La fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità.
del 14 gennaio 2010
 
 
È un caldo pomeriggio d’autunno…… l’estate non accenna ancora ad andare via; la folla preme per entrare nella sala e il teatro pian piano si riempie. In programma una conferenza: la Specola Vaticana, tra chiesa e scienza. Mentre aspetta, sprofondata in una delle poltrone rosse, una ragazza rivive una recente conversazione…
“Ehi, ciao! Quanto tempo che non ci si vede! Quest’anno hai la maturità vero? E dopo? Hai già pensato cosa farai?”… È una domanda questa che, man mano che passano i mesi, si sente rivolgere sempre più spesso; spontanea, innocua, spesso noncurante, ma capace di gettarla nel più profondo sconforto: “Che cosa?, cosa voglio fare? Dove voglio portare la mia vita?”. Una risposta c’è, sotterrata, nascosta da un velo di incertezza e paura, le piacerebbe studiare fisica, magari astronomia….
Ma qualcosa la rode, la rende titubante nella sua decisione: si può essere scienziati ed allo stesso tempo portare avanti le proprie convinzioni di fede? Saprà conservare se stessa?Mentre riflette non si accorge che sul palco sono salite due persone: un biblista ed un astronomo, a confronto. L’incontro sta per cominciare.
Il dialogoIl primo si chiama Padre José Gabreil Funes, gesuita, astrofisico e teologo, direttore della Specola Vaticana e dell’Osservatorio Vaticano, esempio vivente di unione pacifica tra scienza e religione. Il secondo è Don Renato De Zan, autorevole biblista, ordinario di esegesi biblica al Pontifico Ateneo S. Anselmo di Roma e modello di apertura al dialogo e al confronto.
La scienza non esclude la fede, e la fede non esclude la scienza. Afferma padre Funes: “non è corretto vedere la chiesa come nemica del progresso. Scienza e fede sono in relazione, si completano tra loro”. Allo stesso modo, sostiene Don De Zan: ”il libro della Genesi non è scienza, è poesia”; per comprenderne il linguaggio bisogna prima conoscere il significato profondo delle parole, l’essenza delle strutture poetiche. Solo allora si potrà comprendere che scienza e fede non sono necessariamente in contrapposizione.
Due ali per spiccare il volo della contemplazionePadre Funes, con lo sguardo rivolto verso il cielo, preferisce definirsi un “astronomo che ha studiato teologia”, piuttosto che semplice “teologo”, ma che proprio in questa doppia formazione trova la ragione del suo equilibrio: “guardare le stelle sarà sempre come uscire dall’inferno che gli uomini hanno creato, un inferno di guerra, terrorismo, ingiustizia sociale e fondamentalismo”. Volgere lo sguardo verso l’universo significa essere consapevoli della propria piccolezza di fronte al creato, vedere se stessi con occhi nuovi.
“La fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità”, scriveva Papa Giovanni Paolo II, ed è lo stesso Dio “ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso”.
 
«E quindi uscimmo a riveder le stelle» 
Scienza e Fede a confronto nell’Anno dell'Astronomia: ovvero il cielo come terra di missione.
Si è aperto ufficialmente a Parigi il 15 gennaio l'anno dell'astronomia, evento promosso dall'Unesco, ma che vede la Chiesa cattolica tra i protagonisti. Per un nuovo incontro tra scienza e fede.
Nel verso conclusivo dell'Inferno di Dante (“e quindi uscimmo a riveder le stelle” Inf. XXXIV, 139), c'è il presagio del cammino verso la luce che attende il Poeta nelle successive cantiche, ma anche l'immagine metaforicamente più efficace di quel nuovo incontro tra fede e scienza che la Chiesa auspica per l'anno dell'Astronomia.
Tra gli obiettivi dichiarati di questa iniziativa culturale mondiale, che mira a coinvolgere circa 140 Paesi, c'è quello di promuovere, non solo tra gli astrofili, la contemplazione del cielo stellato per «sperimentare la meraviglia e lo stupore che nascono dalla sua osservazione».
 
Una notte con lo sguardo al cielo
Tuttavia, al di là dell'intento «divulgativo», è impossibile non cogliere l'aspetto filosofico e religioso di questo semplice gesto. L'intuizione è di padre José Gabriel Funes, il gesuita che dirige la Specola vaticana e considera questo 2009 un'opportunità unica per riscoprire l'astronomia come disciplina che, aiutando a scrutare più in dettaglio le meraviglie della creazione, avvicina l'umanità alla fede: «La conoscenza che abbiamo oggi della posizione marginale della terra nell'universo - spiega il religioso-scienziato argentino - ci fa capire meglio la nostra fragilità, la necessità di affidarci a Dio Padre Creatore. D'altra parte non possiamo perdere questa possibilità per contrastare i pregiudizi e far conoscere meglio l'impegno con cui da sempre, storicamente, la Chiesa sostiene le scienze».
«Dovremmo imparare tutti a ritagliarci un piccolo momento, una sera, per riprenderci questa visione affascinante del cielo, andando in un luogo più oscuro, isolato e mettendo l'occhio in un piccolo telescopio - aggiunge un astrofisico dell'Agenzia spaziale italiana, Piero Benvenuti -. E se questa iniziativa portasse con sé anche un significato direi quasi di preghiera, credo che avremmo raggiunto risultati ancor più importanti di quelli che inizialmente ci siamo proposti». […]
 
Le sottolineature del papa
Nell'Angelus del 21 dicembre 2008 - solstizio d'inverno - il papa Benedetto XVI ha ricordato la funzione delle osservazioni astronomiche nello scandire i tempi della preghiera e ha sottolineato un particolare curioso: la stessa piazza San Pietro, sulla quale il pontefice è affacciato, non è che una grande meridiana. «Se i cieli narrano la gloria di Dio - ha spiegato papa Ratzinger - anche le leggi della natura, che nel corso dei secoli tanti uomini e donne di scienza ci hanno fatto capire sempre meglio, sono un grande stimolo a contemplare con gratitudine le opere del Signore». […]
E l'idea galileiana della natura come un libro il cui autore è Dio è stata significativamente riproposta dal papa anche il 6 gennaio, nell'omelia per la solennità dell'Epifania. «Nel cristianesimo - ha spiegato Benedetto XVI - c'è una peculiare concezione cosmologica, che anche nella nostra epoca dà segni interessanti di una nuova fioritura, grazie alla passione e alla fede di non pochi scienziati, i quali, sulle orme di Galileo, non rinunciano né alla ragione né alla fede, anzi, le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità».
Da un punto di vista teologico però - non si stanca di sottolineare il pontefice - la legge fondamentale e universale del creato è l'amore divino incarnato in Cristo. Dunque è Dio, come ci ricorda in conclusione ancora Dante, «l'amor che move il sole e l'altre stelle».
don Lorenzo Teston, Anna Baratto
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