Affrontando la matematica, prima o poi ci si scontra con il limite. Noi come intendiamo questo termine? Il limite è la parte di noi che non può essere raggiunta. Proprio così. Ci avvicineremo, lo sfioreremo, allungheremo le mani per ghermirlo, ma non lo potremo toccare. Ammirare però sì.
del 17 marzo 2010
 
 
 
 Salmo 138Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;sono stupende le tue opere,tu mi conosci fino in fondo.
 
             Affrontando la matematica, prima o poi ci si scontra con il limite. Noi come intendiamo questo termine? Il limite è la parte di noi che non può essere raggiunta. Proprio così. Ci avvicineremo, lo sfioreremo, allungheremo le mani per ghermirlo, ma non lo potremo toccare. Ammirare però sì. Proprio come nei nostri esercizi algebrici, dove le parabole si stagliano lungo un asintoto per tutto il grafico. Il limite ci accompagna all'infinito, è un nostro segno distintivo. Infatti, come per poter disegnare una funzione (quindi per conoscerla) abbiamo bisogno di limiti, così anche noi, per comprendere la nostra natura, dobbiamo conoscere i nostri limiti (dal latino «limes», ossia confine). Non conoscere il proprio confine significa non poter apprezzare le proprie possibilità, non sapere quello che si può fare o no, e questo rischia di pregiudicare le nostre scelte. Oggi è più faticoso individuare il proprio limite… perché lo si rifiuta, ci si vorrebbe senza limiti, onnipotenti!
          Alcuni limiti li conosciamo bene, fanno parte di quello di noi che appare. Chi è basso, chi gobbo, chi con un naso alla Cirano, fino a coloro che hanno degli handicap fisici. Ci sono anche altri limiti, a volte ancora più forti. Sono quelli che vivono dentro di noi e che spesso sono ancora più evidenti di quelli esteriori!
          Chiara M., in Crudele dolcissimo amore, ci racconta cosa significa confrontarsi, vivere, con-vivere, con il limite assoluto, la morte. Ci indica chi può aiutarci nel viverlo. Dio. Uno squarcio nel buio dell'incomprensione. Noi siamo creature di fronte a Dio. Il limite ne è il segno distintivo. Lui, l'infinito, ci può aiutare, perché nostro creatore, a vivere il nostro limite, se noi crediamo nel Suo amore!
           Gesù stesso, assumendo la natura umana, ha sperimentato i limiti della carne (infanzia, incomprensione, Getsemani…) e ci insegna qui ad affidarci al Padre, a mettere nelle sue mani la nostra vita. Il suo progetto rispetta a pieno i nostri limiti, perché non chiede mai oltre quello che possiamo dare… perché ci ama.
           È possibile accettare il limite, e perché no, farlo diventare un compagno fedele della nostra vita quando abbiamo qualcuno accanto che ci accoglie. Come don Bosco con i ragazzi. Se infatti ci sentiamo accolti e amati anche con i nostri limiti, a nostra volta impariamo ad accettarli ed accoglierli. Perché colui che mi accoglie è Dio, che si fa presente attraverso coloro che mi sostengono. Amare se stessi ed il prossimo, è amare e lasciarsi amare da Dio.
La preghiera di Kirk Kirk Kilgour, campione di pallavolo, nel 1976 in un tragico incidente in allenamento rimase paralizzato. Nel Giubileo dei malati nel 2000 recitò questa preghiera:Chiesi a Dio di essere forteper eseguire progetti grandiosi:Egli mi rese debole per conservarmi nell'umiltà.Domandai a Dio che mi desse la saluteper realizzare grandi imprese:Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:mi ha fatto povero per non essere egoista.Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me:Egli mi ha dato l'umiliazione perché io avessi bisogno di loro.Domandai a Dio tutto per godere la vita:mi ha lasciato la vitaperché potessi apprezzare tutto.Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo,ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisognoe quasi contro la mia volontà.Le preghiere che non feci furono esaudite.Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomininessuno possiede quello che ho io!
 
Ama il prossimo tuo COME te stesso
Amare se stessi è scontato?
L’orgoglio e la poca fiducia in se stessi sono spesso aspetti che stanno insieme e che ci mostrano la fatica di guardarsi con equilibrio e giusta stima. Amare il prossimo come si ama se stessi è l’invito a guardare con occhi buoni attorno, perché capaci di guardare con simpatia alla propria vita. Sapersi perdonare e non cedere ai propri difetti; riservare un tempo «per sé stessi», per la propria crescita; non scoraggiarsi dopo una sconfitta e accogliere con umiltà una vittoria, sapendo che non coincidiamo con i nostri successi o le nostre disfatte: tutto ciò ci fa persone capaci di comprendere chi abbiamo accanto e di condividere la loro gioia o la loro fatica.
Nella concretezza sperimentiamo che sappiamo diventare dono per chi incontriamo, se anche noi ci stiamo scoprendo un dono! Se cioè sappiamo ringraziare della nostra vita e gustarla in profondità.
GrazieQuando riusciamo a ringraziare per ciò che siamo; quando diventiamo consapevoli che senza ciò che in vario modo abbiamo ricevuto non ci saremmo; quando sperimentiamo che esistiamo in relazione con gli altri, proprio allora la gratitudine ci insegna la gratuità: il non poter dire con le parole un grazie esauriente, ci spingerà a pronunciarlo con la vita, a diventare dono per condividere la ricchezza di cui gratuitamente ci siamo trovati in possesso. E la catena prosegue: quel dono farà sentire degno, importante, anche chi lo riceve, tanto da provare a sua volta gratitudine.
Non è sempre così facile… le ferite profonde ci sono (eccome!) in ciascuno. Amore dovuto e mancato, magari proprio in famiglia. Contesti che anziché aiutare a crescere in uno sguardo realista e fiducioso verso di sé, contribuiscono a percepirsi di poco valore. Noi siamo, però, fatti per la vita e la gioia!
Per questo una relazione bella, in qualunque stagione della vita, può contribuire a guarire. Ciò accade perché siamo radicalmente relazione, a immagine di Dio che è comunione, e ogni traccia di vero amore è riflesso della Sorgente dell’Amore. È per questo che emblematicamente proprio la relazione con Gesù, percepita nei sacramenti e in relazioni forti e cariche di affetto, è fonte di vera guarigione. Dona uno sguardo nuovo, energie nuove. Aiuta ad essere talmente ricolmi d’amore dentro di sé, da traboccare e riversarlo verso gli altri.
 
Cristiano De Marchi, sr Francesca Venturelli
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