Possiamo considerare la nostra anima come un castello fatto di un solo diamante o di un tenerissimo cristallo, dove sono molte dimore come molte ve ne sono in cielo. Nel centro, nel mezzo, si trova la dimora principale, che è quella dove si svolgono le cose di maggior segretezza tra Dio e l'anima.
del 30 agosto 2011
 
Uno sguardo che cambia
La preghiera può cambiare la vita?           Ore 11.00 il piazzale è gremito di gente. La Messa è finita da poco. Un nugolo di bambini corre, salta, si arrampica. Tommaso li batte tutti. Sale con destrezza sui rami dell’abete che sta ai bordi del sagrato. Rimira dall’alto quegli adulti che, di solito, guardano lui dall’alto in basso.Penso a Zaccheo: deve essersi sentito fiero della sua inventiva quel giorno che dall’alto di un sicomoro cercava di ovviare ai limiti della sua statura. Da lassù poteva vedere quel maestro di cui tanti parlavano. Poteva vedere ‘quale fosse Gesù’. Essere visti           Il piccolo Tommaso, che sta gustando la nuova altezza, è stato scoperto e ben presto tra la folla la voce nota del papà arriva sicura: ‘Scendi, e vieni qui’. Gli eventi non vanno sempre come li abbiamo pensati. Così più che vedere… è stato visto.Quel giorno a Zaccheo capitò così, per il suo desiderio di vedere… fu visto.Lo sguardo del rabbì incrociò il suo. Non una sguardo qualsiasi. Uno sguardo dolce, penetrante. Uno sguardo che va dritto al cuore. Uno sguardo a cui non si può nascondere nulla. Ne è colpito. Non distoglie il suo di sguardo. Resta e si lascia guardare. Quanta forza in quegli occhi. Sembrava che lo conoscessero da sempre, che sapessero i suoi segreti, le sue domande, i suoi desideri ormai quasi assopiti.Avvenne ciò che era atteso da tempo. Accadde più di ciò che si poteva chiedere.‘Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua’ sembra la naturale ‘voce’ di quello sguardo.  Sotto lo Sguardo           Mi piace sempre pensare alla preghiera come a uno scambio di sguardi. Quando si prega si usano molte ‘preghiere’, oppure ci si fa voce di salmi antichi, la liturgia stessa nella sua ricchezza ha una forma ben codificata. La recita delle parole ha però un cuore perché non resti solo vuoto parlare. Questo cuore è quello che rende preghiera anche il silenzio, l’ascolto. Pregare è fermarsi e lasciare spazio ad un Altro che parla. Preghiera è accogliere. Preghiera è lasciarsi guardare. É smettere di leggere la realtà e la propria vita da soli. É entrare a poco a poco nello sguardo di Dio, giudicare a partire da Lui, discernere a partire dai suoi inviti, lasciare che quello Spirito che ci rende figli e che in noi dimora possa guidarci alla Verità. Ecco perché pregare è uno scambio di sguardi: un guardare a Gesù per ricevere il suo sguardo ed entrare nel suo sguardo.L’adorazione Eucaristica è un’esperienza fortissima in questo senso. E’ lasciarsi educare dalla logica di Dio, che si fa pane, si dà da mangiare, diventa dono per noi. E’ lasciarsi coinvolgere nella dinamica del suo essere amore donato.Non è uno sguardo che giudica dall’alto. E’ l’invito a scendere nella vita umile e povera di chi anche nei piccoli gesti cura la purezza del dono, la profondità di ciò che normalmente resta nascosto. Lasciarsi penetrare e riscaldare da Gesù Eucaristia è la scuola dell’umiltà vera.  Quando si apre la porta           Zaccheo dunque scese dall’albero. E aprì la porta della propria casa. I commenti si sprecarono. Per Gesù e per Zaccheo. Ci vuole coraggio per ospitare. Mi stupisce sempre il coraggio di Dio che non si arrende nel cercare gli uomini. Nel rivolgere loro il suo sguardo, il suo invito. ‘Oggi devo fermarmi a casa tua’. Quale gioia per chi si lascia incontrare.E ci vuole coraggio anche ‘ad aprire la porta di casa’. In fondo è accettare che tutto venga messo sotto-sopra. Rivoluzionato. Gli esiti però sono sorprendi. Insieme alla fatica del cambiamento si fa strada la gioia della scoperta. Tra le macerie del passato ancora ingombranti trova spazio la speranza di un futuro atteso: una nuova vita avanza. Già i primi morsi di questa nuova realtà hanno un sapore fragrante, intenso, genuino.La vita dipende da due o tre ‘sì’. D.Bosco aveva chiarissima l’importanza di affidare la propria vita al Signore nella giovinezza. Poi diventa tutto più difficile.           Zaccheo è deciso. Non vuole perdere ciò che ha scoperto, non vuole lasciare Chi lo ha trovato. ‘Ecco, Signore, do la metà dei miei beni ai poveri e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto’. Zaccheo è cambiato. Da ladro a benefattore. Da uno che accumula per sé a uno che condivide. Un’alchimia nata da uno scambio di sguardi. Un frutto della gratitudine, del voler ringraziare. Eucaristia non vuol dire ‘rendere grazie’?            Anche Tommaso intanto è sceso. Il papà lo ha raggiunto. Ora ammira il sagrato da un altro punto di vista, ben più sicuro. Si trova tra le braccia forti di papà che lo sollevano e lo fanno sedere sulle sue spalle. Sul suo volto risplende la gioia di chi è custodito da un amore fedele.           ‘Oggi la Salvezza è entrata in questa casa’ è l’annuncio che Gesù fa risuonare a Zaccheo. Che sia così anche per la casa della nostra vita.   Abitare il castello           Possiamo considerare la nostra anima come un castello fatto di un solo diamante o di un tenerissimo cristallo, dove sono molte dimore come molte ve ne sono in cielo. […] Nel centro, nel mezzo, si trova la dimora principale, che è quella dove si svolgono le cose di maggior segretezza tra Dio e l’anima. […]Se questo castello è l’anima, evidentemente l’entrare non ha ragion d’essere, poiché si è già dentro. Ma bisogna che intendiate che esiste una gran differenza tra un modo di esservi e un altro. Ci sono, infatti, molte anime che restano nella cerchia esterna del castello, dove stanno le guardie, e non si curano di entrare in esso, né chi sia Colui che la abita. (Teresa D’Avila, Il castello interiore, ed Paoline, Milano 1992, dal capitolo I pp. 51.55)  sr Francesca Venturelli
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