Glorie Missionarie

Scopri storie passate e presenti che ci parlano chiaro per diventare anche noi missionari.

Glorie missionarie

Siamo entrati con entusiasmo nel pieno di ottobre, per eccellenza il mese missionario, e abbiamo affidato ai due grandi patroni delle missioni, San Francesco Saverio e Santa Teresina di Lisieux, il nostro desiderio di trasformare la vita in missione e in dono: con costanza, con fede e con amore.

Sappiamo bene che nel cammino dell’esistenza abbiamo tutti bisogno di esempi e di modelli! Per non correre il rischio di procedere a tentoni e di smarrire la strada, da sempre l’uomo ha imparato ad alzare lo sguardo al Cielo e a trovare nelle stelle un ottimo punto di orientamento e delle guide luminose per i nostri passi. I santi e i grandi missionari sono lì a splendere anche nel cammino della nostra vita religiosa, pronti a illuminare e a guidare, con il loro fulgido e umile esempio, le strade avventurose della fede e dell’evangelizzazione 

Nel grande libro di famiglia abbiamo storie passate e presenti che ci parlano chiaro e ci offrono gli spunti per verificare quanto e come stiamo camminando. 

“Da piccolo, dopo la Prima Comunione, andavo spesso a messa e ricordo che nel mese missionario, ottobre, rientravano spesso dei sacerdoti missionari che portavano la loro testimonianza. In quelle occasioni gli occhi e la fantasia di noi ragazzi vedevano già le missioni sconfinate di questi ‘profeti ed eroi del nostro tempo’ e una domenica dissi alla mia mamma: ‘Mamma, voglio partire anch’io missionario’”. A parlare così è don Maurizio Rossi, Salesiano italiano, per oltre 25 anni missionario in Madagascar e ora nelle Isole Mauritius. Imparai tanti e diversi mestieri: il falegname, l’elettricista, l’operatore telefonico, il metallurgista, il muratore, il contadino... Intanto avevo incominciato a fare il catechista in parrocchia ed ero parecchio impegnato nelle varie attività cattoliche e giovanili con particolare attenzione alla dimensione missionaria. Il tempo passò. L’idea del missionario ritornava sempre e più insistente. Nel 1980 diedi le dimissioni dal mio lavoro e in quell’occasione vidi piangere mio papà per la prima volta. Mio fratello più giovane, nascondendo le lacrime mi disse “Tu non tornerai più indietro, tu arriverai fino in fondo”. Il “fino in fondo” era il sogno di prete missionario.

Da questa vita impariamo anche noi ad accendere il cuore di passione. Leggere queste righe diventa l’occasione di ritornare a quell’emozione privilegiata che ha spinto e orientato i primi passi alla sequela di Cristo e al servizio verso il prossimo. Ma l’esempio di don Maurizio ci sprona anche a sporcarci le mani per inseguire, con sempre rinnovato vigore, il sogno che batte nel nostro cuore.

Sono suor Rosy Lapo, sono una felice Figlia di Maria Ausiliatrice. A ispirare la mia vocazione è stato un brano del Vangelo: “Quello che è stolto per il mondo, Dio lo sceglie per sé”. E così sono entrata nelle suore salesiane. Ho studiato da infermiera e questo è di grande aiuto perché c’è sempre bisogno di assistenza ai malati nei villaggi. Offriamo loro le cure necessarie, se possibile usando le risorse della foresta: raccogliamo insieme foglie e corteccia delle piante per fare infusi e rimedi contro le dermatiti, ad esempio, oppure per il raffreddore facciamo un decotto con le foglie di limone. Se uno ha la febbre più alta, invece, diamo l’aspirina. Vivo nella a Pari Cachoeira, nella foresta amazzonica, in Brasile. Un paradiso bellissimo, ma difficile da raggiungere perché ci sono le cascate. Finalmente sto realizzando il mio sogno: mi hanno dato una barca e sono itinerante nei villaggi più lontani e dimenticati. È una grande allegria quando arriviamo!

La vita di Suor Rosy è una provocazione alla nostra esistenza per metterci alla ricerca e al servizio di chi, ammalato nel fisico e nell’anima, attende una cura speciale da parte nostra, strumenti nelle mani di Dio. 

Infine un compagno di selva di padre Luigi Bolla scrive nel suo diario questo breve paragrafo per descrivere alcune meraviglie che il grande missionario salesiano ha compiuto: "È da un po' di tempo che quasi tutte le domeniche sono frutto del dialogo con gli adulti, anche non cristiani. Yankuam (nome indigeno di Padre Luigi Bolla) parla sempre da seduto. Predicare in piedi sarebbe un errore: vorrebbe dire che si trattano cose di poca importanza. Come è ridicolo che il sacerdote parlando non si rivolga a nessuno in particolare. Se nessuno si sente interpellato direttamente, nessuno si considera in obbligo di ascoltare."

Impariamo anche noi da Padre Luigi l’importanza della predicazione: con le parole e soprattutto con il buon esempio. Intercettiamo tutti quei destinatari che Dio ci mette nel cammino e che hanno una sete incredibile di Infinito. Parliamo a tu per tu con ciascun giovane che incontriamo. Questo vuol dire fare della nostra vita ogni giorno una missione e un dono. 

Ed ora che abbiamo sfogliato alcune foto luminose dell’album di famiglia, storie che sono stelle splendenti che illuminano e orientano il nostro agire e la nostra carità, non ci resta che prenderle come esempio per diventare, con tutta l’umiltà del caso, anche noi missionari e così splendere come astri nel mondo. 


Don Fabio: animatore missionario 

Don Luca: animatore vocazionale

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