Chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria ». Anche noi dobbiamo poter dire ai nostri fratelli con convinzione: « Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi! » (1 Gv 1,3). Veramente non c'è niente di più bello che incontrare e comunicare Cristo a tutti. La stessa istituzione dell'Eucaristia, del resto, anticipa ciò che costituisce il cuore della missione di Gesù: Egli è l'inviato del Padre per la redenzione del mondo (cfr Gv 3,16- 17; Rm 8,32). Nell'Ultima Cena Gesù affida ai suoi discepoli il Sacramento che attualizza il sacrificio da Lui fatto di se stesso in obbedienza al Padre per la salvezza di tutti noi. Non possiamo accostarci alla Mensa eucaristica senza lasciarci trascinare nel movimento della missione che, prendendo avvio dal Cuore stesso di Dio, mira a raggiungere tutti gli uomini. Pertanto, è parte costitutiva della forma eucaristica dell'esistenza cristiana la tensione missionaria .
 
 
* Farsi raccontare cosa è stata la Missione cittadina a Roma negli anni ’90. Il Papa la porta come modello da continuare.
* In anni recenti la pastorale giovanile a Roma ha organizzato ‘missioni cittadine’ di giovani verso altri giovani, nella scuola, nei pub, in altri luoghi del tempo libero. Farselo dire, se non lo si conosce, capirne le motivazioni, la preparazione dei missionari, lo svolgimento, gli esiti.
* E perché no?, proprio accettando l’invito del Papa di lavorare in ambiti specifici, provare a pensare ed impostare esperienze missionarie a livello interparrocchiale o di prefettura.
* Individuare quali ‘occasioni missionarie’ (‘apostoli fra i vostri coetanei’, chiede il Papa) si offrono in casa e fuori casa, nella parrocchia, nella scuola, nei luoghi di svago?
* Raccontarsi lealmente esperienze missionarie, accolte o rifiutate. 
 
 
          Il Padre Nostro è preghiera tipicamente missionaria: nella prima parte diciamo lo scopo della missione: “Venga il tuo Regno”, perché in ogni situazione di vita possano regnare giustizia, amore, pace; e nella seconda affermiamo il metodo della missione: l’amore senza frontiere, di cui il perdono generoso ne è prova, perché imita l’agire di Dio verso di noi: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori!”.
Lo preghiamo insieme, facendo una catena di mani: Padre Nostro…
          Signore hai detto parole molto forti: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc 8,38). Aiutaci a non dimenticarle! Ma aiutaci a non dimenticare quelle altre: “Chi avrà dato da bere anche solo un bicchiere d’acqua fresca ad uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico non perderà la sua ricompensa” (Mt 10,42). Ed ancora: “Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo” (Giov 16,33).
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