Presentato il rapporto “Dio a modo mio ‚Äì Giovani e fede in Italia”...
«I “millennials” (i giovani nati a cavallo degli anni ’80 e dei duemila) hanno un rapporto di estraneità verso la Chiesa, ma non di ostilità. La lontananza è legata al suo linguaggio, alla sua vita istituzionale. Papa Francesco, invece, per il 91% dei giovani è una figura di cui riconoscono il valore per la vicinanza ai poveri, per la semplicità del linguaggio, per l’impegno per la pace e il dialogo tra le religioni».
Lo ha affermato ieri mattina Paola Bignardi, già presidente nazionale dell’Azione Cattolica, nel corso dell’incontro dei responsabili degli uffici diocesani e regionali per le comunicazioni sociali in corso a Roma, dove ha presentato “Dio a modo mio – Giovani e fede in Italia”. Un approfondimento sulla relazione dei giovani con la fede, legato al lavoro svolto per il “Rapporto Giovani 2016”: «In una scala da 1 a 10 – aggiunge la ricercatrice -, nessuna delle istituzioni politiche e sociali arriva a 6, la Chiesa come tale prende 4, considerando che 142 giovani su 150 intervistati dice che è bello credere e riconosce il fascino di un’apertura a Dio. Perché dà speranza, dà un senso alla vita, perché non ti senti mai solo. Dio non è scomparso dall’orizzonte dei giovani di oggi, ma sta dentro il disorientamento che caratterizza questo tempo».
Insomma, di fronte a un individualismo diffuso, alla crisi della comunicazione intergenerazionale che riguarda anche la fede, alla sfiducia verso la Chiesa e alla mancanza di una vera esperienza di comunità ecclesiale, secondo la Bignardi è necessario recuperare la dimensione delle relazioni: «I giovani – precisa la studiosa – nella comunità cercano relazioni “calde”. Per questo servono comunità dove ci sia spazio per questo. Inoltre cercano dei testimoni e li riconoscono in figure come quelle di Papa Francesco e Madre Teresa. In questo senso, c’è bisogno di educatori capaci di tenere aperto il processo dell’esperienza di fede».
Per spiegare questo concetto, la Bignardi ha richiamato l’immagine della brace sotto la cenere, che fin che c’è può essere riaccesa: «Serve – avverte – chi sappia soffiare via la cenere e riaccenderla, perché ci sono ancora giovani in grado di rendere attuale la vita della Chiesa e delle comunità di cristiane di oggi».
Fatte queste premesse, i dati statistici snocciolati dall’esperta dicono che rispetto al 2013, nel 2014 è calato il numero dei giovani italiani che dicono di credere nella religione cattolica, passato dal 55,9% al 52,2%. Contestualmente è cresciuto, in modo lieve ma non meno significativo, il numero di chi dice di non credere a nessuna religione o filosofia trascendente, passando dal 15,2% al 17,7%.
Da 150 interviste fatte a giovani battezzati di tutta Italia, appartenenti alla fasce 19-21 anni e 27-29 anni, emerge che: «In genere – osserva l’ex presidente nazionale di Ac – Dio non è estraneo al loro mondo interiore. È un Dio molto privato, che sentono comunque vicino, con cui dialogano o che pregano quando sentono il bisogno. È un Dio anonimo, impersonale, che non prende il volto di Gesù».
Per questo, i “millennials” pregano a modo loro ma non vanno a messa: «Non capiscono il perché delle pratiche – conclude Paola Bignardi -, anche se quasi tutti hanno terminato il percorso dell’iniziazione cristiana. Di quella esperienza hanno un ricordo negativo, perché l’hanno ritenuta simile alla scuola, o sono stati costretti ad imparare cose che non capivano. Ciononostante a questo patrimonio però attingono, pescando quello che serve in una modalità molto individualistica».
Davide De Amicis
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