Ma è sempre segno di superbia e di pertinacia non volersi arrendere agli altri, quando la ragionevolezza o l'evidenza lo esigano. (Tommaso da Kempis)
del 17 aprile 2012
          Spesso, facendo una semplice passeggiata o una vera e propria escursione, si rende necessario l'uso della bussola, specialmente se i territori in cui ci inoltriamo sono per noi inesplorati. Il fatto di avere la bussola, comunque, non ci dispensa dal dover cercare la strada da soli: la bussola ci suggerisce solo quale potrebbe essere la via migliore per noi. Lo stesso vale per le strade, chiamiamole così, dello spirito: ci serve un ago che indichi la direzione che poi noi seguiremo per conto nostro; ci serve una guida.
          Resistere a questo fatto innegabile (nonostante la rigidità dei più orgogliosi), sarebbe controproducente: se si parla della nostra vita, difficilmente saremo abbastanza lucidi da essere totalmente oggettivi. Frodo e Gandalf, Harry Potter e Silente, Neo e Morpheus, Dante e Virgilio: ogni eroe ha bisogno di una guida.
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,tant’era pien di sonno a quel puntoche la verace via abbandonai.          Quando si perde la strada, il motivo non è sempre chiaro: ci si distrae, tra mille cose, non c'è mai silenzio, quel silenzio che non c'entra con le orecchie e che permette di ritrovarsi. È così raro. E allora ci si perde, convinti di poter fare da soli. Da soli, certo, ma come, se nemmeno sappiamo come ci siamo persi?
Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offertochi per lungo silenzio parea fioco.          Nel perdersi, la sfida più grande è rimanere lucidi: tristezza, scoraggiamento, confusione, tutto questo ci fa cadere sempre più verso il basso. In questi casi, però, è bene sapere di poter contare sempre su qualcuno, non persone a caso: ci viene offerta (mai espressione fu più felice!), ci viene affiancata una figura precisa, apposta per noi, una guida che ci aiuti ad attraversare l'inferno e ad andare oltre le debolezze.
Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsilo bello stilo che m’ha fatto onore.          Dante riconosce Virgilio: l'ha conosciuto, letterariamente parlando, e l'ha preso come modello di stile. Perchè una persona ci guidi è fondamentale che ci sia, da parte nostra, un riconoscimento: bisogna sapere chi ci guiderà meglio, e per far questo bisogna conoscersi almeno un po'. Non va bene chiunque, no di certo: se Dante avesse scelto Cicerone, il risultato sarebbe stato diverso. Ma il riconoscimento ha anche un'altra faccia: bisogna capire che questa guida è un dono, che ci è stata messa di fianco apposta, volontariamente, con un intento preciso. L'essere guidati passerà anche attraverso la stima: 'toglier lo stile' è questione delicata.
Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,e trarrotti di qui per loco etterno;          È necessario, giunti a un certo punto, che anche la guida ricono­sca il proprio ruolo: in questa comunione d'intenti e di obiettivi, il percorso non sarà facile per nessuno. Per la guida, è una gros­sa responsabilità, nonostante la consapevolezza di essere a ser­vizio di Qualcuno che ne sa di gran lunga più di chiunque altro. Sì, perché la guida, pur essendo scelta perché, in qualche modo, sa il fatto suo, è pur sempre umana, ha dei limiti che riconosce, e ha un margine d'azione limitato. Dà quello che può, e dipende dalla volontà di colui che viene guidato, così come da Dante dipende ciò che egli stesso vorrà imparare dagli incontri con santi e dannati. Virgilio non arriverà fino alla fine del viaggio, gli subentrerà Beatrice, perché le necessità per proseguire sono cambiate. E quando giungerà l'apice del percorso, Dante sarà da solo, a passi malfermi ma fiduciosi, per contemplare finalmente “l'amor che move il sole e l'altre stelle”. Ma questa è un'altra storia. Per ora, e con una guida, basta muoversi. 
Allor si mosse, e io li tenni dietro. 
Giulia Krajcirik
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