GxG MagazineA braccia aperte: ragazzi da accogliere family's

A volte, purtroppo, alcuni bambini non hanno la fortuna di essere accolti e devono essere affidati a centri o famiglie che siano disposti a prendersi cura di loro.

GxG MagazineA braccia aperte: ragazzi da accogliere family's

da GxG Magazine

del 14 luglio 2010

 

 

 

 

 

La casa dei “servitori”

                  La famiglia è il simbolo del nucleo, dell'insieme. Dalla matematica alla biologia, dalla musica alla letteratura, fino alla concezione sociale, famiglia è sinonimo di unione, di affinità, di regole e di leggi. Perché sia così è necessario del sacrificio, famiglia infatti deriva da famulus, ossia “servitore”. Nelle famiglie i genitori si mettono in gioco a servizio dei figli. A volte, purtroppo, alcuni bambini non hanno la fortuna di essere accolti e devono essere affidati a centri o famiglie che siano disposti a prendersi cura di loro.

Album di famiglia

                  Le case-famiglia hanno il compito di diventare “famiglie” che sappiano accogliere, abbracciare, amare questi bambini in difficoltà. E fanno tutto ciò attraverso piccole cose: stabiliscono degli orari precisi, assicurano i pasti, frequentando una scuola e correggendo assieme i compiti. Tutto questo sembra banale, scontato. Invece è il primo passo per educare. Ho avuto la possibilità di conoscere una casa-famiglia nella mia città. Ricordo che gli operatori che lavoravano in questa realtà spiegavano come fosse necessario che tutti contribuissero per rendere la vita di quei ragazzi il più possibile “normale”. Bastava che venissero trattati alla pari, includendoli nella vita e nelle amicizie. Alcuni di questi ragazzi ora sono Amici di Domenico Savio!

Io non dimenticherò

                  Nelle case-famiglia troviamo due profili di bambini: coloro che restano solo temporaneamente nel centro, solitamente per permettere ai genitori un percorso riabilitativo terminato il quale il nucleo famigliare originale si ricostituisce, e coloro che invece restano permanentemente nel centro.

                  A Valdocco don Bosco accoglieva spesso ragazzi che non avevano più una famiglia. Oggi il profilo delle famiglie è molto differente da quello del 1800, ci sono nuovi problemi e sfide da affrontare. Il sistema preventivo è però ancora attuale e si rinnova ogni giorno negli operatori che vivono la loro missione quotidiana in queste realtà. Le case-famiglia cattoliche hanno un punto di forza in più: la consapevolezza che tutti abbiamo un Padre ed una Madre in cielo, Dio Padre e Maria. Lo ricorda anche la sacra scrittura: “Anche se le madri dimenticassero, non io dimenticherò te” (Is 49, 15-16).

1. Professione. Educatore. Cosa significa?

                  Il nostro “lavoro” richiede slancio e passione, pazienza e tenacia. Sa darti tanto, non dai grandi risultati, ma dalle piccole cose. Devi essere pronto a metterti sempre in discussione perché i ragazzi toccano i tuoi punti deboli, scavano dentro di te perché vogliono conoscere! Tu devi essere pronto a regalarti loro per quello che sei, che hai ricevuto e che ricevi ogni giorno.

                  Noi abbiamo un segreto: aver conosciuto don Bosco. “L’educazione è cosa di cuore…” e noi cerchiamo di guardare nei cuori dei nostri ragazzi per vedere ciò che di più profondo custodiscono e ciò di cui hanno davvero bisogno. Nei momenti di sconforto, che non mancano, si segue il suo esempio: uno sguardo al crocifisso e si affida tutto a Lui! Dimenticavamo di dirvi che facciamo il lavoro più bello del mondo!

Ester ed Oscar educatori presso il Centro Accoglienza Minori di Chioggia (Ve)

2. Ci racconti l’esperienza di famiglia affidataria…

                  La nostra famiglia può essere considerata una “grande famiglia” perché composta da tre figli, mamma, papà e la nonna. Da qualche anno abbiamo scelto di entrare nella rete di affido della zona, consapevoli, grazie al carisma salesiano assaporato con il tempo, che con poco si può fare del bene. Abbiamo così accolto fra noi prima Federico e, in seguito, una bambina nigeriana di un anno e mezzo. Ormai è da sei mesi che vive con noi.

                  Quello che noi facciamo è una vocazione, una chiamata di Dio. È molto bello donare a questi bambini il nostro tempo, l’affetto, le cure e la dedizione che solitamente si respirano in un sereno clima familiare. Come diceva don Bosco, ogni ragazzo ha il diritto e la necessità di crescere ed essere educato con amore; è questo quello che stiamo cercando di fare.

                  Siamo chiamati a mettere in gioco i nostri doni. I sorrisi e gli abbracci che, nella loro ingenua semplicità, continuamente i ragazzi regalano ci danno la forza per continuare ad accogliere e ci ripagano del lavoro che stiamo facendo.

Viviana e la sua “grande” famiglia, Loria (Tv)

3. Un anno in casa-famiglia: cosa c’entra don Bosco in tutto questo?

                  Vivo il mio servizio come una scelta, una cosa che desideravo fare; lo vivo anche come una grande grazia, un’occasione, perché sto imparando molto. La cosa più bella è il vivere quotidiano, stare con i ragazzi tutto il giorno. Non è semplicemente fare qualcosa per loro, proporre attività, ma è “stare” con i ragazzi come faceva don Bosco. È l'aspetto più bello e più difficile; non ti puoi nascondere dietro a niente, sei “costretta” ad essere te stessa in tutto e per tutto.

                  Don Bosco diceva: “l'educazione è cosa di cuore”. Mi rendo conto che veramente tutto parte dal cuore, da Dio. L'educazione è amare i ragazzi nel profondo, farli sentire importanti... Noi educatori abbiamo bisogno per primi di questo amore. Solo Dio, l'Eucarestia, la preghiera quotidiana possono donarcelo diventando il motore di tutto.

Caterina Colombovolontaria Servizio Civile Nazionale, Capriva (Go)

Cristiano de Marchi

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